Il sacrificio di Idùna - Last chance

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Sin da quando era una bambina per Valeera non c'era stata nessuna infanzia felice. Nessuno si era mai preso cura di lei. Era rimasta orfana dalla giovane età e da quel momento l'elfa del Sangue aveva cominciato a rubare per sopravvivere.
La giovane ladra era stata imprigionata per un furto a soli quindici anni. Condotta nelle arene di Azeroth fu costretta dal padrone che la acquistò, Reghar Terrafurente, a fare la gladiatrice.
Mai la tenacia di Valeera abbandonò quell'esile figura dai capelli indomiti e selvaggi.
Da quando Valeera era scappata dal dominio di Reghar, tornare ad essere la ladra di sempre era stata per lei una vera benedizione. Era stanca di stroncare vite in assurdi giochi di popolo che non mancavano mai di trasformarsi in cruenti bagni di sangue.
Proprio mentre vagava con la mente nella sua vita passata, la giovane elfa stava gustando un delizioso piatto di zuppa nella taverna più sperduta del bosco di Azeroth.
Era stato quello il suo rifugio da quando era riuscita a sfuggire dalle grinfie di Reghar.

Un ometto dalla folta barba rossa venne al suo tavolo a chiedere di pagare il conto per la consumazione appena portata.

Valeera alzò una mano con gesto imperioso attendendo solo qualche minuto prima di parlare. I suoi penetranti occhi verdi rimasero qualche momento a vagare fuori dalla finestra poi, con sguardo gelido, percorse la tozza figura dell'omuncolo dicendo solo: "Prima voglio dell'altro vino!".

I suoi occhi verdi balenarono di una luce sinistra mentre lo sguardo ipnotico e serpentino dell'assassina sembrò azzerare le volontà dell'oste.

"A... arriva subito, signora".

Valeera abbozzò un ghigno soddisfatto ma con nonchalance abbandonò sul tavolo una manciata di monete e lasciò il suo posto prima che fosse di ritorno l'omuncolo rosso.

Immaginò la sorpresa dell'uomo nel trovare più del prezzo dovuto sul banco di legno. Aveva voluto essere generosa, dopotutto era quella l'unica taverna che nelle giornate piovose o dense di nebbia le offriva un riparo e un pasto caldo.

La giovane assassina si issò lo scarlatto cappuccio in pelle sulla testa e si strinse maggiormente nel lungo mantello prima di incamminarsi nei sentieri bui della foresta. Più si inoltrava, più la luce della taverna diveniva fievole e lontana.

Era una notte singolare.

Le stelle nel cielo brillavano e la luna era piena e rotonda mentre le cicale frinivano instancabili. L'assassina si abbandonò sull'erba folta di una radura con la testa colma di pensieri.

Un sospiro stanco uscì dalle sue labbra facendo sollevare nel cielo una debole nuvola di condensa. Un brivido la scosse, mentre sollevava lo sguardo verso il cielo a guardare quello spettacolo mozzafiato.

La luna era particolarmente rossa, tra le stelle. Sembrava divampare di una luce sinistra e sanguinaria.

Ad un tratto Valeera si ritrovò a tremare. Si sentì sola, persa... in un mondo che non la vedeva nemmeno.

Era un'assassina, una ladra. Ombra tra le ombre. Chi era derubato da lei non la conosceva nè poteva scorgerla. Come un fantasma appariva alle spalle dei malcapitati e compiva i suoi furti.
Chi invece la incrociava sui suoi passi, solitamente non vedeva l'alba del domani.

Valeera temeva gli affetti, i legami. Non ne aveva mai avuti e mai ne avrebbe voluti. Eppure, negli angoli più reconditi del suo animo tutto ciò la devastava.

Raccolse un pugnale dal fodero e ne fece brillare la lama alla tenue luce di quella notte di luna piena.

Le armi erano le sue più fedeli compagne. Il sangue e la morte i suoi più frequenti complici.

La morte. L'aveva spesso inflitta ad altri... vecchi, giovani, donne, uomini... ma mai bambini.

I bambini per lei erano sacri.

Il sacrificio di Idùna- Last chanceWhere stories live. Discover now