2. La última puesta de sol

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Sono seduta sulle scale del mio portico, in attesa della mia migliore amica. Mi sono preparata tutto il discorso da farle, le parole giuste per non ferirla.
Oggi tira un venticello che mi fa rimpiangere di aver indossato soltanto una canottiera e dei vecchi shorts di cotone scoloriti. Ho lasciato le scarpe in casa, voglio godermi le ultime passeggiate a piedi nudi su questa spiaggia.
«Ehi!» Cristina mi travolge in uno dei suoi "abbracci esplosivi" e finiamo tutte e due distese sul legno del portico «Crì ti ho detto che non mi devi far prendere questi colpi!» le dico sollevando gli angoli della bocca «comunque... Ehi...» la mia amica aggrotta le sopracciglia «Che hai?» mi chiede.
Per un po' non rispondo, scuoto la testa guardando il mare «Si vede tanto?» le domando con un mezzo sorriso mentre annuisce, le sopracciglia rosse unite in un'espressione dubbiosa.
La aiuto ad alzarsi e ci incamminiamo verso la sabbia, mentre ascolta le mie confuse parole nel tentativo di spiegargli come stanno le cose.

«Io ti ospiterai volentieri, Sofì!»
È da una buona mezz'ora che Cristina sta cercando di trovare una soluzione alla mia partenza «mia madre ha già detto che non si fida a lasciarmi qui da sola... Ho 18 anni!» esclamo.
Quando la mia amica fa per aprire bocca, la zittisco subito «È inutile, Crì... Ormai ha già deciso. Mi ha anche comprato il biglietto». Mi giro e vedo che Cristina china la testa, scuotendo i lunghi capelli rossi.
«Dai Crì, non fare così...» dico abbracciandola «ci sentiremo su FaceTime o su Skype, tutte le sere!».
Cristina alza la testa e si passa una mano sugli occhi verdi «T-tutte le sere?» chiede incredula «Si! Il fuso orario è di sole due ore in meno in Spagna, perciò ti chiamerò alle sette, ogni volta che potrò!»
La mia amica resta lì a fissarmi per un po', gli occhi gonfi di lacrime e il mare che le bagna le caviglie.
Allargo le braccia e faccio il più piccolo dei sorrisi «Abbraccio esplosivo?» non ci pensa un secondo e si fionda addosso a me, facendomi di nuovo cadere sulla sabbia.
«Mi mancheranno i tuoi abbracci, sai Carota?» le dico ridendo «Che stronza che sei, Sofì, non chiamarmi Carota!» mi risponde senza riuscire a nascondere un sorriso. Carota era il suo soprannome quando era bambina, perché aveva i capelli di uno strano arancione chiaro, sempre raccolti in due trecce spettinate più che mai.
«Quando lo dirai a Davide?» mi chiede dopo un po'. Mi blocco e il cuore perde un battito: non avevo pensato a Davide.
«Glielo devo dire?» con le dita sfioro la collana con la D, il primo regalo che mi fece per il primo anno insieme.
«Certo, ma è ovvio! Lo hai detto a me, anche Davide ha il diritto di sapere!» annuisco e abbasso lo sguardo: ha ragione.
«Ma non è la stessa cosa! Nel senso, parlare con la mia migliore amica è un conto, dire al mio ragazzo che lo lascerò per non so quanto tempo mentre sono a inculonia... Cavolo, proprio non saprei che dirgli!»
Cristina alza gli occhi al cielo e mi mette una mano sulla spalla «Senti, digli quello che ti pare, ma basta che glielo fai sapere, in un modo o nell'altro!» un lampo le attraversa gli occhi verdi «ma sappi che non mi inventerò nessuna stramba scusa per giustificare la tua assenza! Non posso mica dirgli "Ehi, Davi! Sofia è stata rapita dagli alieni! Non so quando ritornerà, Ciao!"» scuote la testa rossa «assolutamente no. Mi dispiace amica, ma devi andare da lui ed affrontarlo.»
Ha ragione. Ha troppa ragione.
Tende le braccia e mi ci tuffo dentro.

Dopo una lunga ed attenta riflessione, ho deciso: lascerò Davide.
Perché? Perché lo amo troppo. Perché ho paura che la distanza possa rovinare il nostro rapporto. E io non voglio rovinarlo.
Trovo Davide al campo da basket, dove si allena sempre ogni mercoledì.
Due palleggi verso il canestro e tira.
Batto le mani quando la palla va a finire dentro al cesto.
Il mio ragazzo si gira e appena mi vede sfoggia un sorriso a trentadue denti.
Mi mancheranno le sue fossette adorabili.
Mi avvicino e gli dò un bacio leggero «Dobbiamo parlare» il mio cambio improvviso di umore gli fa aggrottare le sopracciglia «Dove mi porti?» mi domanda mentre lo trascino via «Alla spiaggia!» rispondo con un po' troppo brio.
Sicuramente il mio ragazzo starà pensando che sono pazza, ma è il minimo che può fare. Non sa assolutamente cosa lo aspetta.

«Sai, Davi, le cose succedono, è una cosa sta per succedere anche a me... A noi» osservo il mare e un capogiro mi fa portare una mano alla testa «Oh no... Non dirmi che...» il mio ragazzo è sbiancato, gli occhi grigi spalancati «Sbalzi d'umore, capogiri, nausea... Sono tutti i sintomi! Cazzo, Sofia sei incinta?!» lo guardo per un po' e dopo scoppio a ridere: come gli può passare per la mente?
«Davi! Non sono incinta! Non ho la nausea e poi... Non lo abbiamo mai fatto!» sento le guance in fiamme: abbiamo deciso di non parlare di questo argomento da quando ci siamo messi insieme, e questo momento è abbastanza imbarazzante per tutti e due!
Ad un certo punto non ce la faccio più.
Non posso tenermi tutto dentro.
Gli afferro le mani e lo guardo negli occhi «Davide, sii serio per un momento.» quando sente queste parole si irrigidisce e mi fissa «mia madre ha accettato un incarico in Australia»
«Cavolo, è fantastico! Sono felice per lei!» mi interrompe, ma smette subito quando vede la mia espressione «ma vuole che... Che...» stringo i pugni e tiro un lunghissimo respiro «...andrò da mio padre a Barcellona.» ecco. L'ho detto. Tutto d'un fiato, si, ma l'ho detto.
L'espressione di Davide è indecifrabile: un misto di sorpresa, dispiacere e rabbia «non puoi rimare qui a casa tua? Oppure puoi stare da Cristina, o anche da me! Io...» alzo una mano per fermarlo «Ho provato a convincerla... Niente da fare» Davide abbassa la testa e mi stringe ancora di più le mani «e... Che ne sarà di noi?»
A quel punto sorrido amaramente e mi slaccio la catenina d'argento con la D e gliela metto nel palmo aperto.
«Che significa?» trema tutto ed è sbiancato. Forse ci sta arrivando.
Gli indico il cielo e lui si volta verso il mare.
Il sole si sta nascondendo lentamente sotto le onde, regalandoci uno spettacolo magnifico, fatto di sfumature gialle, rosa ed arancioni.
Afferro il suo viso e lo bacio. Un bacio dolce ma intenso. L'ultimo.
«Addio, Davide.»
Non riuscendo a trattenere il suo sguardo, corro via, mentre le lacrime mi rigano il viso.
«Sofia, aspetta!» mi urla dietro con la voce rotta.
Mi giro per un istante e ricomincio a correre, il più velocemente possibile.

Once ||N. JR.|| Where stories live. Discover now