Sono nata a Trani, una piccola città di mare del sud Italia, in un soleggiato giorno di maggio.
I miei erano poveri, con altri due figli a cui badare.
La Grande Guerra era finita da qualche anno, e la gente doveva ancora riprendersi.
Nonostante le difficoltà, vivevamo come una famiglia normale, fra alti e bassi e litigi con i miei
fratelli, Leonardo e Peppino.
Una mattina come tante altre, i miei fratelli erano a scuola.
Io avevo 9 anni, ma ero rimasta a casa perché la mamma non si sentiva bene e aveva bisogno di
aiuto nelle faccende.
Negli ultimi tempi succedeva spesso.
Diceva che si sentiva debole e si alzava dal letto un po' più tardi.
Io, che sì ero piccola, ma abbastanza grande per capire quello che succedeva in casa, chiedevo a
papà cosa avesse la mamma, e lui ogni volta mi rispondeva: "Niente, Elisa, è solo stanca." e mi
scompigliava affettuosamente i capelli.
Comunque, quella mattina, stavo spazzando la stanza, mentre lei stava pulendo i vetri della finestra
che dava su una piazzetta.
A quel tempo abitavamo al primo piano di fronte alla chiesa di Santa Chiara.
Non so come accadde (io ero di spalle): forse un giramento di testa, un mancamento...non lo so.
So solo che quando mi voltai mia madre non c'era più: era caduta dalla finestra, sbattendo la testa.
Era il 1933.
Aveva 36 anni.
Da quel momento nostro padre ci impedì di affacciarci, o anche solo di guardare quella finestra.
Io stessa non ci riuscivo e, anzi, mi ci vollero anni prima di potermi sporgere di nuovo da un
davanzale.
Dopo la morte della mamma, mio padre si sposò con un'altra donna, una veneziana, si chiamava
Luigia.
L'aveva conosciuta in uno dei suoi viaggi come commesso viaggiatore.
Era anche un pittore, mio padre.
Credo che una sua Madonna con Bambino sia affissa da qualche parte in un vicolo città.
Luigia fu una brava mamma.
Per guadagnare qualcosa faceva ricami a punto a giorno, io facevo altri lavoretti che ci
commissionavano: avevo imparato a cucire lavorando come apprendista per una sarta.
Si chiamava Vincenzina e per ripagarmi, oltre a qualche moneta, mi faceva leggere qualche
romanzetto rosa da dei giornali.
Come ho detto prima, eravamo poveri.
Quando mio fratello Leonardo fu chiamato per la leva obbligatoria, anche Peppino lo seguì come
volontario.
Aveva 17 anni.
La guerra non era ancora cominciata e noi non conoscevamo ancora la paura, quella vera, quella che
ti spezza dentro e ti mozza il respiro nel petto.
Con i loro stipendi, riuscivamo a permetterci qualcosa in più.
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La signorina della copisteria.
Historical FictionElisa, giovane donna figlia del suo tempo, racconta la sua vita costellata di dolore, ma anche di gioia e amore.