Capitolo primo

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Quando il virus si è scatenato sarebbe stato meglio non essere a Venezia. Tanto bella era stata la città prima quanto era diventata pericolosa ora. Le Baute Insanguinate hanno preso possesso della città fin dai primi mesi e ancora oggi seminano panico e terrore: con la larva, la maschera sul volto, tricorno e tabarro è impossibile sapere chi sono i componenti della banda, chi sia il capo e dove sia il loro rifugio. Si dice che, in realtà, in ogni gruppo ci sia una Maschera, che spia e scopre i punti di forza e di debolezza della tua fazione e che solamente nelle notti di buie queste s'incontrino per stabile la prossima mossa prima di scomparire nuovamente nelle tenebre. Perché se possiedi qualcosa che le Baute desiderano, stai pur certo che verranno a prenderselo.

E questo è quello che sto facendo, osservando, dall'ombra colonne di finestre trilobate con i vetri a piombo ormai spezzati di un antico palazzo ormai razziato e depredato di carbone, legno pregiato, libri e preziosi, un gruppo di Mastri che sembrano trasportando qualcosa. Se le cose fosse state diverse, se non avessi fatto quel patto più di un anno fa, adesso sarei con loro là nel campo, a tentare di trovare una soluzione al disastro che sta per abbattersi sulla città, come se il virus non avesse fatto abbastanza... Invece indosso la larva nera con la lacrima rossa e sto per rapire insieme ai miei compagni l'unica persona che può farlo. Perché in una città circondata dall'acqua ma di cui non si può bere neanche una goccia come si fa a sopravvivere?

Il rintocco della campana della chiesa di Santa Maria Formosa spezza il silenzio che avvolge la città. È il segnale, per prendere ciò che le Baute desiderano. È il segnale per ripagare il mio debito e riavere mia sorella.



«Ecco quanto pattuito Nice. Sei Chiavi e i miei più sentiti ringraziamenti per aver tradito i Mastri» la Bauta tese la mano guantata di pelle rossa lasciando cadere sul tavolo in vetro chiavi di foggia, materiale ed epoche diverse.

«Gli accordi erano per sei Chiavi, d'alluminio. Qui vedo peltro, ferro, bronzo nient'altro. Dove solo le Chiavi che m'aspettavano Maschera?»

Tutti si chiedevano dove le Baute si nascondessero la notte e durante gli scontri delle altre fazioni per le scarse riserve d'acqua, cibo e medicine ma la verità è che non esisteva nessun rifugio, nessuna casa sicura per il gruppo, perché ogni palazzo, ogni stanza, ogni chiesa era loro grazie alle Chiavi.

Banconote, monete, gioielli, avevano perso velocemente valore quando la città aveva dovuto far fronte alle necessità di un'intera popolazione senza cibo. I Mastri, il più intraprendente e geniale dei gruppi che avevano preso possesso della Biblioteca Marciana e di tutti i volumi della collezione ducale, erano riusciti, senza sacrificare una singola pagina, a sopravvivere al primo gelido inverno e trovare il modo di sfamare la città dove orami non vi era più nulla. Per la prima volta c'era stata collaborazione tra i gruppi: Mastri in primis, ma anche i Naviganti dell'Arsenale, i Fabbri e ogni altra fazione grande o piccola della città. Solo la Maschera, la Bauta rossa, era rimasta in disparte con il proprio gruppo, osservando senza essere visto ogni cosa. E, quando fu pronto, sferrò il suo attacco al cuore della Biblioteca. Credersi al sicuro dietro le enormi porte lignee della Marciana era stato un errore: i Mastri erano convinti di essere i padroni di quel luogo e di poter governare in virtù delle proprie conoscenze. Non avevano tenuto conto che non puoi tener nulla al sicuro - potere, ricchezze, conoscenza - se qualcun altro possiede le chiavi.

Improvvisamente le Chiavi divennero la moneta di scambio per ogni cosa, ma soprattutto per l'illusione di un posto sicuro. Peltro dorato per quelle più antiche e pesanti, alluminio per le più recenti. Solo quest'ultime rappresentavano una vera sicurezza, di queste solo esisteva solo un'unica copia... una delle poche cose su cui la Maschera non aveva controllo.

E le Chiavi d'alluminio erano fondamentali se vi volevano acquistare medicinali dagli Speziali.

«Suvvia Nice, non ti aspettavi davvero che ti avrei dato quel che chiedevi. Sei l'unico Mastro, l'unico geniere, tra le Baute. Mi servi... e se ti avessi lasciato andare non saresti più tornata da me.» Da sotto il tricorno sbucava un ricciolo del colore dell'inchiostro e sapevo che, se non avesse indossato la maschera rossa, avrei sentito sul volto il calore del suo respiro mentre pronunciava quelle parole con voce morbida e cadenzata che mi riportava a quei momenti in cui, non vi erano pensieri e paura. Quei momenti che ricordano una vita diversa.

Forse di tutto quel che non c'è più mi manca la spensieratezza e i fiori di ciliegio che sbocciavano per pochi giorni all'inizio della primavera, insieme a glicini e alberi di mimosa. Certo mancavano cose anche più concrete come le tecnologie più varie - il portatile, doverlo abbandonare era stato terribile - ma soprattutto non aver potuto portare con i ricordi della famiglia: la foto con Anna, l'orologio che era stato del papà, gli orecchini di mamma.

Ma tutto era passato in secondo piano quando Anna era rimasta ferita. Per curarla mi sono venduta alle Baute ma ora, serve qualcosa di più che un semplice medicinale e quelle Chiavi sono l'unica cosa che può darmi ciò che cerco. E l'unica persona che le possiede è quella che odio e amo con la stessa intensità.

Vorrei togliergli la maschera, confrontarmi con lui a viso aperto, osservando quei tratti affilati e forti che creano ombre oscure sul suo volto, non quelli anonimi della larva rossa che da il nome al gruppo. Deve aver capito le mie intenzioni - mi conosce fin troppo bene, in modi che in questo momento non voglio pensare - perché mi lascia il volto che teneva sollevato verso di se e si allontana verso la libreria colma di volumi che occupa la parete dietro di me. Non sarei stata l'unica Mastro in quella stanza.

Il rumore della chiave che gira nella toppa celata tra i libri mi fa sobbalzare mentre cerco di trattenere la rabbia che mi invade. Se volessi questo sarebbe il momento giusto per attaccarlo, per prendermi da sola ciò che di cui ho bisogno per salvare ciò che resta della mia famiglia e allontanami da questa città dove la paura permea ogni istante come la nebbia le calli e canali durante gli inverni. Ma per quanto questi anni possono avermi indurito e resa una persona diversa da quella fuggita da una casa in fiamme con poco o niente - una bottiglia d'acqua e abiti pesanti dentro uno zaino, un accendino, un coltello per difendermi, un cellulare ben presto rivelatosi inutile e i pochi soldi rimasti sul mensola del telefono insieme alla mia sorellina - so di non potermi confrontare con lui. Nessuno ci proverebbe.

«Nice?» ora la sua voce non era attutita e distorta dalla maschera e, soprattutto era terribilmente vicina. Sentii il calore che il suo corpo contro la schiena, eppure, nel suo modo contorto manteneva le distanze senza toccarmi ancora. Il fruscio del tabarro fu seguito dal piccolo suono metallico di una Chiave che veniva appoggiata sul tavolo. «Questa è l'unica Chiave che ti darò... insieme a ciò che ti serve per tua sorella. Prendila, raggiungi il Mastro in grado di fare tornare l'acqua nelle cisterne della città, poi torna da me. Torna da me, il tuo prigioniero rinchiuso della torre più alta della città affondata nell'acqua, per distruggere le Baute e far tornare a vivere Venezia»

Strinsi la chiave contro il petto e lentamente mi girai a osservare quel volto amato, non più nascosto dietro la maschera del burattinaio crudele che ha temprato la città nella paura per renderla capace di sopravvivere alla nuove sfide che si stanno radunando ai margini della laguna, ma quello di un ragazzo giovane che aveva preferito diventare un mostro agli occhi di chiunque piuttosto che osservare la distruzione di ciò che rimaneva della sua vita.

Gli appoggia le mani al petto e stringendomi a lui mormorai «Tornerò»

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⏰ Last updated: Apr 26, 2016 ⏰

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