58. Catastrofe come secondo nome

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Per quanto io sia dannatamente distratto, ultimamente, mi sento di alzarmi e stringerla. E funziona, quella reazione. Sembra forse essere una mossa intelligente.

Perché lei mie viene incontro e mi sussurra un debole grazie.

Niall non dice niente. Rimane in silenzio, mentre sua sorella adottiva e suo fratello di spirito si concedono finalmente l'abbraccio dal lasciapassare. L'abbraccio del perdono, del ti capisco se soffri, del piangi per quello che vuoi. Del voglio capirti, non sei male come pensavo.

Mi sale un brivido lungo la schiena, mentre Niall continua ad ignorarci. Non lo so, probabilmente perché mi rendo conto che non potrebbe sapere come inserirsi in questo frammento di vita tra me e Cleo. E' bizzarra ai suoi occhi questa situazione, ne sono certo. Ma magari è anche pregiata e rara.

4 Luglio, New Orleans, Giorno dell'Indipendenza.

Non esistono ali, tra le spalle di un sognatore. Per quanto questo possa risultare paradossale, non vi è alcun paio d'ali a decorare la schiena di un utopista autentico. Un illuso. Il vero sognatore è colui che si rifugia in una realtà un po' diversa perché, probabilmente, non è mai stato in grado di volare; troppo appesantito da ingombranti macigni che lo ancorano al terreno, trascinandolo giù. Parliamoci chiaro: affondare fa un male cane, e chi ha guastato il proprio impianto alato appesantendolo dalla stessa realtà che è lì ad opprimerlo, ne sa qualcosa. Per questo la via più facile è rinunciarvi, rinnegare le proprie ali sporche e sperare in qualcosa di migliore.

Sognare, quindi, credo sia per i realisti.

Ed io lo sono. Sono un cazzo di realista. Me l'ha insegnato una certa ragazza col casino a dominarle l'animo e ad infiltrarvisi fino a corroderla nelle sue pareti cerebrali.

Ecco perché è partita... forse. Non mi viene in mente altro fuorché: lo stesso sfregamento dei suoi grevi pensieri, le abbia consumato i neuroni sani e l'abbiano fatta diventare... quella che è.

Ma almeno mi ha insegnato ad essere realista per davvero. E i realisti, non sempre sono felici. Non sempre sono positivi.

Non sempre sono in vena.

Perciò, i festeggiamenti per il giorno dell'Indipendenza, me li sbatterei al cazzo, se solo potessi.

Ma tutti vanno in ferie.

Tutti festeggiano.

Tutti.

Tutti, comunque, c'hanno il patriottismo impiantato nel cervello, ormai.

Ed io invece a mezzogiorno non stavo nemmeno alla braciolata con Niall, per la ricorrenza di questa giornata. Non ero neanche a Gretna da mia madre e non ho chiamato né Gemma né mio padre. E tanto meno non stavo a pensare alle tradizioni. Non sono interessato ad altro, se non al realismo che mi avvelena le speranze. Me le stende, le frantuma nei pugni cattivi e duri della vita reale.

Sono stato in appartamento tutto il giorno malgrado l'afa. Ho pitturato una parte del mio muro; adesso nella mia camera ci stanno queste cazzo di ali che non c'ho.

E che, a questo punto, neanche Josephine possiede. Ha preso uno schifoso aereo, per fuggire. Una maledettissima macchina preparata al volo. Niente altro se non artificio.

Niente altro, se non ali che non possediamo...

E ci penso, ci penso tutto il giorno a ciò che non ho.

Mentre dipingo e assorbo nicotina e musica fin troppo ad alto volume.

E lo farei per il resto della serata, ma Niall mi ha minacciato di tagliarmi i capelli durante la notte se non fossi andato dai Malik per l'invito che mi ha fatto Kate.

The Runaway (Harry Styles AU)Where stories live. Discover now