Capitolo 2

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Da quel giorno ero dovuto andare in giro con Zed e i suoi scagnozzi. Ovunque andassi, trovavo sempre qualcuno di loro.

Se mi sedevo al banco, Zed era sempre al mio fianco e, dopo due settimane, non riuscivo ancora ad abituarmi alla loro presenza.

«Buongiorno Zed, buongiorno Cade.» ci salutarono gli uomini del biondo, come ogni mattina.

Se questo tizio continuava a starmi alle calcagna, mi avrebbe impedito di continuare a studiare e questo non lo potevo sopportare.

Dovevo fargli capire che doveva lasciarmi in pace!

Tutto questo pensare e ripensare, mi aveva fatto impazzire, tanto che mi era venuta qualche linea di febbre.

Ero venuto lo stesso a scuola per non perdere le lezioni, ma ora mi girava la testa.

Non appena riuscii a liberarmi dei miei oppressori, mi rifugiai in infermeria per cercare di riposare un pochino e occupai un lettino vuoto.

Puntualmente, dopo nemmeno dieci minuti, Zed mi aveva già scovato ed era entrato nella stanza col volto preoccupato.

«Cade! E' tutto a posto? Stai bene?»

«Sì, è solo qualche linea di febbre.» dissi guardandolo mentre veniva a sedersi lui letto accanto al mio.

«Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, chiedi!»

Mi venne in mete un piano geniale!

«La... febbre mi sta facendo sudare... avrei bisogno che tu mi... asciugassi...» balbettai.

In una situazione simile, potevano succedere solo due cose: o gli avrebbe fatto schifo toccare un ragazzo e mi avrebbe mandato a quel paese. O un teppista come lui, mi sarebbe saltato addosso.

In tal caso, mi sarei messo a strillare e i professori dalle aule a fianco sarebbero intervenuti, sospendendo Zed.

Lui si alzò in piedi, col volto completamente rosso e iniziò a tirarsi su le maniche.

Il mio cuore prese a battere più forte nel petto e, se prima sentivo caldo per la febbre, ora mi sembrava di andare completamente a fuoco.

Si chinò su di me, afferrò la mia camicia dal colletto e prese ad aprirla con molta calma.

«Ti sto sbottonando i bottoni.» sussurrò, come a spiegarmi le sue operazioni.

Ero in imbarazzo. Quella era la prima volta che un ragazzo mi toccava così e questo mi fece provare delle strane sensazioni.

Perché? In fondo gliel'avevo chiesto io, allora perché stavo reagendo in quel modo?

I suoi occhi verdi mi fissavano dolci e quando finì di aprirmi la camicia, rivelando il mio petto nudo, presi a tremare e chiusi gli occhi.

Non riuscivo a muovermi, il mio corpo era come inchiodato al materasso. Avevo paura.

Lui afferrò una benda dal comodino e la mise sugli occhi, così che non mi potesse vedere.

«Se faccio così non ti sentirai in imbarazzo. Sopporta ancora un po'.» disse lui.

Con un panno pulito che si era preparato un secondo prima di bendarsi, cominciò ad asciugarmi l'addome.

Quando toccò leggermente con un dito un dei miei capezzoli, dovetti coprirmi la bocca per non farmi scappare un gemito.

Il mio corpo stava impazzendo sotto le sue cure...

Una volta finito, posò il cotone sul comodino e mi richiuse la camicia. Si tolse la benda dagli occhi e mi guardò.

«Scusami... non riesco a rendermi conto della mia forza. Ti ho fatto male?» domandò.

Io ti proteggeròWhere stories live. Discover now