Lezioni di cucina

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Se la nota dicesse:
non è una nota che fa la musica
...non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse:
non è una parola che può fare una pagina
...non ci sarebbero libri.
Se la pietra dicesse:
non è una pietra che può alzare un muro
...non ci sarebbero le case.
Se la goccia d'acqua dicesse:
non è una goccia d'acqua che può fare un fiume
...non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse:
non è un chicco di grano che può seminare un campo
...non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse:
non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità
...non ci sarebbero mai né giustizia, né dignità, né felicità sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
L'umanità ha bisogno di te,
qui dove sei, unico,
e perciò insostituibile.

Louis rileggeva questa poesia ogni qual volta si sentiva triste. E se pensava che gliel'aveva data la sua insegnante delle elementari, prima che intraprendesse il percorso delle medie, poi quello delle superiori e, successivamente, l'università –anche se Louis sapeva molto bene che l'università, di lui, non avrebbe visto nemmeno l'ombra- sorrideva involontariamente.
Aveva fatto il suo scarsissimo esame della quinta elementare e, mentre la sua mente era già rivolta all'estate e a quella sensazione di mascolinità e contentezza nel poter finalmente dire "Sono uno studente delle medie", la coordinatrice della sua classe gli consegnò appunto questa poesia, arrotolata a mo' di papiro, bloccata da un graziosissimo nastro rosso fuoco. Louis l'aveva osservata attentamente: non si ricorda della faccia che aveva, ma può giurare che fosse alquanto schifata o, magari, in pena, come se la sua fantastica e giovanissima maestra delle elementari gli avesse consegnato quel foglio con la speranza che Louis si sarebbe ricordato di lei, e che magari un giorno, quando Louis avrebbe preso la patente e sarebbe stato assunto in uno di quei locali che ti permettono di arrivare a fine mese, in modo che potesse pagarsi l'affitto, avrebbe deciso di incontrarla, e perché no, magari invitarla ad uscire.
Peccato che Louis, già a quei tempi, fosse a conoscenza del fatto che amasse gli uomini. Era un dettaglio, che per un Tomlinson che giocava ancora con le automobiline di plastica, era più che futile. Quindi Louis, con in mano quel foglio di carta, che sembrava addirittura pregiata, sorrise per l'ultima volta ai suoi maestri, che lo avevano accompagnato per cinque lunghissimi anni, e si incamminò verso l'uscita della scuola, dove sua madre e alcuni suoi amichetti –nulla di serio, per carità- lo stavano aspettando.
Non serve che vi dica che quel foglio fece un bel viaggio di sola andata sotto al letto, e lì ci rimase fino a quando i genitori di Louis divorziarono, e lui fu costretto a lasciare la sua umile dimora, che era camera sua. Lasciare Doncaster era una cosa che Louis non aveva mai pensato di fare, visto che amava il suo paese. Abbandonare i suoi amici, poi, era una vera e propria tragedia! Per non parlare della signora del supermercato, che gli dava sempre confezioni di cioccolatini gratis. E anche se Louis l'aveva definita una Lecchina Frustrata, gli sarebbe mancata.
Fu così che, mentre era impegnato a fare la valigia, ritrovò quella graziosa pergamena che la sua insegnante gli aveva dato alla fine del suo esame, e Louis aveva anche scoperto che non era un regalo riservato solo ed esclusivamente per lui, no: quella vipera ne aveva data una uguale e identica a tutti i suoi compagni di classe e, ma no, cosa state pensando? Che Louis potesse essersela presa? Ma no, cosa dite? Mh okay, sì, avete ragione, ma non era colpa sua se era iper emotivo e sensibile, oltre a permaloso. L'aveva presa come una sorta di tradimento, capite? Possiamo benissimo capirlo, visto che Louis, con i suoi film mentali, era arrivato alla conclusione che la giovanissima maestra era interessata a lui, e poi scopre che aveva dato lo stesso foglio, con le stesse parole stampate sopra, a tutti i suoi compagni di classe. E no, Louis ne era rimasto avvilito, davvero. E non importa il fatto che fosse gay, ricevere attenzioni piace a tutti, e non si poteva di certo dire che Louis fosse un brutto ragazzo. Un vero spreco per le donne, già.
Comunque, stavamo dicendo che Louis trovò quel foglio sotto al letto mentre era intento a fare le valigie per lasciare la sua amata Doncaster e trasferirsi a Holmes Chapel, visto che sua madre aveva trovato lavoro grazie a una sua vecchia amica in una cartiera. Non che sua madre fosse esperta in materia, no no. Solo che, visto che vedere l'ex marito era diventata una cosa intollerabile, era disposta a fare di tutto pur di scappare da quella trappola nella quale viveva. Louis era un mammone, amava sua madre, quindi quando gli chiesero se volesse stare con il papà o con la mamma, non ci mise molto a prendere la sua decisione. Certo, papà gli dava sempre da mangiare schifezze, gli permetteva di guardare la tv oltre alle undici di sera –e per Louis questa era alta, ma che dico, altissima trasgressione- e gli faceva sempre un sacco di regali. Però la mamma è pur sempre la mamma.
Quindi Louis infilò quel dannato foglio, che non si era sciupato per niente nel corso degli anni, nonostante Louis avesse lasciato le medie da un pezzo e si dovesse trovare a frequentare l'ultimo anno di liceo. In fondo, non era cambiato più di tanto. Così, dopo aver chiuso la valigia e aver finito di preparare il beauty con dentro tutti i prodotti cosmetici che gli sarebbero potuti servire durante il viaggio, -vi prego, non giudicatelo male- partì verso Holmes Chapel.
Fu un viaggio del tutto tranquillo, anche se ad un certo punto stava per rimettere il polpettone che aveva mangiato a pranzo, poche ore prima, cucinato da sua madre con tanto amore. Non vomitò, non preoccupatevi. Anche perché non fece in tempo visto che sua madre sapeva quanto Louis fosse sensibile ai movimenti delle automobili, quindi intraprese il percorso più breve, sulla A628, per l'esattezza, che comprendevano 123 km. Jay, la madre del nostro Louis, lo aveva rassicurato dicendogli che ci avrebbero impiegato non più di un'ora e mezza, ma Louis, ovviamente, non gli aveva creduto. Aveva controllato il display del suo mitico iPhone 4 prima della partenza. Segnava le 16:03 spaccate. Quindi, secondo sua madre, sarebbero dovuti arrivare intorno alle 17:30, 17:33 per l'esattezza. Era un ragazzo molto preciso, forse a volte questa sua caratteristica stressava la gente attorno a lui, che era solita arrotondare l'orario. Louis, a sua volta, non tollerava questo comportamento. Se una signora ha il treno alle 14:38, e magari chiede a un passante "scusi, che ore sono?" perché magari suo marito l'aveva intrattenuta a tavola e lei ora si ritrovava a dover fare le corse per non perdere quel treno che l'avrebbe portata al lavoro, e quel passante le dice che sono le 14:40, quindi arrotonda di ben 2 minuti, la poveretta si mette il cuore in pace mentre la consapevolezza di aver perso quel treno per una stupida fetta di crostata la schiaffeggia in pieno viso. Ovviamente, è solo un esempio. Quindi Louis godette parecchio quando, oltrepassato il cartello "Benvenuti a Holmes Chapel", controllò il dispaly del suo amato iPhone 4 e vide che erano le 17:49, e che quindi ci avevano impiegato la bellezza di un'ora e 46 minuti, 16 minuti in più di quelli che sua madre gli aveva promesso.
E sul serio, nessuno sarebbe voluto essere al posto di Jay, visto che Louis le rinfacciò per tutto il tempo che passarono a disfare le valigie nella nuova casa il fatto che lei gli avesse mentito, dicendogli che ci avrebbero impiegato non più di un'ora e mezza, quando invece la distanza era lunga un'ora e 46 minuti. Quei 16 minuti stavano diventando una vera e propria tragedia.
Dopo esattamente 2 ore dall'arrivo a Holmes Chapel, dopo esattamente due ore che Louis si stava lamentando, finalmente Jay ebbe il coraggio e la forza di rispondere al figlio. Lei, ovviamente, sapeva che Louis scherzava sempre, ma stava diventando peggio del suo ex marito, e quasi si pentì di esserselo portato dietro con sé, però si rimangiò quel pensiero subito dopo, perché amava davvero tanto il figlio, e stava male solo al pensiero di averlo paragonato al suo ex, anche solo per una manciata di secondi.
"Tesoro" cominciò a parlare, tappandogli deliberatamente la bocca mentre Louis stava ripetendo, per la centesima volta, quanto si fosse sbagliata sull'orario. Beò per pochi istanti di quel silenzio, per poi romperlo nuovamente, sta volta con la sua voce. "Anne ci ha invitato a cena, visto che prevedeva il fatto che fossimo stanchi dopo il viaggio..."
"Che è durato un'ora e 46 minuti, non un'ora e mezza."
"Louis, smettila!" quasi urlò Jay, ma un sorriso nacque subito sul suo volto, quando suo figlio si dimostrò mortificato per averla interrotta, ancora. "Comunque, alle sette di sera dobbiamo essere a casa sua, quindi vedi di essere pronto per quell'ora."
Louis sbuffò. Non aveva davvero voglia di socializzare dopo neanche 24 ore che si trovava in quella città, e poi era davvero stanco, che per un secondo gli passò per la mente l'idea di andare a letto senza toccare cibo. Sì, gli passò per poi uscirgli immediatamente.
"Va bene mamma, ma non aspettarti forme di cortesia dal sottoscritto, sono davvero esausto."
"Ci credo, dopo aver parlato ininterrottamente per più di due ore!" lo prese in giro la madre. "Comunque non ti preoccupare, se non ricordo male Anne ha due figli, quindi non penso sarà una cena del tutto formale."
Due figli. Magari uno di loro era maschio, e magari era pure carino. Louis in quel momento non fece questi pensieri, no assolutamente. Si preoccupò, invece, ad entrare per la prima volta sotto la nuova doccia, evento irripetibile. Lasciò che l'acqua sciacquasse via di dosso tutto quell'appiccicaticcio che lo aveva tenuto in trappola per tutto il pomeriggio. Odiava sentirsi sudato, e sporco. Ci teneva alla pulizia, e quel beauty che aveva preparato con tanto amore prima della partenza gli venne comodo. Una volta, a sedici anni, aveva provato a truccarsi, approfittando del fatto che fosse da solo in casa, visto che i suoi genitori erano al lavoro e le sue sorelle dalla nonna. Ah giusto, Louis è il primo di una stirpe di fratelli Tomlinson, nonché l'unico maschio. Aveva quattro sorelle, le quali avevano una vita sociale talmente fitta e piena di impegni, che decisero di rimanere a Doncaster con il padre, lasciando che Louis partisse da solo con sua madre. Era elettrizzato all'idea di passare finalmente un lungo periodo senza scocciatrici in casa, provare finalmente quell'emozione impagabile e meravigliosa di essere figlio unico. Niente più urla, pannolini da cambiare, tutor per i compiti e babysitter. Niente di niente. Louis era felice.
Ed era ancora più felice quando ebbe indossato i suoi meravigliosi pantaloni rossi, che cominciavano davvero ad essergli stretti, con tanto di risvoltino alle caviglie e un paio di Vans da 80£, e la sua meravigliosa maglia a righe. Passò circa mezz'ora davanti allo specchio, cercando di sistemare quel suo ciuffo ribelle che, quella sera, non voleva proprio saperne di starsene giù, e finalmente, alle 18:34 uscì di casa.
Jay aveva segnato l'indirizzo della casa di Anne Styles, quella famosa amica che le aveva procurato il lavoro, dietro a uno scontrino per la spesa, e Louis trovava la cosa molto divertente, non che fosse rilevante. In ogni caso arrivarono a destinazione, miracolosamente senza perdersi, e mancavano 3 minuti alle sette. A causa della testardaggine di Louis, rimasero nell'auto fino a quando il campanile che si trovava proprio dietro casa Styles rintoccò per ben sette volte. Così, scesero dalla macchina.
Non negava il fatto di essere leggermente agitato. Sua madre gli aveva detto che da piccolo giocava spesso con la figlia maggiore della donna, e a volte anche con il figlio più piccolo, del quale, aimè, non ricordava il nome. Jay aveva raccontato, in quei 3 minuti passati in auto, che lei e Anne andavano a scuola insieme, e che erano migliori amiche, almeno fino a quando Anne non trovò marito e si trasferì a Holmes Chapel, appunto. Pure il matrimonio di Anne era andato a finire male, e Louis era quasi dispiaciuto per questo. Certo, non era poi così triste del fatto che i suoi avessero divorziato, sentirli litigare ogni santissimo giorno era diventato snervante persino per un animo gentile e pacifico come lui. Okay, forse non era pacifico e non aveva un animo gentile, ma si è capito il senso.
Suonarono al campanello, il quale fece un grazioso rumore, accompagnato da dei passi che dimostravano che qualcuno stava per venire ad aprire la porta. Una donna, parecchio giovane e con lunghi capelli neri, sottolineò Louis, li accolse nella dimora Styles, la quale era molto accogliente. Sapeva di pulito, e un invitante odore di lasagne gli invase le narici. Era arredata molto bene, e Louis non esitò a far sapere alla padrona di casa che gradiva i suoi gusti nell'arredamento. Un piccolo corridoio, contornato da vari quadri, che figuravano due giovani ragazzi, probabilmente i suoi figli, portava a una grande stanza, che era il salotto, dove vi era un grazioso divano, separato dalla tv a schermo piatto da un grazioso tavolino di legno. Attaccata al salotto, c'era la cucina, dalla quale arrivava un profumino davvero invitante. Sì, Louis amava già quella casa.
E l'amò ancora di più quando quei due ragazzini fecero la loro entrata, presentati dalla madre che ne era davvero orgogliosa.
"Ragazzi, questi sono Johanna e Louis" disse Anne, indicando prima l'una e poi l'altro. "Loro invece" disse rivolta più a Louis che a Jay "sono Gemma e Harry."
Harry. Okay, Louis dopo questa era decisamente partito. Articolò un "piacere" per miracolo, visto che era troppo impegnato ad osservare quel ragazzo. No, non poteva averlo già incontrato, se lo avesse fatto non l'avrebbe più lasciato andare perché dannazione, era meraviglioso. La prima cosa che Louis notò di Harry, e non prendetelo come pervertito, furono le labbra. Erano grosse e carnose e quel colorino di un rosa acceso lo fecero del tutto impazzire. Poi gli occhi, di un verde menta, contornati da un bianco puro, e quella pupilla talmente dilatata da potercisi specchiare dentro. Per non parlare della mandibola, così squadrata ma così tanto perfetta che se fosse stato per Louis l'avrebbe immediatamente ricoperta di baci, e succhiotti e –Okay, dacci un taglio.
Insomma, Louis gradiva molto quel ragazzo, si era capito. E rischiò di farlo capire anche al resto dei componenti di quella stanza, visto che forse si era soffermato ad osservarlo per troppo a lungo. Si obbligò mentalmente di muovere un qualsiasi tipo di muscolo, o parlare, o fare qualsiasi altra cosa, visto che rendersi ridicolo già all'inizio della serata non era proprio il caso.
Però, quando Harry sorrise e due adorabili e profonde fossette gli si presentarono nel viso, e quando disse un semplice "Tutto okay?" con una voce rauca e calda, che Louis cominciò a sciogliersi piano piano, sospirò e allora era definitivamente fottuto perché Louis non sospirava mai, okay? Mai. E il fatto che Harry l'avesse fatto sospirare dopo neanche cinque minuti che ce l'aveva davanti, era una cosa grave.
Louis sorrise a sua volta e annuì, per poi voltarsi con fare impacciato e prendere posto vicino alla madre, e di fronte a Harry. Cosa del tutto casuale, ovviamente.
Harry prese posto vicino alla sorella, che era di fronte a Jay, mentre Anne portava a tavola una profumatissima teglia di lasagne, pronte per essere servite e mangiate. E forse Louis osservò Harry mangiarle, assaporarle, notando come la forchetta entrasse nella sua bocca e uscisse spoglia e umida, a come il sugo gli rimanesse sui lati delle labbra, e avrebbe potuto osservarlo all'infinito, se non fosse stato per le continue domande che Anne e Gemma gli ponevano. Solo in quel momento notò la somiglianza tra i tre, e ringraziò ogni santo di questo mondo per aver fatto in modo che sua madre fosse stata la migliore amica di quella donna che aveva generato un esemplare simile di bellezza divina.
"Quanti anni hai, Louis?" chese Gemma, e Louis finalmente spostò il suo sguardo da Harry a lei, cercando di ricordare mentalmente la domanda che pochi attimi prima gli aveva posto.
"20" disse, mandando giù l'ennesimo boccone di lasagna. "Voi invece?" pronunciò poco dopo. Mangiò un altro boccone e "mio dio, queste lasagne sono la fine del mondo. Complimenti Anne!" esclamò, facendo sorridere Anne.
"Grazie Louis" gli rispose la donna. "Ma le ha fatte Harry, io l'ho semplicemente aiutato."
Louis, per poco, non si strozzò con un pezzo di carne che aveva appena messo in bocca. Quindi, lui stava mangiando ciò che Harry aveva fatto, cioè, le aveva fatte lui, cucinate lui, toccate lui, e seriamente, Louis doveva smetterla di fare questi pensieri. Seriamente.
Si leccò le labbra e "Allora, complimenti Harry" sussurrò, leggermente in imbarazzo. Aspettate, Louis in imbarazzo? Quando mai! Infatti, poco dopo disse "Posso portarmelo a casa?" quasi chiedendo il permesso a Anne, la quale scoppiò a ridere.
Poté vedere il sorriso di Harry con la coda nell'occhio, forse era divertito da ciò che aveva chiesto. Ma Louis era serio, anzi, serissimo: Harry, prima o poi, sarebbe andato a casa sua, questa era una certezza. Per cucinare, o fare qualcos'altro, non era importante. Cioè, sì, lo era, ma non in quel momento.
"Mi dispiace Louis, ma Harry serve anche a noi" disse quasi divertita.
Jay si intromise, quasi mortificata. "Perdonalo, Anne, è molto impulsivo a volte" e fulminò il figlio con lo sguardo, il quale alzò le spalle, continuando a mangiare ciò che Harry aveva fatto.
"Se vuoi posso insegnarti a farle" e Louis alzò lo sguardo, in modo che i suoi occhi potessero incontrare quelli verdi di Harry, che gli stavano parlando.
Annuì quasi spasmodicamente a quella domanda e "Sì, mi piacerebbe molto" e Harry sorrise, riprendendo a mangiare le lasagne.
Sì, Louis amava già Holmes Chapel.

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