1 - first day

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Il fastidioso rumore della mia sveglia mi fa capire che oggi inizierò il mio primo giorno al campus della Worcester High School.
Tutto ciò non mi entusiasma molto, trovo che sia una perdita di tempo.
Glielo dissi a mia madre che a me, del campus, non importava nulla, ma continuava a dirmi che avrei imparato molto e che, uscita da lì, sarei diventata una gran donna con un lavoro subito pronto per me.
Cazzate.
A me non è mai importato lo studio, figuriamoci di un lavoro come il suo.
Ieri ho passato l'ultimo giorno con i miei amici, anche seppur pochi.
Passerà molto tempo prima che li riveda e abbiamo fatto una specie di festa d'addio, anche se il mio non era proprio un addio.
Con il viso ancora impiantato nel cuscino, sporgo la mano per far si che quel rumore assordante cessi e per accendere la lampada, cosicché io possa orientarmi e non vada a sbattere contro un mobile.
Con malavoglia, mi siedo sul letto e mi stropiccio gli occhi, per poi sgranchirmi le braccia e le gambe.
Esco dalla mia camera da letto dopo aver indossato le pantofole color panna e scendo i numerosi scalini, fino a dirigermi in cucina dove faccio colazione, trovando mia madre intenta a cucinare qualcosa dall'odore davvero invitante.
«Buongiorno.» si volta verso di me e mi saluta, mostrando un ampio sorriso contornato da un leggero rossetto rosso.
Come fa a sorridere anche alla mattina?
La mattina è la parte più brutta della giornata, dove nulla potrà andare per il verso giusto.
Non so voi, ma io sono sempre di malumore appena mi alzo dal letto.
La saluto anche io, per poi sedermi su uno dei quattro sgabelli presenti attorno all'isolotto per bere un succo di frutta e mangiare i pancake ancora caldi, essendo stati preparati al momento.
«Fai colazione, ti prepari e poi scendi in salotto così ti accompagno al campus, okay?» mi domanda, sedendosi anche lei di fronte a me.
Annuisco con la bocca ancora piena, bevo l'ultimo sorso del mio succo all'arancia e mi precipito al piano di sopra per prepararmi, sperando di non inciampare in uno dei tanti scalini.
Mi chiudo la porta alle spalle e vado verso il grande armadio bianco, apro le due ante e osservo per qualche minuto i vari vestiti al suo interno, quasi tutti sulla tonalità del nero, del grigio e del bianco.
Penso si intuisca che non amo i colori, o forse non li amo su di me, sta di fatto che mi vesto sempre di scuro e mi trovo bene così.
Prendo al volo dei semplici blue jeans stretti e li indosso, rabbrividendo al contatto freddo del tessuto con il tepore delle mie gambe.
Prendo, infine, un maglione grigio e le All Star bianche.
Non sono quel tipo di ragazza che si organizza il tutto e per tutto.
Non sono quella che si prepara i vestiti da mettersi il primo giorno di scuola, una settimana prima che iniziasse.
Odio avere programmazioni, non mi piace avere le cose sotto controllo ma, piuttosto, mi piacciono le cose che arrivano senza alcun preavviso.
Dopo essermi vestita e controllata per bene, mi dirigo al bagno comunicante con la mia stanza.
Mi posiziono davanti al piccolo specchio appeso al muro, mi lavo i denti ed il viso, dopodiché mi trucco leggermente con del mascara.
Non amo truccarmi eccessivamente, nemmeno alle feste.
Odio avere chili di trucco addosso e odio ancora di più quando devo struccarmi, non so per quale motivo ma mi annoio a farlo.
Mi sciolgo la crocchia disordinata che avevo fatto la sera precedente e finisco il tutto pettinandomi i lunghi capelli mori e ondulati che scivolano fin sotto le spalle.
Mi do un'ultima occhiata, poi prendo le due valigie blu scuro che si trovano accanto al letto ad una piazza e mezza e mi ripeto a mente tutto ciò che c'è dentro ad esse, sperando di non aver dimenticato nulla e, quando penso che non manca più niente nelle due valigie, apro la porta della mia stanza.
Facendo attenzione, scendo le scale e raggiungo il salotto, dove trovo mia madre seduta sul divano intenta ad ascoltare il telegiornale alla televisione, come ogni mattina d'altronde.
«Sono pronta.» dico, vedendola voltarsi verso di me sorridente.
Se non la smette di sorridere le tiro un pugno in faccia.
Spegne il televisore, prende una delle due valigie e, dirigendoci fuori casa, raggiungiamo l'auto parcheggiata dietro ad essa.
Saliamo sul Range Rover nero di mia madre e inizio ad osservare il paesaggio che mi si presenta durante il lungo tragitto verso il campus.
I prati verdi pieni di margherite mi rilassano tanto quanto un intero pacchetto di sigarette.
Il leggero vento sposta le foglie insieme ai fiori mentre gli alberi scuotono la loro chioma.
Sono un po' agitata all'idea di dover conoscere persone nuove e di stare per così tanto tempo lontana dai miei amici e dalla mia famiglia, spero di conoscere persone simpatiche ma, soprattutto, spero che il campus inizi a piacermi, anche solo un pochino.
«Non ci vedremo per molto tempo, starai via per quasi un anno.» mia madre mi risveglia dai mille pensieri che mi ronzavano nella testa e mi volto verso di lei, osservandola per alcuni secondi, per poi risponderle: «Lo so.» dico semplicemente, ritornando ad osservare il paesaggio davanti a me; ormai l'autunno sta arrivando.
«Sei contenta di iniziare il tuo primo giorno qui al campus? Conoscerai molte ragazze della tua età e imparerai molte cose, è proprio prestigioso. Ti divertirai molto.» mia madre sembra sprizzare gioia da tutti i pori, ma io non ne sono molto entusiasta.
Dovrò starmene per quasi un anno via dalla mia città, dalla mia famiglia e dai miei amici, potrò vederli solo al sabato, alla domenica e nei giorni festivi, ma non credo che ci riuscirò dato che il campus si trova a due ore da casa mia. «Sì, sono felice.» mento, sperando di non ricevere altre domande al riguardo.
Dopo un paio di minuti noto che mia madre ha parcheggiato l'auto e riesco a capire che siamo arrivate a destinazione.
Scendo e mi guardo attorno, cercando l'entrata del campus.
Appena vedo un grande cancello aperto, lo osservo per qualche minuto e sospiro pesantemente, finché non prendo una delle due valigie che avevamo messo nel bagagliaio e, insieme a mia madre, entro notando subito la gran quantità di studenti presenti nel giardino d'ingresso.
«Dobbiamo andare in segreteria per ritirare la chiave della stanza e i libri.» indica un punto del foglio che tiene in mano con sopra scritte tutte le informazioni e le indicazioni per il primo giorno di campus.
Annuisco e, seguendo alcuni cartelli e chiedendo qualche informazione ad alcuni studenti, troviamo la segreteria.
«Buongiorno, cosa le serve?» chiede gentilmente la signora dietro al bancone.
Sul cartellino che tiene appeso sulla maglietta c'è scritto Ellen e, osservandola, sembra avere sui sessant'anni.
Ha un rossetto rosso e le unghie smaltate dello stesso colore, i capelli corti e scuri, leggermente ondulati che arrivano a toccare le orecchie.
«É il primo giorno di campus di mia figlia.» dice mia madre indicandomi con il pollice. «Ci servirebbe la chiave della stanza e i libri.» conclude, sorridendole cordialmente.
Ellen ci porge la chiave con appeso il numero della stanza e ci spiega in quale piano si trova, poi ci da' un sacchetto di plastica con dentro i pochi libri che avevo precedentemente preordinato.
Usciamo dal piccolo edificio e ci dirigiamo negli appartamenti femminili del campus; che si trovano alla sinistra della segreteria.
Saliamo fino al terzo piano e cerchiamo il numero della stanza, scritto su dei cartellini appesi sulle varie porte che ci sono lungo il corridoio esterno.
«Eccola, la 334.» indico la porta marrone scuro davanti a me e, infilando la chiave, la apro.
«Che bella.» esclama mia madre appena entra.
«Saremo in due nella stanza.» indico un secondo letto e appoggio la valigia su quello accanto al muro, proprio di fronte alla porta.
«Speriamo sia simpatica.» lo spero anche io, non vorrei trovarmi una di quelle compagne di stanza che stanno dalla mattina alla sera a studiare e senza accennare una parola, sarebbe una rottura.
Mi piacerebbe avere una compagna di stanza che si diverte come me, che scherza sempre e si gode l'adolescenza come una normale diciassettenne.
«Ora è meglio che vai, ti chiamo appena ho tempo.» le dico, aggiungendo un sorriso per alleggerire la frase che ho appena detto, per non farla sembrare troppo dura.
«Va bene. Divertiti, ma impegnati anche nello studio, mi raccomando.» dice, usando un tono un po' acido, per poi abbracciarmi e stamparmi un bacio sulla guancia.
«Ti voglio bene.» non glielo dicevo quasi mai e questo mi sembrava il momento adatto.
Anche se mi dispiacerà non vederla per circa un anno e solo per poche volte a settimana, sono contenta di essere venuta al campus solo per il fatto che sarò più libera, dato che mia madre era sempre molto iperprotettiva nei miei confronti.
«Anche io.» si stacca dall'abbraccio e mi saluta con un cenno della mano, lasciandomi da sola, in una stanza e con ancora due valigie da disfare.
Bene, il mio primo giorno al campus inizia ora.
Incrocio le dita.

My drug » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora