12. Tempo che scorre, sorriso che rimane

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"Che cosa?" E' anche sorda, ma non m'interessa. Faccio per entrare in camera mia ma lei esce di scatto dal bagno.

"Oh, eccoti!" Dico rivolgendole la schiena, esattamente nell'istante in cui lei dice "Ma come parli-"

Poi, quando le rivelo la mia faccia e lei la sua, resto immobile per circa un minuto buono.

"No – allora." Il suo tono di voce trema leggermente. "Adesso mi spieghi che cazzo di soprannome sia Haz."

Sta scherzando?

"No allora lo dico io. E adesso mi spieghi come cazzo ti chiami."

Esattamente adesso, in questo corridoio, la tensione è palpabile. Lei è stropicciata, assopita nei pensieri e con indosso una T-shirt troppo grande per la sua corporatura minuta. Io sono sull'orlo della follia, specialmente perché mi viene da ridere; e allora lo faccio. Mi libero in una risata isterica, perché davvero non capisco.

"Oddio mio." Poggiando una sua piccola mano sulla fronte e chiudendo gli occhi, lascia che le mie risa la contagino.

"Voglio dire – io non posso crederci. Tu sei Josephine Horan? La sorella del coglione di Niall? Cristo santo è assurdo."

Sto davvero impazzendo, probabilmente. Tutto questo non ha alcun senso.

"Come cazzo è, che ti chiami?"

"Josephine, sì. Sono io. E sono sotto shock. Dammi un attimo per capirci qualcosa."

"No, adesso mi dici perché mi hai mentito sul tuo nome" ordino.

"A dire il vero non sapere. Abitudine, presumo."

"Ho perso le parole, davvero." Strabuzzo gli occhi nella sua direzione. I suoi s'ingrandiscono e scattano verso di me, le sue mani non avvolgono più il suo viso, ma si muovono in modo frustrato in aria.

"Neanche per gli insulti?" Ridacchia

La difficoltà nel mantenere gioia e ilarità soltanto per me è fin troppo ovvia – la sto contagiando davvero. Io non ci vedo solo lei a sorridere, vedo la mia serenità riflessa sul suo volto. Quindi rido e le offro un caffè, che accetta accavallando la gambe sul tavolo.

Svio lo sguardo – perché non indossa molti indumenti e sarebbe fin troppo inadeguato starla a fissare. Ma i capelli scuri, fluenti sul collo, vorticosi sulle punte, gli occhi tanto blu, il nasino così arricciato e le labbra tanto morbide soltanto alla vista – quelle sì che mi fanno impazzire.

Mi guarda, puntandosi un dito contro. "Ricapitolando: Josephine Horan. Harry Has..." Fa le virgolette sul nomignolo storpiato, poi è in attesa che io completi la sa frase.

Allora sorrido: "Niente Haz se non proprio non ti piace. Harry Edward Styles. E' un piacere, Josephine."

Dopo aver stretto la mia mano, sorride compiaciuta.

"E complimenti a noi, che siamo addirittura in anticipo" dice.

"Ma infatti. Ecco, tieni." Le porgo la tazza di caffè e le dedico un sorriso, assaggiando il mio. "Addirittura in anticipo..."

Non posso staccare lo sguardo dal suo, ancora col sorriso incredulo a curvarmi le labbra. Dopodiché fa: "E insomma tu. Proprio tu, sei il famigerato coinquilino di Niall."

"E tu la sorella bugiarda di Niall." Non posso evitare di provocarla, infatti le chiedo anche, subito dopo: "Ma poi, perché proprio Jade?"

Leggermente, ridacchio e scuoto i capelli dalla parte opposta della mano con cui li muovo. Lei mi fissa, assopita. Sussurra piano un verso per rilassarsi e mettersi a suo agio.

"C'avevo i tuoi occhi di fronte." Poi svia lo sguardo, anche se le sorrido.

Se ci fosse una gara di sorrisi fra me e lei, sono sicuro che vincerei io. Ho le labbra tirate costantemente all'insù, mentre la guardo; lei invece lancia sguardi intimiditi per poi sviare l'attenzione su altro. Ma non ci credo a questa timidezza...

Comunque l'allusione al colore dei miei occhi l'ho colta. Mi sembra che, a quella sua osservazione, lei possa notare l'espressione compiaciuta sul mio volto.

Allora, decidendo saggiamente di sviare dato che non saprei se identificare il suo come un complimento o una semplice constatazione, le dico una stupidaggine.

"E comunque tu e tuo fratello non vi somigliate."

"Ho preso da mamma. Lui da Simon."

"Simon vostro padre, no?"

"Figura paterna, padre, papà – come ti pare. Per me resta Simon. Dai, vuoi farmi credere che Niall non ti abbia raccontato nulla? Del motivo per cui ho preso e sono andata via, intendo."

"L'ha fatto, ma non ha parlato molto di te. Se l'avesse fatto sono certo che avrei trovato una certa familiarità in te fin da subito. Nialler tende ad essere un sacco dettagliato, sa'."

"Ma da quant'è che vi conoscete? Perché vivete insieme?"

"E' una storia lunga. Black Owl, comunque." Taglio corto.

"Lavori lì anche tu?" Dice e sembra non esserne così sorpresa – d'altronde abbiamo avuto una strana serata, lì al locale.

"Da pochi mesi dall'assunzione di Niall."

Così mi sembra che, pronunciare quel nome – che è fratello e migliore amico – sia il campanello d'allarme. La realtà mi crolla addosso. Mi lascia secco. Jade, quella che credevo essere la ragazza che due anni fa, a Londra, fece quella breve ma intensa comparsa nella mia vita, è in realtà Josephine.

Josephine.

La sorella di Niall.

Il suo nome è all'improvviso come un ceffone su un parte del viso, una realtà schiacciante. Una conquista. Una realizzazione. Ma c'è ancora una sfida che non posso vincere.

Il legame familiare – quello. Cazzo. Mi fa sentire piccolo così. Come se non fossi un elemento essenziale, adesso.

E allora ricordo del muro, il mio, della grafite che ho accumulato negli ultimi ventiquattro mesi e oltre, fingendo di riprodurre gli occhi della sconosciuta nel vicolo londinese. E allora io, quel disegno, devo levarlo da quella parete.

"Scusami." Le dico così ma non è che mi dispiaccia per davvero.

Adesso, m'importa soltanto di chiudermi la porta della mia stanza alle spalle, senza dar troppe spiegazioni alla ragazza confusa e appollaiata sulla penisola in cucina.



The Runaway (Harry Styles AU)Onde as histórias ganham vida. Descobre agora