21. Senza chiedere perdono

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«...buonisti del cazzo. Non siete altro che buonisti del cazzo.»

Queste furono le prime parole che udii quando, frastornata, feci il mio rientro trionfale nel mondo dei vivi.

Gran bel tappeto di rose, dovevo ammetterlo.

A dire il vero, ero ancora per metà nell'abbraccio delle ombre: i sensi si stiracchiavano come felini sonnolenti, solo per ripiombare nel torpore; il corpo non rispondeva ai comandi e le voci circostanti non erano che riverberi malleabili. Per un istante mi convinsi d'essere all'Inferno, spettatrice di baruffe tra dannati novelli.
Finché la rotta della discussione non mise meglio in chiaro i partecipanti.

«Vuoi uscire da questa stanza o devo mandarti fuori a calci?»

«Ha tentato di ammazzare tua figlia! Davvero non te ne frega un cazzo?»

Un dannato premium, lui.

«A me non frega un cazzo, Aiden? Non sappiamo che abbia Elyon e tu non fai che pensare alla tua vendetta personale!»

«Oh, adesso è diventata personale? Sei completamente rincoglionito, Davin.»

Ammazzare?

Non capivo. Mi sembrava mi avessero appiccato un incendio nel cervello che aveva ridotto tutti i neuroni in cenere: i ricordi erano pellicola fusa, immagini casuali che sparivano in lampi neri.

Una stanza bianca.
Un letto che non era il mio.
E poi...

«Smettila, Aiden.»

Connor? Che si degnava di rispondere a Aiden? Forse ero in una realtà distopica.

«Credo che il ragazzo abbia imparato la lezione. E non vedrà più Elyon... è questo l'importante.»

Il ragazzo.
Dustyn.

Tutto ciò che mi sfuggiva esplose dietro gli occhi.
La fitta bestiale alla testa. Il calore vischioso che colava lungo lo zigomo, il tanfo ferroso. I sensi smolecolati in una vertigine.

E poi... ricordavo vagamente il calore delle sue braccia, le lacrime che mi ripulivano il viso. E forse era una burla del cervello cauterizzato, ma avrei giurato che...

Elyon, resta con me. Resta con me, ti prego.

Il cuore accelerò impazzito, finché fui colta da un dolore che poteva gareggiare con quello della botta subita.

Non era un abbaglio.
Io stavo morendo.
E Dustyn... Dustyn mi aveva salvato la vita.

«No...»

Doveva essere un'esclamazione, ma il fiato non mi concesse che un mugolio spossato.

Cinque sagome colossali si avventarono su di me, e il mio corpo instupidito dal torpore lo interpretò come pericolo. Sobbalzai di scatto, ingoiando il cuore che a momenti rimbalzava fuori dallo sterno.

«La mia principessa...»

La voce strozzata di papà tranquillizzò il pilota automatico che gestiva i miei riflessi.

«No... non toccatelo...»

«Calma, Elyon» Il peso di una mano aperta mi percorse la chioma. «Cosa non dobbiamo toccare? Hai dolore da qualche parte?»

Scossi il capo gravido di piombo e goffamente tentai di raddrizzarmi.
Due mani gigantesche mi sostennero, aiutandomi a mettermi seduta.
Connor. Lo capii dall'odore di cuoio e legno che m'intossicò le vie aeree.

«Non ho dolore...» mormorai, mentre a fatica iniziavo a definire il mondo.

I piccoli quadrifogli reclamarono la mia vista con la loro presenza pacchiana. Ero nella stanza di mio padre.

Dust in Chains - Non fidarti delle fateTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang