Capitolo 1

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Bethany

"Signorina Wonder, deve mangiare qualcosa, è da una settimana che va avanti a caffè", Gretha venne in camera mia con il carrello della cena senza neanche bussare. "Sua mamma mi ha raccomandato di farla mangiare"

Guardai fisso il mio taccuino dove disegnavo con il carboncino nero da dentro il piumone caldo. Stavo disegnando ancora quel divano rosso di pelle strappato dove era avvenuto tutto. Dove il mio sogno esattamente una settimana fa mi aveva riportato. "Non ho fame, Gretha", dissi freddamente.

Gretha sospirò. "Siamo molto preoccupati per lei signorina"

Feci spallucce. Tutti si preoccupavano troppo per me. "Non dovete preoccuparvi per me, io sto bene". Mi alzai dal letto per darne la dimostrazione sistemandomi i pantaloncini della tuta. "Anzi ora credo che andrò a farmi una corsa nel parco dietro casa"

La domestica la guardò perplessa. "Come vuole lei, vuole che la faccia scortare?"

"No, riesco da sola", dissi andandomene in bagno. Mi sentivo vuota. Non ero uscita di casa da quasi un anno, e ora stavo iniziando ad avere una seconda vita sociale. Dato che la prima era stata buttata in fiamme.

Mi infilai un leggins e una t-shirt con una felpa sopra e le scarpe da ginnastica.

Uscii di casa sentendo l'aria fredda della sera a venire. Avevo paura di mezzo mondo. Non sapevo qual'era la cosa giusta da fare. Sapevo solo che mi sentivo violata, sporca, inquinata. E sapevo solo che chiunque persona di sesso maschile mi si avvicinasse l'avrei allontanata. Non potevo permettermi altre sofferenze.

Non riuscivo a mangiare bene da un anno, e le poche settimane in cui mi rimpizzavo finivo per vomitare, ma non solo; vomitavo anche per lo stress. Era da una settimana che non mangiavo ma vomitavo lo stesso. Il mio psicologo dice che è assolutamente una cosa nervosa, come se la utilizzassi per sfogarmi. Ma ogni vota che sentivo il mio stomaco contorcersi avevo paura di dove mi trovavo. Perciò non uscivo mai di casa tranne che per andare a correre.

What if del Coldplay mi suonava nelle orecchie a tutto volume. Mentre i miei capelli mi correvano lungo la faccia, io mi sentivo libera.

Dopo qualche minuto di scorsa sentii le gambe iniziare a cedere alla vista di due uomini dall'altro senso di marcia. Mi girai e feci la strada inversa. E mi ritrovai a vomitare in una piccola aiuola poco distante dalla via per andare a casa mia.

Sentii una mano maschile sulla schiena e l'altra tenermi legati i capelli. "Signorina va tutto bene?". Mi chiese una voce calda e imponente.

Mi alzai di scatto e vidi i due uomini di prima. Quello che mi stava parlando era massiccio, aveva dei lineamenti duri, il fisico imponente, gli occhi chiari e i capelli in perfetto ordine. Il suo compagno era quasi una sua copia ma con gli occhi scuri e una barba incolta.

"La porto da un medico?", chiese ancora preoccupato.

Mi parai le mani davanti quasi a difesa "Per favore allontanatevi"

L'amico intervenne "E' sicura di sentirsi bene?"

Indietreggiai. "No.. Io credo di non stare bene..", risposi confusa perdendo l'equilibrio.

Il primo uomo mi prese tra le braccia "Trevor chiama il pronto soccorso"

Quello che diceva chiamarsi Trevor prese il telefono e compose un numero. Io tentai di alzarmi. Piuttosto che aiutarmi stavano aumentando in me una carta ansia. "Per favore mi lasci", chiesi senza fiato.

E svenni

Reginald

"Sta bene la ragazza?", mi chiese Trevor quando scesi i gradini dell'ospedale.

Ero passato a casa a cambiarmi, facendomi una doccia per togliere il sudore di dosso. Erano le due di notte ed ero andato all'ospedale a vedere come stava la ragazza che avevamo soccorso qualche ora prima al parco. Annuii "I suoi genitori dicono sia normale, ci ringraziano calorosamente. Hai ottenuto le informazioni?"

Trevor mi consegnò un fascicolo. "Come richiesto signore. Si chiama Bethany Wonder. Ha 24 anni. Lei e la sua famiglia sono originari del Texas ma si sono trasferiti qui a Seattle quando la piccola aveva 13 anni. Da lì si sono spostati un paio di volte ma ora rincasano qui. La ragazza ha lavorato fino ad un anno fa da TeenVougue e si è dimessa per cause private e sconosciute. Ha una sorella più piccola di 16 anni e.."

Lo zittii "Il resto lo leggerò a casa", aprii la portiera della macchina e mi ci infilai. "Entro domattina voglio un pantalone una maglietta e un cappotto femminile della taglia della ragazza"

Trevor sorrise "Come desidera signor Castelhoof"

Occhi sbarratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora