Prologo

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"L'amore è un'amicizia impazzita

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"L'amore è un'amicizia impazzita."

Seneca





Donovan



La prima volta che incontrai Samantha Torres avevo dieci anni.

Giocavo in una piccola squadra under 12.

Ero un giocatore abbastanza forte.

Già a quell'età ero molto alto e robusto e il ruolo di ala mi calzava a pennello.

Ero veloce e avevo ottime doti da placcatore.

Peccato che ero indisciplinato con le regole che mi venivano imposte, e facevo a botte con chiunque sul campo da rugby.

Non era un caso che mi avessero affibbiato il nomignolo di crazy Wing.

Durante quella stagione entrò in squadra Gabriel Torres, un ragazzino con una capacità eccezionale nel rugby.

Era un abile giocatore e nonostante la giovane età, era dotato di una grande disciplina.

Sembrava fatto per il rugby.

Iniziò come tallonatore, ma subito notarono che non calciava la palla a caso.

Aveva una precisione maniacale, un senso del controllo accompagnato da una spiccata furbizia che lo rendevano un asso sul campo.

Era un leader che richiamava tutti a sé, anche al dovere e all'impegno.

Probabilmente non sarei durato più di due stagioni in quella squadra, e forse nel rugby in generale, se non lo avessi incontrato.

Un giorno mi aveva placcato ed ero atterrato violentemente al suolo.

Ci eravamo guardati in cagnesco per un po' e poi eravamo scoppiati a ridere.

Eravamo diventati migliori amici da quel momento.

Nonostante il fatto che fossimo dannatamente diversi e appartenessimo a due mondi opposti.

Lui frequentava le migliori scuole private di San Diego ed io mi mettevo in spalla il mio zainetto logoro e raggiungevo la scuola pubblica in bici.

Quel pomeriggio fui invitato nella villa dei Torres ad Ocean Beach ed io e Gabriel trascorremmo gran parte del tempo nel piccolo campo da rugby che si era fatto costruire.

Andiamo...chi aveva un campo di rugby in casa?

I Torres erano potenti e sfacciatamente ricchi.

E per uno come me cresciuto a Point Loma da un padre meccanico e da una madre ex- sciatrice, tutto quello sfarzo che mi circondava mi attirava come il miele attira le api.

Gabriel portò a termine una meta pazzesca e la palla finì oltre i pali, fino a superare il roseto che circondava quella striscia di terreno.

Mi sollevai da terra e provai a togliermi i residui d'erba dalla mia t-shirt.

- Questa volta è il mio turno di andare a prendere il pallone – dichiarai.

Gabriel mi sorrise e mi lanciò una bottiglia d'acqua.

- Io vado a prendere altro da bere...attento alle spine Donovan...- mi avvisò prima di voltarmi le spalle.

Gli lanciai un'occhiata di sbieco e mi issai per scavalcare.

Saltai abilmente oltre il recinto e cominciai a guardarmi attorno alla ricerca del pallone.

Niente. L'ovale non si vedeva da nessuna parte.

Sembrava fosse stato inghiottito dalla fitta vegetazione.

Cominciai a percorrere il prato ed esitai quando raggiunsi la smisurata terrazza che affacciava sulla baia.

C'era un'enorme piscina e l'oceano che si stagliava all'orizzonte sembrava rubarti il respiro.

Una gigantesca villa color avorio si ergeva su una piccola collina e sembrava dominare dall'alto il paesaggio che mi circondava.

Ero talmente preso da quello spettacolo che continuai a camminare con la testa rivolta verso l'alto.

Inciampai improvvisamente in un arbusto e caddi con la faccia nell'erba.

Converse rosa.

Quella fu la prima cosa che vidi.

Sollevai lo sguardo ed incontrai un paio di occhi scuri che mi soppesavano con alterigia.

Appartenevano ad una ragazzina a bordo di una bicicletta che mi fissava senza dire una parola.

Mi rialzai e mi infilai le mani nelle tasche dei pantaloncini e rimasi a scrutarla con i miei occhi verdi.

- Cerchi questa? – mi chiese indicandomi l'ovale che stringeva tra le mani.

Solo allora parvi notare la palla che stavo cercando.

Annuii e feci per dire qualcosa, ma lei me la lanciò e disse – C'è un buco nella siepe. Puoi passare anche da là...-

Fece per allontanarsi, ma poi esitò e mi sorrise dicendo – A proposito...io sono Sam...-

Mi passai una mano tra i capelli biondi e sorrisi di rimando.

L'imbarazzo sul mio viso era evidente, ma allungai la mano per stringere la sua e sussurrai

- Ciao...io sono Alistair...-

Le nostre dita si sfiorarono quasi, ma improvvisamente una spallata di Gabriel mi prese alla sprovvista e ci costrinse ad allontanarci l'uno dall'altro.

- Alistair? Che razza di nome è? Tu sei Donovan e basta! – esclamò ridendo, poi notò la ragazzina sulla bici e continuò in tono affettato – Vedo che hai incontrato mia sorella Samantha...-

Lei gli lanciò un'occhiataccia, ma Gabriel non sembrò impressionato e sbottò - Tieniti alla larga da lei...sembra tanto carina, ma punge come le spine di una rosa...-

- Va' al diavolo, Torres – sibilò Sam a denti stretti.

Gabriel scoppiò a ridere e le tirò una ciocca di capelli corvini.

- Non essere maleducata...sennò lo dirò alla mamma...- la avvisò, poi afferrò la palla che stringevo tra le mani e disse – Andiamo! –

Lo seguii lungo il percorso non prima di aver lanciato un'occhiata a Sam.

Lei mi sorrise e mi urlò dietro – Ciao Alistair! È stato un piacere conoscerti! –

Le mie labbra si piegarono in un sorriso involontario, ma quel momento durò poco perché Gabriel mi pressò con le spalle alla staccionata e mi scrutò attentamente con i suoi occhi color ambra.

- Sai qual è la prima regola degli amici, Donovan? – mi chiese serio.

Mi strinsi nelle spalle senza capire e risposi - Quale? –

- Le sorelle sono off limits – disse.




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