Don Abbondio e i maranza

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In una calma serata primaverile sulle sponde dell'lago di Como, Don Abbondio, prete di una delle vicine parrocchie, tornava verso casa percorrendo una stradicciola con le earpods alle orecchie, collegate via bluetooth all'iPhone. Ascoltava da spotify un podcast cattolico nel quale venivano recitati vari salmi e nel mentre guardava a terra e calciava i sassi verso il muro che costeggiava lo sterrato, alzando talvolta pigramente lo sguardo verso il lago e le montagne che lo circondavano.

Dopo aver preso in mano l'iPhone per l'ennesima volta cambiando traccia,

continuò tranquillo la sua passeggiata recitando il salmo insieme alla voce narrante finché non arrivò al solito bivio a ipsilon che a destra lo portava su per un monte e poi verso casa sua e a sinistra scendeva a valle fino ad un torrente.

I muri delle due viottoli non arrivavano che alle costole e invece di terminare ad angolo si univano ad un tabernacolo, sul quale un tempo erano dipinte delle scene cristiane risalenti all'ottocento, ma che ora avevano parzialmente lasciato spazio a dei graffiti fatti con la bomboletta spray da qualche writer appassionato di hip hop. L'"artista" aveva unito i nuovi graffiti alle vecchie scene, creando un mix molto strano e ilare allo stesso tempo, anche se, ad un clericale come Don Abbondio, il collage di stili risultava molto blasfemo.

Don Abbondio presa la prima svolta e voltato lo sguardo in direzione del tabernacolo con i graffiti vide una cosa che non si sarebbe mai aspettato e che non avrebbe per nessun motivo voluto vedere.

Due uomini stavano uno davanti all'altro nel punto in cui le due viottole si riunivano. Uno di questi era cavalcioni sul muretto basso, con una gamba a penzoloni e l'altro piede poggiato sul terreno; il compagno invece stava in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto.

Sia l'abito che il comportamento non lasciavano alcun dubbio sulla loro condizione.

Avevano entrambi un cappello della New Era a visiera dritta dalla quale usciva sulla fronte un ciuffo di capelli ricci, baffetti incolti, una cintura di Louis Vuitton (palesemete contraffatta) alla quale erano attaccate due pistole (a salve). Al collo portavano due grosse collane in diamanti (di vetro) e un cornetto napoletano portafortuna. Un manico di un coltello spuntava fuori dal borsello di Gucci (che ve lo dico a fare... ovviamente finto). Portavano dei calzini della Supreme per accomodarsi ai piedi delle Nike TN e una tuta Lacoste per completare l'outfit. A prima vista si davano a conoscere per degli individui della specie dei maranza: una specie ancora del tutto presente e floridissima in Lombardia.

Che i due appena descritti fossero lì ad aspettare qualcuno era cosa evidente e quasi certa; ma ciò che più dispiacque a Don Abbondio era stato l'accorgersi che quello ad essere atteso era proprio lui, perché, al suo arrivo, questi si erano guardati in viso come a dire "è lui" e quello a cavalcioni s'era alzato, e così anche l'altro che se ne stava appoggiato al muro; e ora i due procedevano minacciosi verso Don Abbondio.

Don Abbondio, continuando ad ascoltare il suo podcast cercò inutilmente di mostrarsi disinvolto. Prese il telefono e si mise a controllare i messaggi di whatsapp, alzò la voce per recitare la preghiera che stava ascoltando, e mentre procedeva tirava su talvolta gli occhi dal telefono per spiare le mosse dei due. Vedendoseli venire incontro fu all'improvviso assalito da mille pensieri, poi fece un rapido esame di coscienza e si chiese se tra lui e qualche potente ci fossero dei conti o debiti in sospeso, ma la propria coscienza lo rassicurò.

I maranza continuarono ad avvicinarsi sempre di più, Don Abbondio allora facendo finta di sistemarsi il colletto della tunica provò a controllare con la coda dell'occhio se ci fosse qualcun altro nei paraggi, ma non c'era né arrivava nessuno: da destra, da sinistra e nemmeno dietro di lui c'era anima viva. Che fare? Tornare indietro? Non c'era più tempo. Darsela a gambe? Equivaleva a dire "inseguitemi" o peggio!

Non potendo evitare il pericolo vi corse incontro, poiché tutti quei terribili pensieri nell'attesa dell'inevitabile erano troppo penosi per lui; allora prese coraggio, compose la sua espressione, e, recitando una preghiera a voce ancora più alta si trovò infine davanti ai due delinquenti. Si fermò.

«Uee, prete!», disse uno dei due con accento napoletano. «Cosa desidera?», rispose subito Don Abbondio.

«Lei ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino e Lucia mondella?»

«Cioè», rispose balbettando Don Abbondio, «cioè, sono brave persone. sapete bene come vanno queste faccende. Io povero prete non c'entro: fanno loro i pasticci e poi vengono da noi come se fossimo un banco per riscuotere, e noi siamo solo servitori del comune». «Ebbene!», gli disse il maranza all'orecchio in minaccioso tono di comando, «chistu matrimonio non s'adda fa' ne domani ne maje!».

«Ma ragazzi miei», disse Don Abbondio con voce mansueta, «ragazzi miei, mettetevi nei miei panni, se la cosa dipendesse da me non lo farei, ma vedete bene che io non ne ricavo nulla...».

«Statt' zitt'!», interruppe il maranza, «che se le cose le dovesse decidere lei ci ingannerebbe con tutti i suoi paroloni. Noi non vogliamo più saperne. capito prete?».

«Ma su ragazzi siate ragionevoli».

«Ma!», lo interruppe quello che non aveva ancora parlato, «ma, fra, statt' zitt' stu matrimonio nun se deve fa'...» (e qui una bestemmia) «o chi lo farà nun se pentirà, perché je mancherà pure o tiemp de pentirsi... ci intende?» (e qui un'altra bestemmia). «UEE, UAGLIÒ, STATT' ZITT' PURE TU!», lo riprese subito l'altro. «Il prete sembra di parola, sa che non gli faremo del male se è bravo a decidere...

«Perciò prete, il nostro bene amato padre di famiglia Don Rodrigo la ringrazia!». Quel nome fu per Don Abbondio come un fulmine a ciel sereno. Preso dal terrore fece un inchino e disse «se mi sapessero suggerire...».

«Seeee, suggerire a lei che c'ha na capa tanta», lo interruppe il maranza con un sorriso feroce, «...non si lasci sfuggire nessuna parola sul nostro avviso, per il suo bene. Ci intendiamo? Altrimenti te spacchiamo a' capa comm si avesse fatto chistu matrimonio!! Comunque... che vuole che diciamo a Don Rodrigo?». «Il mio rispetto», rispose timorosamente Don Abbondio.

«Si spieghi meglio», lo riprese il maranza.

«Disposto sempre all'ubbidienza», concluse Don Abbondio non avendo altra scelta.

Dopo aver pronunciato queste parole i due gli augurarono la buona notte. Don Abbondio avrebbe voluto continuare le trattative, ma i due si erano già incamminati con la cassa Bluetooth a tutto volume cantando una canzone Drill che non voglio riportare.

Don Abbondio restò ancora per un bel po' lì a bocca aperta, sconvolto da quell'incontro e dalla discussione avuta, poi riprese sconsolato la strada verso casa.

(Lorenzo Buziol - 3Asu)

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