Gelato

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CAPITOLO 1

Oggi è l’ultimo giorno di vacanza prima di iniziare la scuola superiore.

Mi sono svegliato verso le otto di mattina, mi sono seduto e ho sbadigliato.
Ero troppo stanco.
Le vacanze sono sempre troppo corte, specialmente dopo aver perso un intero mese, o quasi, a causa dell’esame di terza media -in cui tra l’altro ho preso un sette regalato-
Sono sceso dal letto dopo un paio di minuti spesi a fissare il vuoto.
“dove ho messo il telefono?” mi sono detto tra me e me mentre vagavo in giro per la stanza, cercandolo.

Appena l’ho trovato ho visto una notifica, era un messaggio di Mirko.
“Ti va di vederci oggi? Per parlare della scuola intendo”
Mi ritrovai a sorridere inconsciamente a quel messaggio mentre rispondevo, scrivere a Mirko era sempre piacevole dopo tutto.
“Ok, però paghi tu”
“Mirco, è la quarta volta”
“Giuro che ti ripago”
“Okkk”
“A che ora ci vediamo?”
“Io sono tipo fuori casa tua”
“Ah”

Sono corso a prepararmi, mettendomi addosso i primi jeans che ho trovato e sono corso a prendere una maglietta.
Ding

Era Mirko.

“No guarda, mi ha aperto Erica, sto entrando in camera tua”

Non feci nemmeno in tempo a dire di no che Mirco era entrato nella mia stanza.
Quello che si era ritrovato davanti ero io con addosso solo dei jeans e con in mano una t-shirt a caso.
Giuro che l’ho visto arrossire, lo giuro.
“A-Avrei dovuto bussare”
Richiuse la porta bruscamente e io avevo una voglia matta di sbattere la testa ripetutamente contro l’armadio, sperando di svegliarmi da questo incubo.

Alcuni minuti dopo sono uscito, stavolta vestito.
Ci è voluto più del previsto, avevo la strana voglia di vestirmi decentemente quando c’era lui e questo non accade mai.
Ho lasciato perdere i jeans e ho deciso di mettere dei normali pantaloni della tuta neri, per poi indossare una maglia nera larga -ovviamente non rubata a mia sorella- e mi sono messo una felpa bianca in vita, ho anche lasciato i capelli sciolti, non avevo né tempo né voglia di legarli.

Appena sono uscito ho visto Mirko davanti alla mia porta.
quando è cresciuto così tanto?! Cioè io sono diventato più alto ma non così tanto-
Aveva anche cambiato occhiali, ora erano neri e con la montatura fine.
Si era tagliato i capelli che adesso sembravano più ordinati.
Aveva una t-shirt bianca e leggermente larga e dei jeans neri che però stavolta non erano così attillati, indossava delle normali scarpe da ginnastica nere.

Mirko decise di interrompere il silenzio imbarazzante.
“Scusa ancora per prima comunque”
“No, no, fa niente, cioè non è che non l’avessi mai visto- NO! Intendevo che anche tu sei un maschio e-”

A interrompere la mia pietosa improvvisazione di una scusa è stata Erica.

“MIRCOOOO, HAI VISTO LA MIA MAGLIA NER-”

Lei guardava me, io guardavo lei, lei guardava Mirko, io guardavo lei.

“Ti ho detto che non le devi prendere le mie magliette!”
Erica ha camminato verso di noi, cercando di sembrare arrabbiata quando in realtà sappiamo tutti che non ne è capace.
“E io ti ho detto-”
“No, no, non me ne frega, limonate pure”
Erica ha sculettato via, lasciando me e Mirko in un nuovo silenzio imbarazzante.
Prima che potessi parlare e giustificare mia sorella è intervenuto Mirko.
“Tu… indossi le cose di tua sorella?”

Non avevo mai empatizzato così tanto con l’espressione “volevo sprofondare nel pavimento”.

“Noooo- è solo che avevo finito le magliette pulite”
“A me non sembra, ne avevi una diversa in mano quando sono entrato in camera”

Ok, fai il finto tonto, ti sei già umiliato abbastanza oggi

“Cos’è una camera?”

Non così tonto!

“Mirco, lascia perdere”

Mirko si mise a ridere prima di prendermi per il braccio, trascinandomi verso l’uscita

“Andiamo a prendere questo gelato prima che venga notte”

Mi misi velocemente le Converse, allacciandole di fretta per poi alzarmi e uscire dalla porta, seguendo Mirko.

Abbiamo iniziato a camminare per la strada che porta alla gelateria -ignorando mia sorella che urlava cose poco etiche sul nostro conto- ma, visto che vivo sul cucuzzolo di una montagna, la strada era tutta in discesa e io, da genio che sono, avevo allacciato le scarpe così male che si erano già slacciate.
Mirko non è nemmeno riuscito a notarlo che io stavo già rotolando giù per la strada dopo essermi inciampato.
Mirk è corso verso di me.
“Tutto bene?”
Stranamente mi era venuta voglia di fingere di essermi rotto di tutto solo per poter essere- no, ok.
“Si, si, tutto bene”
Mi sono rialzato velocemente e mi sono ri-allacciato le scarpe, stavolta in modo decente.
Senza troppi intoppi siamo arrivati alla gelateria.

“Quindi? Tu cosa prendi, Mirco?”
Guardai i vari gusti disponibili e decisi di prendere quello che prendevo sempre, cioccolato.

Io e Mirko abbiamo preso i nostri coni e abbiamo iniziato a camminare verso il parco, andavamo sempre lì a mangiare o a giocare a pallone insieme.
Ci siamo seduti a terra.

“Mirko, senti, tu come ci vai all’ITIS?”
“In che senso?”
“Auto, pullman.. jet privato..”
“Aaah, mi porta mia madre, perché?”
“Perché.. Diciamo che io non ho il passaggio e mi chiedevo se avessi potuto portarmi tu”
“Quindi oltre al cibo vuoi scroccarmi anche i passaggi?”
"Per Favore?"
“Sei impossibile”
Sfoderai il mio miglio pianto assolutamente non finto
“Eddaiiii, ti pregoooo, non abbiamo soldi, i miei sono divorziati e sono poveri da fare schifoooo”
Mirko mi ha tappato la bocca, devo smetterla di ripensarci.
“Va bene, va bene, chiederò a mia madre, basta che la pianti”
“Grazie, fatti dare un bacetto”
Finsi di baciarlo sulla guancia e lui mi spinse via ridendo, siamo scoppiati entrambi in una risata isterica.

Alcuni minuti passano, avevamo deciso di fare una partita di calcio con gli altri ragazzi che, non si sa come, erano sempre al parco per giocare, ogni giorno, tutto il giorno.

La partita non è stata niente di speciale però è stato un buon modo per passare la mattina.

Verso l’ora di pranzo io dovevo tornare a casa.

“Mirko, io devo andare, ci vediamo domani a scuola”

Mi stavo incamminando verso casa quando ho sentito qualcuno prendermi la mano.

“Aspetta”

Mi sono girato, era diventato tutto stranamente più caldo.

“Cosa c’è?”
“Tu.. hai..”
“Io?”

Ho visto Mirko deglutire e giuro che era arrossito, lo giuro, per la quarta volta ma stavolta è vero.

“Hai dimenticato una cosa”

Una parte di me, più nello specifico quella che era sempre stata costretta a guardare orrendi film romantici con mia sorella, sperava che quella sarebbe stata una metafora e che avrebbe significato qualcosa di più profondo.

E invece.

“Hai dimenticato la felpa”

Mirko mi diede la felpa che avevo lasciato sulla staccionata del campetto, tutte le mie speranze di una scena “romantica” tra di noi sono sparite.

Aspetta.

Scena romantica?

The MirckosWhere stories live. Discover now