Capitolo 1.

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Athena

Tutti abbiamo aspettative altissime sul futuro quando siamo bambini.
'Non vedo l'ora di diventare grande' .

Tipica frase che ognuno di noi ha detto almeno una volta nella vita, per esempio quando non ci acquistavano una bambola che la nostra amica teneva con cura.

Poi però cresciamo, iniziamo a vedere il mondo con occhi diversi e iniziamo a renderci conto di ciò che ci toccherà affrontare da 'grandi'.

A quel punto tutti vorremmo rimanere adolescenti nonostante i mille complessi e problemi dovuti alla tenera età.

Infine poi diventiamo adulti davvero, e tutte le nostre aspettative infantili vengono buttate giù e le consapevolezze da adolescente iniziano a prendere mano mano forma.

Non è decisamente questa la vita che avrei scelto per me, perché mi sarebbe molto piaciuto essere una psicologa.

Si sa però che tutto può capitare per caso, così come niente. Ed ecco ciò che mi è rimasto dopo quel giorno: niente.

Esattamente all'età di sei anni, ero dalla nonna a cucinare un dolce speciale per mamma e papà. Avevo dormito a casa sua quel giorno perché mi mancava preparare dolci con lei.

Inoltre era domenica, perciò sarei dovuta andarci a mangiare lo stesso. Dunque il sabato sera ero rimasta per darle una mano a preparare tutto il giorno seguente. Ero così felice che diventai contagiosa.

Mentre stavamo cucinando arriva una chiamata alla nonna, pensava fosse un numero spam, le solite lavatrici al cinquanta percento di sconto. Ma il suo sesto senso gli disse di rispondere: era l'ospedale, ma questo io ancora non lo sapevo.

Mamma e papà erano stati le vittime di un grave incidente, ferite troppo gravi, erano praticamente morti. Neanche un miracolo li avrebbe più salvati.

Lei non mi disse niente nella speranza che in ospedale avrebbero potuto recuperare l'irrecuperabile, intanto una marea di lacrime scendevano dal suo viso.

Le chiesi il motivo delle sue lacrime, ma rispose che era contenta di vedermi cucinare insieme a lei e che stavo imparando bene. Scuse per tenermi lontana dalla verità logicamente.

Inventò poi un'altra scusa per dirmi che non sarebbero potuti venire a pranzo, e io da bambina di cinque anni le credevo. Nella mia testa immaginavo già la furia del nonno nel sapere quella notizia.

Quel giorno però mangiammo solo noi, persino il nonno non si era presentato a pranzo, evento più unico che raro dal momento che era sempre stato molto chiaro e coinciso sulle regole della domenica.

Alle tredici in punto tutti dovevano essere seduti a tavola per pranzare, non tollerava nemmeno un minuto di ritardo.

La sera, quando tornò a casa, era ormai notte tarda. Io facevo finta di dormire, così origliai tutta la conversazione tra lui e la nonna.

Non ero una spiona, ma sembrava tutto così strano.

E poi la verità mi venne sbattuta in faccia senza pietà: miei genitori erano morti, non c'è stato più niente da fare. Potevo sentire i singhiozzi della nonna diventare urla disperate, non si curò del fatto che qualche camera più avanti c'ero io che dormivo, come biasimarla.

Souls On Fire Where stories live. Discover now