Infilai la giacca ed il borsone e con una sigaretta in bocca aspettai il ricciolo davanti alla porta, sul patio insieme a Ayle e Giovanni.
"Guardavo Gaia e faceva una cosa, guardavo Nicholas e ne faceva un'altra" si lamentò con quel suo tono barese e quella sua comicità innata facendomi ridere.
Non era proprio l'occasione adatta per ridergli in faccia dato che si stava lamentando di un compito che la Celentano aveva dato a tutti i ballerini ma mi faceva scassare.
"Beh Bro guarda Gaia, non Nicholas" l'accento toscano del biondino Ayle mi piaceva molto, insieme alla sua cazzimma naturale che lo portava a discutere spesso.
Io e lui non avevamo mai litigato rispetto a nulla ma lui è Joseph ogni tre per due stavano a rimbeccarsi per le pulizie e perché il mio amico non accettava che le persone gli dicessero cosa fare.
Peccato che se non glielo dicevano, lui non faceva niente.
Inspirai dalla mia sigaretta e oltre la cornice bianca della porta, attraverso il vetro vidi Mida con il giaccone stile squadra di football americana, con gli inserti arancioni sulla spalla.
Gli stava bene qualsiasi cosa.
Io ne avevo una bianca e marrone, che mi aveva regalato mio fratello, e sembravo l'omino michelin.
Christian aprì la porta e rimase sulla soglia con le sue sneaker bianche, "Andiamo?"
Rimasi mezzo secondo imbabolata a fissarlo, "Andiamo."

Iniziai a camminare al suo fianco sulla ghiaia con la sigaretta un po' appolaita tra le dita un po' tra le mie labbra.
C'era una bella giornata, tanto sole e un cielo azzurrissimo.
La ghiaia sotto alle suole delle mie dottor martens creava un suono molto gradevole per le mie orecchie, molto meno il rumore creato dal raccordo e dalle macchine bloccate nel traffico poco più avanti degli studios Elios.
"Passami la tua sigaretta, egoista."
Mi voltai verso Mida che aveva già lo sguardo su di me e le mani nelle tasche del giaccone.
Io mi tirai su la zip della giacca fin sotto al mento e inspirai dalla mia sigaretta, per poi alzare il dito medio verso di lui e sbuffargli addosso.
"Sei proprio una bimbetta" mi redarguì divertito.
"Abbiamo la stessa età" gli ricordai passandogli la sigaretta che prese velocemente fra le sue dita lunghe e affusolate.
Sfiorò le mie leggermente, facendomi rabbrividire.
Che cazzo mi stava succedendo?
Infilò la sigaretta fra le labbra carnose e rosse guardandomi dritta nei miei occhi castani.
I suoi erano sempre più chiari dei miei.
Inspirò intrappolando la sigaretta fra le labbra e non riuscì a guardare da nessuna parte se non lì.
Scossi la testa, mi diedi uno schiaffo virtuale e ripresi a guardare dritto davanti a me.
Certe volte ripensavo a quello che era successo e ancora mi sentivo ferita, altre volte non me ne fregava proprio nulla, altre ancora sentivo una...pulsione nei suoi riguardi ed onestamente avrei voluto esportarmi via chirurgicamente le farfalle che mi faceva venire, purtroppo non solo nello stomaco.

La sigaretta tornò davanti alla mia faccia quando arrivammo davanti al portone antipanico degli studios.
Diedi l'ultimo tiro e mi allungai per spegnerla nel portacenere all'angolo, fra la rete verde che ci separava da un campo e dalle strade e l'edificio grigio che erano gli studi.
Tornai saltellando da Christian che senza pensarci mi mise il braccio intorno alle spalle e con me di fianco aprì la porta.
Entrai, protetta dal suo corpo, e fui colpita dalle luci, dal pavimento a parquet e dai muri giallognoli.
"Che fai?" Gli domandai confusa, un cipiglio di puro stordimento sul mio viso appena truccato.
"Ho sbagliato con te. Mi spiace e voglio farti capire che ci tengo, voglio che rimaniamo amici, ok? Amici ad amici."
Guardai in basso e scoppiai a ridere. Che stupido.
La sua mano penzolava giù dalla mia spalla e camminando come due soldatini allo stesso passo, andammo nell'aula tre, in cui a quell'ora non c'era nessuno.

Entrai e poggiai borsa e giacca sopra al divanetto bordeaux contro al muro subito di fianco alla porta blu e Mida fece lo stesso.

Quella stanza di registrazione era piuttosto piccola e veniva usata più che altro da noi concorrenti per preparare le nostre cose, dargli l'ultimo sguardo o gli ultimi cambi.
Come tutte le stanze, era gialla, con una scrivania marrone con sopra vari computer, mixer e strumenti per la produzione e post produzione.
C'erano tre sgabelli alti, un paio di microfoni ed un leggio vuoto in mezzo alla stanza.
Nessuna finestra, non si poteva averla in uno studio di registrazione ma l'assenza di aperture sul mondo e la ristrettezza di quella stanza mi facevano sempre boccheggiare per avere più aria.
Sopra alla porta, nell'angolo destro c'era una telecamera che puntava proprio su di noi.
Mentre io ero ferma in mezzo alla stanza, con I piedi sopra al solito parquet e lo sguardo fisso nell'obiettivo della camera, Mida aveva già preso posto dietro alla scrivania e spulciava cose con le sue dita lunghe.

Paris Latino - Mida Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz