Dopo la doccia mi infilai direttamente il pigiama grigio con sopra stampati i carlini rosa che mi aveva regalato mia madre per lo scorso natale e un po' mi abbracciai da sola pensando al natale che avrei affrontato quell'anno: senza mia mamma, mio fratello e sopratutto il mio cane che mi mancava come l'aria.
Ogni volta che mi sedevo lì in casetta, nessun canetto veniva a rannichiarsi di fianco alle mie gambe e un po' mi veniva da piangere per la mancanza.
Era la mia ombra sculettante e sempre carica a molla.

Mi trascinai fino alla cucina.
Non toccava a me né a cucinare né a pulire ma avrei potuto prendere il cellulare solo alle otto, non avevo molto da fare e provare i pezzi era l'ultima cosa di cui avevo voglia.
Mi sedetti ad uno sgabello di fronte all'isola nera della cucina e osservai Angela e Giovanni preparare da mangiare nonostante lui avesse sempre affermato di non esserne in grado.

Giovanni mi faceva ridere, era molto allegro ma allo stesso tempo pareva serio ogni volta che diceva qualcosa con quel suo accento e quella serietà lo rendeva ancor più comico, un po' come l'intero spirito dissociato di Holden che era il mio entertaiment quotidiano.
Giovanni ascoltava gli ordini di Angela che si muoveva in quella cucina come se fosse quella di casa sua.
Io ed Angela non eravamo mai andate troppo d'accordo.
Lei urlava spesso e alla mattina la sua voce spessa era l'ultima cosa che volevo sentire.
Si imbestialiva per delle cose a cui si poteva trovare facilmente rimedio e forse non mi piaceva poi molto perché certe volte mi ricordava me ma era una persona forte e piuttosto definita e questo l'apprezzavo molto.

Quando sentì la porta aprirsi e far entrare il freddo di novembre mi voltai.
Sul viso si dipinse automaticamente un sorrisone nel vedere Holden che entrando di scuoteva per togliersi di dosso il freddo nemmeno troppo pungente.
"Finito?"
Lui alzò gli occhi senza spirito verso di me, "finito" affermò.
"Faccio una doccia e ti raggiungo."
Girai sullo sgabello per seguire il suo corpo muoversi, "ricordati di mettere a posto la camera" aveva già preso un provvedimento per il suo disordine ci mancava solo che me lo eliminavano, a quel punto probabilmente sarei uscita insieme a lui.
Non avrei sopportato far quel percorso senza la sua presenza.
"Okay mamma" ridacchiò.

"Come cazzo sei vestita" Mida si palesò in cucina, infilandosi fra Giovanni e Angela per raggiungere il frigorifero.
Non mi guardò neanche mezzo secondo ma non avevo dubbi che ce l'avesse con me.
"Vatti a cambiare o non riesco a digerire poi."
Nel suo tono non c'era un accenno di divertimento, di presa in giro o leggerezza che avrebbe dovuto farmi capire che stesse scherzando, avevo trovato solo una durezza e una serietà a cui non trovavo spiegazione.
"Ti sei alzato anche tu con il culo scoperto?"
Si versò dell'acqua nel bicchiere, non mi guardò mai neanche per mezzo secondo nonostante fosse esattamente di fronte a me.
Bevve un sorso, portò il bicchiere con sé verso il tavolo e non mi degnò neanche dell'attenzione per una risposta.
Pensava che non me la meritassi.

Tutta la cena la passai in modo strano, la gente parlava ma non riuscivo a seguire nessun discorso in particolare per qualche motivo mi trovavo sempre a pensare allo scambio avuto prima con Mida, se scambio si poteva definire dato che mi aveva offesa e poi se ne era andato.
Eravamo quasi diventati amici, mi aveva aiutato e io ieri per l'ennesima volta probabilmente l'avevo trattato peggio di quello che avrei voluto.
Io mi trovavo alle strette e non sapevo neanche perché e poi allontanavo la gente.
Era chiaro che non stava a lui stare dietro ai miei sbalzi d'umore ma non sopportavo quando la gente mi opprimeva di domande per cercare di capire non so neanche cosa, forse me? O forse volevano solo avermi in pugno. Non ne avevo idea ma mi faceva sentire senza aria e in quelle situazioni io non riuscivo a riflettere bene, dovevo solo trovare un modo per trovare aria, a costo di fare stare male qualcun altro.

Finì di mangiare e decisi che era arrivato il momento di ricambiare il gesto cortese di Christian quando mi aveva aiutato con la canzone.
Non sapevo se lo stavo facendo perché ero davvero dispiaciuta di averlo, forse, trattato non troppo con i guanti o se mi sentivo in colpa perché avevo solo ricevuto ma in ogni caso mi ritrovai diretta verso la stanza rossa.
La porta era aperta perciò entrai, c'era solo Matthew disteso sul letto con gli auricolari che gli sparavano nelle orecchie una strumentale che riuscivo a sentire perfino io.
Lui si tolse una cuffia ed alzò un po' la testa dal cuscino.
"Mida?" Domandai.
"Credo sia nel retro."
Lo ringraziai, superai la lavanderia ed andai alla porta sul retro sperando vivamente di beccarlo da solo, non faceva differenza con chi mi bastava che non ci fosse nessun altro a parte lui.
Non ero in grado di fare discorsi se circondata da troppi occhi.

Paris Latino - Mida Where stories live. Discover now