Il dialogo

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Scrivete un dialogo a due/tre persone

La legge di Murphy dice:
"se qualcosa può andare storto, lo farà.".
Certo.
Ma non così.
Quel giorno sembrava un giorno come tutti gli altri, da caffè e cornetto al bar, da lavoro dietro alla scrivania, da serie televisiva sul divano: un giorno qualsiasi.
Dopo aver fatto colazione al solito bar, Rodolfo si diresse verso l'ufficio un'ora prima dell'apertura come al suo solito.
L'abitudine di recarsi prima a lavorare l'aveva ereditata da suo padre, un uomo burbero e corrosivo, un lavoratore instancabile .
A Rodolfo riecheggiava in testa ogni giorno la frase che suo padre diceva sempre uscendo di casa al mattino:

Un uomo senza il suo lavoro non è niente.

Una frase schietta, tronca, spigolosa, esattamente come lui.
Con l'andare degli anni, quel concetto lo condizionò permanentemente e ne determinò le scelte di vita, le attitudini e perfino le relazioni sentimentali.
Si ritrovò così a essere un uomo rigido, intimamente frustrato, con la necessità di controllare ogni dettaglio per non crollare sotto il peso della sua stessa impalcatura.
Come tutti i giorni varcò la porta di sicurezza dell'ufficio in cui lavorava salutando la guardia giurata e si diresse verso l'ascensore che arrivò poco dopo averlo chiamato con il pulsante.
Piano 4.
Le porte si richiusero dietro di lui e l'ascensore iniziò a salire.
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Al terzo piano però un fragoroso rumore metallico annunciò l'arresto della corsa.
Quella macchina infernale si era bloccata.
Dopo il primo istante di panico immobilizzante, Rodolfo iniziò a premere in modo convulso il tasto a forma di campanella alla sua destra, esattamente come indicato sul foglio alla sua sinistra.
Nessuna risposta.
A quel punto l'agitazione in lui iniziò a crescere.
"C'è nessuno!?"
Nessuna risposta.
"C'è nessuno?!"
Urlò più forte battendo i pugni sulla porta chiusa.
Dall'interfono sotto al pulsante d'emergenza gracchiò una voce metallica.
"Qual è la natura del problema?"
"Sono rimasto chiuso nell'ascensore!"
"Quale ascensore? Può indicare il numero di matricola, signore?"
"Dove lo trovo il numero di matricola!?"
"Davanti alla placca dei pulsanti, signore!"
"257986, ora mi tirate fuori per favore?!"
"Inviamo la richiesta, cerchi di rimanere calmo!"
Dall'interfono fuoriuscì distorta una melodia gioiosa e rilassata, ma Rodolfo non si sentiva né l'uno né l'altro.
Stette in ascolto molto attentamente in attesa di qualche rumore fuori dall'ascensore, sperando di scorgere qualsiasi segno di presenza umana.
Finalmente un rumore attirò la sua attenzione: dei passi leggeri e veloci.
"C'è qualcuno là fuori?!" Urlò Rodolfo in direzione della porta chiusa. "Ho sentito dei passi!"
"Chi c'è lì dentro?" Chiese la voce femminile aldilà della porta di metallo chiusa.
"Sono Rodolfo Nanni! Il Contabile del quarto piano!"
"Chi!?" Ribatté la voce
"Rodolfo!"
"Non conosco nessun Rodolfo!" Sbottó lei.
"Chiami aiuto!"
"Io non la conosco, non chiamo proprio nessuno!"
Rodolfo prese il telefono cellulare dalla tasca ma il segnale era a zero.
"Signora non posso chiamare nessuno! Il mio cellulare non ha segnale! Per favore chiami qualcuno!"
"Se non si fa riconoscere io la lascio lì dentro!"
Rodolfo si passò entrambe le mani tra i capelli.
"Come faccio a farmi riconoscere!?"
"Per esempio mi dica, quanti anni ha?"
"47! Questo cosa c'entra!?"
"Quanto è alto!?"
"Un metro e settantacinque! Come fa a riconoscermi grazie a queste informazioni!?"
"Ha gli occhi scuri per caso!?"
Rodolfo sbuffò. "Li ho scuri, si!"
"No, non conosco nessun Rodolfo del quarto piano!" Esclamò lei "Come ha fatto a finire lì dentro, signor Nanni?!"
"Secondo lei come ho fatto, signora!?"
"Senta signor Nanni, io non la conosco però mi sembra un tipo per bene."
"Ora che lo ha appurato può chiamare rinforzi, signora... signora..."
"Lotti! Ada Lotti!"
"Ecco, signora Lotti per favore chiami i qualcuno!"
"Ma io non ho un cellulare signor Nanni!"
Rodolfo a stento contenne la rabbia.
La musica era incessante e iniziava a diventare fastidiosa.
"Signora Lotti mi ascolti, al piano terra c'è Filippo la guardia giurata, per favore lo avverta"
"Come faccio ad andare al piano terra se l'ascensore è bloccato con lei dentro?"
"Con le scale!"
"E poi come risalgo!? Inizio ad avere una certa età, sa!"
Rodolfo si sedette sconsolato sul pavimento dell'ascensore.
In quel momento l'interfono gracchiò nuovamente.
"È ancora lì signore?"
"E dove dovrei essere, scusi?"
"Le autorità sono state avvisate e arriveranno tra circa un'ora"
"Un'ora!?"
"Non riescono prima, signore..." rispose la voce nell'interfono "cerchi di stare calmo!"
Rodolfo imprecò.
"Tutto bene lì dentro?" Chiese Ada da dietro alla porta.
"A meraviglia!" Ironizzò Rodolfo.
"Ha mai fatto Yoga signor Nanni? Serve molto in momenti come questo!"
Rodolfo, allo stremo dei nervi scattò in piedi facendo vacillare l'ascensore.
"Non me ne frega un cazzo dello yoga! Io voglio uscire di qui! Chiami qualcuno del suo piano, faccia qualcosa, santiddio!"
"Non c'è nessuno al mio piano! È ancora presto! Nessuno arriverà prima di un'ora, io sono qui a pulire!"
Rodolfo si sentì avvampare. Non capiva se la signora delle pulizie lo stesse prendendo in giro o se fosse solo ottusa.
A pensarci bene però, neanche lui si ricordava di una signora delle pulizie che si chiamasse Ada Lotti.
Iniziò a sospettare che non fosse la signora delle pulizie che lei diceva di essere e questo pensiero lo fece rabbrividire.
Cercò di scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione di essere stato raggirato da una sconosciuta, cercando nella sua mente dati oggettivi che lo tranquillizzassero.
Prima di tutto Filippo, la guardia giurata all'ingresso. Non avrebbe mai fatto entrare una sconosciuta oltretutto se sprovvista di badge di riconoscimento.
Immediatamente dopo però un pensiero lo fulminò: delle pulizie nello stabile se ne occupava una ditta esterna con molti addetti. Filippo può aver pensato ad una collaboratrice con un badge provvisorio. In questo modo è facile eludere la sorveglianza.
Potenzialmente potrebbe aver lasciato entrare una terrorista.
Il panico gli strozzò la gola.
Iniziò riflettere sui dati che aveva a disposizione: un ascensore nuovo appena revisionato che si blocca misteriosamente.
La voce che esce dall'interfono che lo intima di stare calmo ma che lo stordisce con musiche ripetitive e alteranti.
Il pronto intervento che tarda ad arrivare.
Si sentì un topo in trappola. Tutto era stato congegnato per chiuderlo lì dentro, ma perché?
Iniziò a camminare su se stesso nel metro quadro di spazio che aveva a disposizione.
Ripensò alla sua posizione lavorativa: era solo un misero contabile, il suo stipendio era nella norma, la sua vita metodica e anonima, uguale a molte altre. Non custodiva segreti, non analizzava dati sensibili: semplicemente compilava 730.
Senza rendersene conto stava girando su se stesso ancora più velocemente, l'ascensore vacillava ad ogni passo che faceva.
"Signor Nanni?" Ada interruppe i suoi pensieri  "si sente bene?"
Rodolfo si bloccò di colpo.
Sentì il cuore saltare un battito.
"Sì, certamente. Sto benissimo!" Mentì.
"Ha premuto il tasto d'emergenza?"
Come faceva a sapere del tasto d'emergenza?
Tutti gli ascensori hanno un tasto d'emergenza, idiota.
Ah già.
"Si! L'ho premuto!"
"Che hanno detto?"
Rodolfo iniziò a sudare freddo.
"Arrivano tra poco!" Mentì nuovamente. Non sapeva nemmeno se sarebbe arrivato qualcuno a tirarlo fuori da lì. Poteva contare solo sui suoi colleghi che sarebbero arrivati entro un'ora.
"Devo rimanere a farle compagnia?"
La domanda lo spiazzò come se gli avessero chiesto di risolvere un quesito matematico.
A quel punto aveva solo due alternative: tenere vicino a sé una potenziale terrorista aspettando che lo facesse fuori in qualche modo, salvando così tutto l'ufficio, oppure lasciarla andare libera di compiere i suoi scopi sacrificando vite innocenti.
Morte certa in entrambi i casi.
Cercò di scacciare il pensiero nefasto che gli occupava la mente ma fu impossibile.
L'alternativa era tenerla lì fino all'arrivo dei soccorsi, ma come fare a tener ferma una persona per un'ora davanti a un ascensore chiuso?
Fingere un malore.
Perfettamente inutile.
Ha detto chiaramente che non vuole chiamare i soccorsi. Un malore farebbe solo il suo gioco.
"Signor Nanni?" Incalzò lei.
"Signora Lotti aspetti solo un secondo!" Le parole gli uscirono di getto dalla bocca. Doveva riflettere per trovare una soluzione, ma il cervello era bloccato.
Si rese conto di essere spacciato.
Guardò il proprio orologio al polso sinistro:mancavano ancora quarantacinque minuti prima di vedere anima viva.
Rodolfo non sapeva cosa dire alla persona davanti alle porte dell'ascensore, temeva di sbagliare le parole e creare così un disastro.
"Signor Nanni se il soccorso sta arrivando non ha bisogno che stia qui..." disse Ada interrompendo il silenzio "ho tante faccende da sbrigare..."
Rodolfo si allarmò.
Di quali faccende avrebbe dovuto occuparsi?
"Signora Lotti non credo che arriveranno presto... magari nel frattempo potrebbe raccontarmi un po' di sé! Che ne dice?"
Nessuna risposta.
Dall'altra parte della porta d'acciaio Rodolfo avvertì il silenzio del disagio.
"Dovrei raccontarle di me? Perché?"
"Per passare il tempo!"
Da quel silenzio Rodolfo intuì di aver fatto centro, di aver toccato un tasto dolente.
Immaginava il cuore di Ada accelerare i battiti e il respiro farsi più pesante.
Ti ho beccata, maledetta terrorista!
Rodolfo si sentiva ora in una posizione di forza. Aveva beccato sul fatto una terrorista sul punto di farlo fuori.
Non solo: l'aveva anche messa in crisi con la sua domanda.
"Non c'è molto da dire, signor Nanni" disse con un filo di voce "ho lavorato una vita come signora delle pulizie. Ora ho settant'anni, due figli e due nipotini bellissimi che sono la mia gioia, ma che purtroppo vedo poco. Continuo a lavorare perché mio marito... beh." Tirò su con il naso e tutto d'un fiato continuò il racconto. "Mio marito è in pensione perché lavorando in fabbrica ebbe un incidente... ma con solo la sua pensione non andiamo avanti, quindi sono qui..."
Questa volta fu il turno di Rodolfo a tacere.
Non sapeva cosa dire davanti a quello che gli era appena stato rivelato. La donna aveva mantenuto una compostezza invidiabile nel raccontare in poche parole tutto ciò che le era capitato.
Rodolfo volle sprofondare, tutte le sue paranoie, tutti i suoi timori, dissolti nel nulla.
"Signor Nanni" disse Ada con voce materna "Mi spiace di non poterla aiutare più di così..."
Rodolfo aprì la bocca più volte nell'intento di proferire parola, ma non riuscì.
"Non si perda d'animo signor Nanni, arriveranno presto a tirarla fuori..."
"Grazie mille signora Lotti..."
Sei un deficiente.
"Con permesso signor Nanni... andrei a finire il mio lavoro. Purtroppo non mi è permesso attardarmi. Ho orari molto stretti"
Rodolfo si sentì avvampare.
Si vergognò di se stesso, di ciò che la reclusione lo aveva portato a pensare.
Ma come hai fatto a pensare che fosse una terrorista!?
"Buona fortuna signora Lotti" disse soltanto con una voce provenuta dal cuore.
"Buona fortuna a lei signor Nanni"
Rodolfo sentì i passi di Ada allontanarsi.
Rimase solo con i suoi pensieri.
Non era più agitato o preoccupato, si sentiva solo immensamente stanco e afflitto.
Dal fondo dell'ascensore, senza che avesse percepito lo scorrere del tempo, avvertì delle voci ovattate provenire dalle scale, finalmente erano arrivati i soccorsi.
Ci volle mezz'ora prima di riuscire a tirarlo fuori.
Rodolfo si ritrovò a scendere le scale velocemente, come se avesse qualcuno alle costole, attraversò l'ingresso e corse in strada a respirare a pieni polmoni un po' d'aria fresca.
Si sedette su uno scalino poco lontano e osservò entrare nell'edificio i suoi colleghi, uno dopo l'altro.
Assaporò quel momento di libertà come se fosse l'ultimo.
Ripensò ad Ada, alla libertà che lei non aveva mai avuto e si commosse, provato da quell'esperienza.
Dopo circa mezz'ora si rialzò spolverandosi i pantaloni e varcò nuovamente l'ingresso.
All'interno trovò una catastrofe.
Persone che correvano, altre che urlavano.
Filippo, la guardia giurata con il cappello in mano che cercava le parole per scusarsi con un dirigente.
L'intero ufficio era piombato in un caos surreale.
"Rodolfo è successo un casino" gli venne incontro Anna, una collega del terzo piano.
"Cos'è successo?" Le chiese frastornato.
"Hanno rubato tutto! Non ci sono più computer, tutti gli armadietti aperti, tutto sparito! È una perdita enorme!"
Rodolfo sentì il sangue scendere sotto ai piedi.
La testa iniziò a girare ed ebbe un mancamento.
Anna lo sorresse appena prima di cadere al suolo.
"Anna" le strinse forte un braccio "hai mai conosciuto Ada Lotti? È una signora che lavora qui, fa le pulizie..."
"Ada Lotti" Anna cercò nei meandri della mente "Non mi dice niente..."
Rodolfo sentì il nervosismo avvinghiargli la spina dorsale.
"Entra un'ora prima dell'apertura e pulisce gli uffici..."
Anna scosse il capo.
"Rodolfo, ma cosa stai dicendo? Le pulizie vengono fatte a chiusura, dopo le sette!"
Rodolfo avvampò.
Sei stato fregato.
Nuove forze gli mossero le gambe, si lanciò verso le scale.
A grandi falcate si diresse verso il quarto piano e poi subito alla sua scrivania dove trovò un biglietto scritto in bella grafia:

"Mi dispiace aver bloccato l'ascensore con lei dentro, ma non potevo permettere che mi scoprisse.

Grazie della bella chiacchierata signor Nanni, mi ha fatto piacere conoscerla.

Con amicizia,

Ada Lotti"

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