Prologo

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Roman

Julia mi sta guardando desiderosa mentre le sto facendo il miglior lavoretto della sua vita. Vorrebbe continuassi, vorrebbe che mi spogliassi, ma non lo faccio. Mi sono stancato e, tra pochi minuti, cominceranno le lezioni, dunque non vorrei arrivare in ritardo. Il prof Ortega me l'ha detto: "Diáz, se arriverai ancora una volta in ritardo, contatteremo i tuoi genitori", e di sicuro ciò che non voglio è che venga disturbato mio padre per questa sciocchezza, ha cose più importanti a cui pensare che ai miei ritardi per del sesso occasionale con Julia.

«Adesso devo andare.» Noto il suo sguardo incuriosito. Fa per aprire la bocca, poi ci ripensa. Sembra che abbia spesso paura di dire quello che pensa.

«Devi proprio? Non puoi entrare a seconda ora?»

Scuoto la testa e faccio di no, poi le accarezzo il viso e con molta nonchalance le stampo un bacio sulle labbra, di quelli che si ricorderà per le ore a seguire, assaporando il momento in cui le concederò altri momenti così intensi – almeno per lei. Io comincio ad annoiarmi di questa ragazza, ho bisogno di nuove sensazioni.

«Non posso, c'è quella stronza della mia sorellina che andrebbe a raccontare a mio padre che non sono entrato a scuola. Non mi pare il caso»

«È proprio una stronza Beatriz» mi dà corda mettendo il broncio, poi incrocia le braccia.

«Non preoccuparti, tesoruccio, ci vediamo presto... tu nel frattempo pensa a tutto quello che ti ho fatto oggi quando sei sola con te stessa» mi avvicino e le accarezzo il viso col mio alito caldo. I suoi occhi si accendono di lussuria. Vado per andarmene, ci ripenso e torno indietro, la inchiodo al muro e le dico: «Per quanto riguarda Beatriz: posso permettermi solamente io di darle della stronza!» chiarisco. Non voglio assolutamente che lei si permetta di farlo.

Questa volta le do le spalle e la lascio lì a rimuginare. Mi accorgo solo quando esco dal bagno che manca ancora un bel po' all'inizio delle lezioni e che quindi avrei potuto continuare a divertirmi con Julia, ma la verità e che mi ero un po' stufato. Prendo il telefono, decido di organizzare una delle solite feste in compagnia dei miei amici, nel frattempo cammino senza guardare davanti a me e mi fermo solo quando sento un gemito strozzato provenire dalla stanza del prof Ortega. Un sorriso sfacciato si fa largo sulle mie labbra, ridacchio divertito e so che sarebbe il caso di farmi i fatti miei, ma ci vedo qualcosa di losco in tutto questo e vorrei poterlo avere in pugno, così che non mi rompa più le scatole per i ritardi. Socchiudo di poco la porta in cui ho sentito i lamenti, faccio attenzione a non far rumore e quando sbircio con lo sguardo, mi gelo nello scorgere qualcuno che conosco fin troppo bene. Deglutisco fiotti di saliva e una stilettata in pieno petto mi pervade, è gelosia e rabbia quella che sento. Rimango qualche altro minuto per capire se è davvero reale quello che sto vedendo e, quando vedo che le stampa un bacio sulle labbra, stringo le mani in due pugni e mi vien voglia di spaccare la faccia a quel pervertito. Lo ucciderei con le mie mani, in questo momento.

Me ne vado furioso e quando esco dalla scuola, una folla di studenti sta entrando in classe, nel frattempo cerco di riprendere aria.

«Ehi, Roman, tutto a posto?» alzo lo sguardo e la mia amica dai capelli corvini mi sta osservando con un cipiglio preoccupato. Stringo la mandibola e cerco il contegno che mi serve per cancellare ciò che ho appena visto in quella stanza.

Annuisco, per fortuna torna il mio buon senso e un sorriso sfacciato mi sfiora le labbra.

«Si, cuoricino, va tutto bene. Mi mancava solo un po' l'aria in quella scuola»

Ana mi guarda e sorride, non se l'è bevuta, la conosco: è molto furba e sa vedere chiaramente quando c'è odore di gossip. Non mi lascerà in pace finché non scoprirà ciò che è successo in quella scuola.

Afterglow (Completa)Where stories live. Discover now