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In tutta franchezza, non capiva cosa fosse successo.

Ed era colpa sua, a quanto pareva.

La colpa era sempre sua, dalla finestra del bagno lasciata chiusa dopo la doccia all'allineamento dei pianeti sbagliato. Perché, ovviamente, decideva lui se Saturno del cazzo aveva scelto di parcheggiarsi 10° più a ovest invece di stare in culo a Giove come avrebbe dovuto. Naturale.

Veniva accusato anche dell'allargamento del buco dell'ozono, a volte.

Aveva pensato che fosse la lacca il problema, ma dubitava ampiamente che lo spruzzo scarso che utilizzava sporadicamente fosse l'ago della bilancia tra la vita e la morte del pianeta. Non quando lui si dava da fare con così tanti dispositivi di igienizzazione da sembrare in tutto e per tutto un centro di ritiro e smaltimento della plastica.

In tutta sincerità, non sapeva se la plastica e il buco dell'ozono fossero correlati in qualche maniera, ma era sicurissimo che al mare non facesse un granché bene nessuno dei due.

Quindi, erano un mucchio di cazzate.

Soprattutto quella per cui si stava sorbendo insulti da circa mezz'ora.

"Omi, non lo so perché il detergente per il viso non era al solito posto." Spiegò per l'ennesima volta, il tono lamentoso di frustrazione repressa e gli occhi alzati al cielo in una muta richiesta di aiuto, braccia spalancate per evidenziare l'esaurimento della sua – già scarsa - pazienza. "Non lo so, ok? Non lo so!"

"Lo sai, bastardo." Sibilò Sakusa, il viso bagnato e roseo dai mille risciacqui aggressivi a cui lo stava sottoponendo. "Eri incaricato tu di pulire il bagno, non fare finta di non sapere."

"Ma non l'ho toccato!" Atsumu si buttò sul divano, strofinandosi la faccia nervosamente. "L'ho alzato per dare una spolverata e l'ho rimesso a posto!"

"E l'hai scambiato con il modellante per i capelli." Atsumu lo vide toccarsi una guancia con un dito, guardare il polpastrello trucemente, fare una smorfia schifata e ritornare in bagno ringhiando. "Sei uno stronzo."

Atsumu gemette, distrutto.

Maledetto lui che si era offerto di pulire il bagno, il giorno prima.

Quando aveva deciso – così così stupidamente – di proporlo, Sakusa lo aveva scrutato a lungo, cauto e dubbioso, un'analisi così profonda e dettagliata che nemmeno i preparatori sportivi durante le visite mediche si permettevano di fare. Dopodiché, dopo secondi che sembravano anni, gli aveva concesso il suo riluttante benestare. E Atsumu, per una volta, era stato felice di essere considerato pronto per affrontare il Graal di ogni casa, con tutto quell'insieme di sanitari, pavimenti, doccia, mobiletti e tutti gli angoli più infidi in cui la sporcizia e i germi potevano accumularsi più felicemente.

Era stato fiero di sé stesso per aver convinto il suo ragazzo di merda a dargli una piccola possibilità, a concedergli un minimo di fiducia, perché sicuramente non se ne sarebbe pentito.

Si era quindi armato di tutto il necessario e aveva cominciato a lucidare rubinetti e manopole, a spazzare il pavimento e passare di acqua e sapone con tanto olio di gomito, pulire la doccia fino a farla splendere, cambiare gli asciugamani mettendo a lavare quelli usati, far brillare specchi e mobili. Aveva addirittura ricordato di aprire la finestra, almeno una volta nella vita.

Tutti i loro prodotti, dal sapone per le mani ai fottutissimi cristalli di sale dell'Himalaya al balsamo per i capelli importato probabilmente dalla Contea, erano stati solo momentaneamente sollevati dalla loro postazione e rimessi immediatamente al loro posto. Ne era sicurissimo.

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