Capitolo 1 (ELENI)

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Cosa siamo disposti a fare per nascondere noi stessi al mondo?

Come ci comportiamo quando tutto sembra crollare?

Chi diventiamo e dove andiamo quando ci perdiamo?

Mi pongo da sempre queste domande e non riesco mai a trovare delle risposte.

Ognuno di noi reagisce in modo diverso in base al proprio vissuto e al proprio dolore, eppure, al lato oscuro dell'amore, reagiamo, quasi tutti, allo stesso modo: scappando.

Siamo abituati a nasconderci e scappare.

Questo non vale solo per le relazioni, per i rapporti che intrecciamo con gli altri, vale anche quando cerchiamo di scappare da noi stessi.

Cerchiamo di evadere dalla voce interna che ci indica, attraverso il dolore che tanto aberriamo, come vivere.

Cerchiamo di evacuare le nostre menti dalle preoccupazioni, dai timori, dalle remore e dalle paure e siamo fermamente convinti che evitando noi stessi potremo riuscirci ma questa è la prima menzogna in cui ci rifugiamo ed è la prima rete di disfacimento che ci tessiamo.

Per quanto possiamo ignorare, correre veloci, scappare in luoghi diversi dal nostro luogo d'origine, la nostra essenza ci seguirà ovunque.

Non possiamo scappare da noi stessi.

Possiamo indossare delle maschere sociali, possiamo costruirci nuove identità, possiamo mentire agli altri ma la nostra essenza ci riconosce sempre,la nostra mente è ciò che siamo.

Possiamo tendere tranelli agli altri, lasciandoli vedere in noi esattamente ciò che desiderano, ciò che li attrae, ciò che li incuriosisce ma non potremo mai divenire tali per noi.

Il nostro specchio ci ricondurrà sempre al punto di partenza.

C'è qualcosa di profondamente contorto nell'invenzione degli specchi: ci costringono a guardarci limpidamente eppure è solo il riflesso esterno quello a cui diamo attenzione, quello a cui si rivolge.

Passiamo ore ed ore a prepararci, a fissarci narcisisticamente ma solo per il tempo necessario a curare il nostro aspetto.

Ci sono giorni, però, in cui guardarci superficialmente diviene complicato. Basta la visione di una piccola imperfezione indesiderata sul nostro viso, sul nostro corpo e una valanga di pensieri inizia franare in un interminabile monologo esistenziale.

Un'imperfezione, un piccolo dettaglio mutante, basta questo, a volte, per innescare il punto di partenza di un'indagine verso la parte più nascosta di noi ma quando ci rendiamo conto verso quali pensieri stiamo giungendo reagiamo scuotendo la testa, in senso di dissenso, e riportiamo la nostra attenzione verso l'osservazione primaria, esterna, oggettiva, impersonale.

Ammettere, dinanzi allo specchio, di essere più di un semplice involucro da vendere comporterebbe l'accettarci come umani, come soggetti desideranti, pensanti, amanti e a questo non saremo mai pronti finché avremo una parte di noi, del nostro passato, da nascondere per proteggerci non solo dai pregiudizi esterni ma anche dai giudizi che riserviamo a noi stessi.

Il giudice più crudele è l'essere umano verso se stesso.

Non siamo disposti a rispettarci nei nostri difetti, vorremmo essere perfetti, ma dimentichiamo che è l'imperfezione a renderci unici ed ineguagliabili.

Cos'è che non vogliamo vedere nei nostri sguardi persi? Con cosa combattiamo esattamente dentro di noi?

Avere un nemico visibile, oggettivamente inteso, è più facile che averne uno sempre nascosto in un angolo di noi. Ciò che si vede lo si può combattere ma ciò che non si mostra ci logora dall'interno e diviene imbattibile perché imperscrutabile, intangibile, inarrivabile.

UnholyWhere stories live. Discover now