2: Presentazioni al laboratorio

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Una volta arrivati in centrale iniziarono a parlare con mia madre dei provvedimenti da prendere in seguito a quello che era successo in classe soprattutto perchè molte persone erano rimaste ferite e l'aula era completamente distrutta. Ma io non li stavo ascoltando, ripensavo a quelle risate e poi alle loro facce sconvolte... cosa hai fatto Rachel?... quella domanda mi rimbombava in testa.

<Rachel mi stai ascoltando?> mi chiese il poliziotto 

<si, mi scusi> ritornai alla realtà <può ripetere, per favore?> chiesi ancora confusa, stringendo tra le dita il mio walkman

<io e tua madre abbiamo deciso che è meglio se fai un periodo di riabilitazione in un istituto che tratta ragazzi come te, ai confini di Hawking; sta arrivando il dottor Brenner a spiegarti come funziona>

<cosa? un istituto?> chiesi preoccupata < ragazzi come me in che senso? è un carcere minorile vero?> 

<nient'affatto> intervenne una voce pacata alle mie spalle <Ciao Rachel, sono il dottor Brenner è un piacere fare la tua conoscenza> mi sorrise allungando la mano 

<s-salve> bofonchiai ancora incredula stingendogli la mano. Non potevo credere che mia madre approvasse tutto questo.

<vieni con me, in un posto dove nessuno ti rimprovererà se perderai il controllo, potrai essere libera, e ti aiuterò a scacciare questo male> 

<o questo o la prigione, Rachel> disse mia madre con tono freddo, la guardai in lacrime e mi alzai dalla sedia per accettare la proposta dell'uomo misterioso. 

<come funziona adesso?>  chiesi aggrappandomi ad un briciolo di lucidità

<verrai con me al laboratorio e ti farò conoscere i tuoi nuovi amici, speciali come te, e resterai con noi finché non starai meglio> mi sorrise mettendomi una mano sulla spalla per rassicurarmi.

Guardai verso mia madre e notai che stava firmando dei fogli, forse delle liberatorie...ha colto l'occasione per sbarazzarsi di me, pensai; mi sentii tradita, cercai il suo sguardo ma non arrivò mai così presi il mio walkman dalla sedia e seguii il dottore nella sua auto.

Salimmo in auto e rimasi in silenzio durante tutto il tragitto; parcheggiammo davanti questo edificio che non avevo mai notato. Seguii il dottore all'interno, era pieno di corridoi e porte di ferro tutte sui toni del grigio e c'erano delle persone vestite di bianco che mi sorridevano con intento di rassicurarmi ma non funzionava affatto.

<Vien Rachel ti faccio conoscere i tuoi nuovi fratelli> 

<fratelli?> chiesi confusa 

<qui siamo tutti una grande famiglia e voi siete come miei figli>

ok, questo è molto strano, pensai. Mi fece fare il giro dei corridoi e notai che alcune stanze avevano un numero inciso sopra.

<e questa è la stanza arcobaleno> spiegò spingendo questa grande porta di ferro; l'interno era tutto bianco con degli arcobaleni disegnati sui muri, c'erano una dozzina di bambini in silenzio che giocavano con scacchi, dama e altri giochi, e c'erano altri di quegli uomini in bianco in piedi che osservavano i bambini.

<bambini venite a conoscere la vostra nuova sorella> esclamò il dottore sorridendo e tutti si avvicinarono immediatamente <avanti, presentatevi>

I bambini timidamente tutti in ordine iniziarono a dire il loro nome... rimasi alquanto sconvolta a quelle presentazioni:

<io sono 002> disse un ragazzo di circa 16 anni 

<io 003>...

<io 004>... e andarono così avanti fino a 19.. che roba strana, pensai

<e tu da oggi sarai Venti> mi spiegò il dottore sorridendo.. cosa?, pensai

<ehm, cosa?> chiesi incredula <io ho già un nome>

<ma qui dentro sarai Venti> rispose ferreo; non sapevo che dire, come comportarmi, se questo fosse solo un brutto sogno, come poteva essere reale questo posto? 

<ok bambini tra poco dovete iniziare i vostri esercizi,  andate nelle stanze assegnate>  spiegò e tutti educatamente e in fila per uno si incamminarono verso la porta.. ma cos'hanno questi bambini? pensai sconvolta.

<vieni con me Venti, dobbiamo fare una cosa, poi ti mostro la tua stanza e potrai riposarti> lo seguii rassegnata, dovevo abituarmi a quel nuovo posto.

Mi portò in questa stanza vuota con una poltrona e un tavolino di fianco, il dottore mi fece sedere lì e dal cassetto del tavolino estrasse un curioso strumento, sembrava una pistola da tatuatore,

<poggia il braccio sul bracciolo> spiegò accendendo lo strumento 

<cos'è?> chiesi curiosa e un pò preoccupata 

<è una macchinetta per tatuaggi> rispose tranquillo

<e a me a che serve> chiesi cercando di spostare il braccio, ma lui lo afferrò 

<Venti stai calma, durerà poco, è la prassi> 

<non voglio> esclamai cercando di alzarmi 

<Peter vieni qui> esclamò lui chiamando qualcuno

<mi ha chiamato dottore?> rispose la voce che si avvicinò a me: era un ragazzo longilineo e biondo, vestito di bianco come gli altri adulti che avevo visto; i suoi occhi erano grandi  e gentili; la sua voce era così rassicurante e pacata 

<la nuova arrivata non vuole collaborare, aiutami a tenerla ferma> lui annuì e mi rivolse un sguardo gentile e rassicurante 

<finirà in un attimo> mi sussurrò all'orecchio posizionandosi dietro la poltrona; così, rassegnata allungai il braccio e mi feci tatuare il numero 020 sul polso come se fossi un animale al macello.

Una volta finito ci alzammo e iniziammo ad avvicinarci all'uscita, ma qualcuno si avvicinò allo stipite, era uno di quelli in bianco, sembrava agitato

<dottore, è successa una cosa con Sei, venga> disse ansimando per la corsa.

<arrivo subito, Peter accompagna Venti nella sua nuova stanza> ordinò ed uscì di corsa, il ragazzo annuì cordialmente.

<vieni con me Venti> disse allungando la mano verso di me

<non è il mio vero nome> sbuffai infastidita 

<lo so, ma il dottore vuole così, sono le sue regole> sussurrò avvicinandosi al mio viso

<ma è follia> esclamai

<cerca di mantenere un atteggiamento sempre pacato, al dottore non piace chi mette in dubbio le sue regole> mi spiegò tenendo sempre un tono basso di voce; camminammo lentamente fino alla porta col numero 020 inciso sopra

<eccoci arrivati> spiegò Peter aprendo la porta

<cosa sono questi esercizi di cui parla il dottore?> chiesi sull'uscio; lui mi fece entrare e si fermò sullo stipite:

<servono per controllare i tuoi poteri> rispose

<poteri?> chiesi incredula 

<i tuoi doni, così li chiama il dottore> rispose

<doni? Ho fatto male a 0delle persone poco fa>  esclamai alterata.. come potevano chiamare quello che avevo fatto DONI...

<ehi va tutto bene> mi rincuorò sorridendo <può capitare, sei qui perchè lì fuori nessuno ti capisce> mise un piede nella stanza ma si fermò indietreggiando <ora ti lascio riposare, domani ne capirai di più> aggiunse chiudendo la porta.

Sospirai e mi sdraiai sul mio nuovo letto, misi le cuffie e cercai di elaborare tutte queste novità; poco dopo i miei occhi si chiusero dalla stanchezza e caddi in un sonno burrascoso ed inquieto.











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