𝐄𝐄𝐑𝐒𝐓𝐄 𝐊𝐄𝐄𝐑 #𝟎𝟒 - 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 "𝘁𝗶 𝗮𝗺𝗼".

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4/08/2026

Atto 4: Il primo "ti amo".



Il primo "ti amo" io e Max ce lo siamo detti la notte a cavallo tra il trentuno dicembre duemilaquindici e il primo gennaio duemilasedici, chiusi nel bagno di un hotel che affacciava sul porto di Montecarlo.

Era stato Daniel Ricciardo ad organizzare la serata, un pilota che correva per la Red Bull e che viveva lì a Monaco da un paio d'anni.

Non lo conoscevo molto, a dire la verità non conoscevo nessuno dei piloti, se non i loro nomi e le lo facce. Non interagivo molto con loro o con le persone del paddock in generale, tranne quelle due o tre persone con cui dovevo stare sempre a contatto. Non ero mai stata molto socievole, nemmeno da bambina.

«Sei pronta?»

«Si.» mi ero girata verso di lui. «Come sto?»

«Sei meravigliosa.»

«Ti ringrazio, anche tu sei bellissimo.»

«Grazie, ma ora andiamo che siamo in ritardo.»

Max mi aveva presa per mano, come sempre, e mi aveva trascinata delicatamente con lui, per via dei tacchi che indossavo, fino alla hall dell'hotel in cui alloggiavamo in quei giorni.

Ci avevo provato in mille modi a dirgli che non era necessario, gli avevo anche ricordato mille volte che era stato Daniel stesso a dirgli che saremmo potuti stare tranquillamente da lui per quei due giorni, ma Max aveva insistito il doppio delle volte per prendere una camera in hotel e alla fine io mi ero arresa, perché l'Olandese era più testardo di un mulo e se si metteva in testa qualcosa era quella.

Avevamo raggiunto la macchina, parcheggiata a pochi metri dall'ingresso, ed eravamo partiti verso il luogo della festa, un altro hotel che distava una decina di minuti da quello in cui stavamo noi.

«A che ora dobbiamo essere lì?»

«Circa mezz'ora fa, siamo in ritardo.»

«Non fa nulla, non credo che a Daniel e agli altri importi molto.»

«No, infatti, ma odio arrivare in ritardo.»

«È solo mezz'ora, sta tranquillo.»

Max aveva annuito, con lo sguardo fisso sulla strada, ed io avevo intrecciato le dita con le sue, mentre guardavo il panorama attraverso il finestrino. Più la guardavo, più trovavo che Montecarlo fosse maestosa.

Il campionato duemilaquindici si era concluso a novembre, in cui Max si era posizionato al dodicesimo posto nella classifica piloti, dopo una stagione di alti e bassi che lo avevano fatto conoscere al mondo come pilota e nuovo talento dello sport.

Lui non ne era soddisfatto, lo ripeteva in continuazione, diceva che avrebbe voluto arrivare più in alto, che avrebbe voluto fare di meglio, e che la macchina che guidava non era all'altezza delle altre presenti in griglia. Io non ero d'accordo, perché ero convinta del fatto che avesse fatto una buona stagione, ma da un perfezionista come Max non avrei mai potuto aspettarmi altro se non delusione e un pizzico di rabbia.

Una volta arrivati all'hotel Max aveva parcheggiato la macchina nel primo posto libero che aveva trovato ed eravamo scesi, prima che la chiudesse, e mi ero guardata intorno come facevo sempre, restando a bocca aperta davanti all'edificio che avevo di fronte.

EERSTE KEER | MV1Where stories live. Discover now