Pt. 2 (il Dramma Dell'essere Figli)

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Cosa non altro è il feto se non un piccolo essere frutto di amore fugace?
È difficile distaccarsi dall'idea di essere stati feti e di essere comunque prodotto di un lampo di pochi secondi, siamo tutti nati da un rapporto sessuale tra due persone e in pochi secondi. Proprio quando lo spermatozoo feconda l'ovulo, esistiamo.
Oltre alla poetica dell'atto, a cui personalmente non riesco a pensare, l'essere figlio non significa essere feto. Un figlio ha davvero dei genitori, e se non li ha più, è comunque figlio?
Questo è una domanda che mi faccio forse da tutta la vita, e certamente a cui non è facile rispondere, proprio perché avere un legame con un defunto e con un vivo, a cavallo fra due mondi, e sapere di essere il frutto contemporaneo di un corpo morto (anzi cenere) e un corpo vivo (che fa sesso, mangia, va di corpo, dorme), è difficile da accettare. Specialmente se nonostante tutto sei ancora solo un nipote, o un fratello, una sorella, un cugino. Chi è che mi dice che sono una figlia? Il mio cognome, gli occhi verdi, la testa leggermente piatta sulla nuca, l'altezza. Sono tutti elementi che mi dicono e mi suggeriscono di essere viva e di essere un frutto, una creazione, ma in qualche modo è difficile accettarlo. Forse perché mi piace pensarmi diversa dagli altri, più sofferente, più matura.
Difficile ancora pensare di essere un qualcosa che esiste e allo stesso tempo non è, nell'ottica bivalente dell'essere figli, poiché di base noi siamo nati come tali. Ma come si manifesta e si esercita all'interno della nostra vita la "figlianza"?
Io penso alle cose quotidiane nel rapporto genitore-figlio. Il genitore si dice spesso essere colui (o colei) che ti cresce, ma se questo (o questa) non viene chiamato "papà" o "mamma", ha lo stesso ruolo?
Certo, basarsi solo sui nomi risulta superficiale, ma alla fine sono appunto quelli gli strumenti con i quali gli altri ci chiamano e si rapportano a noi.
Io mi chiedo spesso come sarebbe la mia vita se fosse diversa.
Forse non sarebbe la tua?
Giusto, vero anche questo.
Tutti noi ce lo chiediamo, ma se la vita non ci avesse soffiato via le cose più care, saremmo come ora siamo? Certo che no.
Essere così razionali però è difficile. Io i capitoli della vita li voglio iniziare, proseguire e chiudere. E voglio chiuderli nonostante tutto e tutti, mettendo da parte l'orgoglio, non perché ci tenga, sia chiaro, ma perché deve essere tutto maniacalmente in ordine.
Sono fatta così, ho bisogno di un inizio, una trasformazione, un apice e una fine. Non voglio il dissolversi, vorrei proprio la morte, anche il soffrire, ma vorrei risposte.
Risposte che nella vita vanno cercate dentro di sé. L'essere figli, il come esserlo, il chiedersi se lo si è o meno, è un qualcosa che mi porterò per tutta la vita. Spero un giorno di rincontrare le persone perse, e fare solo domande, e ascoltare le risposte, e poi se, ci scappa, darci anche un abbraccio.
Questo vorrei: essere meno complessa e superare le cose, senza aver bisogno di prostrarsi agli altri per ottenere.

Abitacolo sicuro: tra me e mia madre Where stories live. Discover now