Numeri felici

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18 novembre 2027 - Roma

Ore 23.55

Un tonfo assordante gli suggerisce la caduta di una pila di libri dalla sua piccola scrivania in legno. Libri di filosofia, tre piccoli volumetti messi lì a prender polvere. Gli sono stati dati l'anno prima da un professore che da quando lo conosce – e quelle rare volte che lo vede, per pochi minuti di solito – non fa altro che insistere, insistere e insistere sul fatto che Manuel e la filosofia siano il binomio perfetto.

Manuel li prende e li legge con attenzione, quasi li divora. Però, ha dei seri dubbi sul fatto che sia capace di creare un binomio perfetto con qualcosa o con qualcuno, anche perché Manuel è già un binomio di per sé, e spazio, per altro, non ne ha più. Non glielo dice mai per non deluderlo, e quando riesce a fargli recapitare indietro quei libri ci scrive sopra sempre una breve poesia che possa testimoniare il fatto che li abbia letti, ma basta così. Non gli dice altro. Ed è proprio per quello che non dice che, puntualmente, l'uomo trova sempre il modo di fargliene recapitare altri, ancora e ancora.

Ricomincia a leggerli, li finisce il prima possibile e glieli restituisce con dentro una poesia scarabocchiata a matita.

Non gli dice basta, perché un po' glielo deve. Lo considera un modo per ripagarlo, anche se in fondo leggere di come la pensavano quei matusalemmi non gli dispiace. Al contrario, lo intriga particolarmente.

Ma il tutto finisce lì, dopo la lettura. A stento fa suo ciò che legge, perché non se ne sente degno.

È per questo che, quando li vede cadere, non si affretta a rialzarli da terra, come se non fosse importante la loro posizione. Su una scrivania, in una libreria riposti in ordine decrescente di altezza, o per terra col rischio di essere calpestati, non cambia nulla.

Li alzerà domani.

Sbuffa, però, portandosi per qualche secondo le mani sui fianchi, esasperato.

Mettere a soqquadro il suo piccolo monolocale, proprio poco prima della mezzanotte, non era sicuramente nei suoi piani. Non che ci siano così tanti oggetti da spostare o molti posti in cui scavare, ma nonostante questo lui sposta e scava all'infinito nella speranza di trovarci qualcosa, come per magia.

Ciò che sta cercando, da mezz'oretta ormai, è un accendino.

Un semplice accendino.

Di accendini, in realtà, ne ha un sacco, quasi una collezione.

Ma sono tutti vuoti.

Da quando ha smesso di fumare, anni fa, abbracciando un improvviso istinto di salvaguardare la propria salute, non ne ha comprati di nuovi. Proprio per questo motivo, tutti gli accendini che scova – che si trovano letteralmente buttati con noncuranza in ogni angolo della casa – sono vuoti. Alcuni gli danno addirittura la fugace illusione di contenere ancora una minima quantità di gas, ma quando va a premere per accenderli questi alla fine non finiscono mai per illuminare la stanza buia e fredda in cui si trova.

Si ritrova di nuovo a sbuffare, stavolta reprimendo un urlo per non svegliare la famigliola che abita al piano di sopra, in quell'appartamento che, da quanto ha potuto constatare quella volta in cui è andato a chiedere loro disperatamente un paio di uova per farsi una misera frittata, è il triplo del suo buco. Quel postaccio preso ad affitto stracciato, probabilmente, non è neanche legale, ma a lui e al proprietario non importa: ha potuto assicurarsi – con le sue stesse orecchie – che il comune, su quell'illegalità, chiude un occhio.

O forse anche due.

Ne è perplesso, sì, ma egoisticamente a lui i motivi non interessano finché ha un tetto sulla testa, un materasso su cui dormire e una posizione abbastanza interna e nascosta nel palazzo, così che nessuno possa davvero infastidirsi per la sua presenza.

Finestrini sporchi, anime pure | SimuelWhere stories live. Discover now