Capitolo 1

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La mia vita

Erano passati ben 13 anni dalla morte dei miei genitori Aurora Calley e John Calais. Erano partiti per un viaggio di lavoro, avevano una riunione importante a Tokyo. Stavano ritornando a casa quando un camion perse il controllo, il conducente riuscì a cavarsela, ma i mie genitori no erano morti sul colpo; questo è quello che mi dissero gli agenti. Io era rimasta come al solito a casa da sola; viaggiavano molto e avevano poco tempo per me; però quando erano liberi dal lavoro stavano con me dandomi tutto l'amore che potevano, giocavamo, scherzavamo e ci divertivamo insieme come una vera famiglia. Mi consideravano la loro piccola gemma, la cosa più importante al mondo; da qui il mio nome Ambra Calais, la pietra più preziosa per mamma e papà. La mia più grande passione è lo skate, la libertà che provo quando ci salgo è unica, ci siamo solo io e la tavola il mondo intorno scompare, anche nelle gare più difficili dove la tensione si può tagliare con il coltello, diventiamo tutt'uno e niente ci può fermare. I miei capelli sono di un intenso color ramato, con sfumature color dell'ambra, adoro i miei capelli lunghi che arrivano fino al fondo schiena, durante le gare sono sempre legati in una coda alta o una treccia, bloccati nel mio fidato cappello così da potermi muovere in libertà semza che mi intralcino, per quanto riguarda i miei occhi sono di un intenso color azzurro, più profondo dell'oceano. In parte ho preso da mia madre per il colore degli occhi e dei capelli ed era piuttosto minuta e snella, mentre mio padre aveva i capelli color nocciola e gli occhi  marroni ed era molto slanciato . L'unica cosa che mi chiedo spesso è dove abbia ereditato il mio carattere, sono una ragazza molto fredda e distaccata, che non mostra molto facilmente i suoi sentimenti agli altri, forse questo lato di me non mi rispecchia realmente. Quando arrivai all'orfanotrofio piangevo sempre, volevo la mia mamma e il mio papà e non quelle vecchie vegere delle tutrici, volevo andarmene a casa e non stare chiusa in quella prigione. Mi dicevano sempre che dovevo smettere di piagnucolare, che ero una sciocca se pensavo che piangendo avrei riportato indietro i miei genitori o avrei cambiato qualcosa, da allora mi isolai dagli altri ragazzi chiudendomi in me stessa, stando sempre in disparte e lontano dagli altri, guardavo i bambini giocare con le loro famiglie adottive mentre ridevano e scherzavano, dicendo a me stessa che non avrei mai più avuto una famiglia. Poi tutta a un tratto entrarono nella mia vita Giulia ed Emily, le mie migliori amiche nonchè le uniche che ho mai avuto. Avevano un luogo da chiamare casa e delle famiglie da cui ritornare ma... i genitori di Giulia come quelli di Emily avevano divorziato, la prima fu affidata alle cure della madre, la seconda invece andò alla tutela del padre. Sono le uniche con cui riesco a essere me stessa senza rinnegare i mie sentimenti e il mio dolore, sono riuscite a riaccendere la mia voglia di vivere; ma non riesco ancora ad esprimermi liberamente al mondo. Giulia è molto allegra e spensierata, ha una corporatura piuttosto minuta e porta i capelli corti, sempre molto disordinati come se avessero vita propria, sono di un biondo intenso ed ha due occhi azzurri, è una gran pigrona che non ha voglia di fare niente, litiga per ogni singola cosa su cui si trova in disaccordo con Emily, una ragazza molto sfrontata dice sempre quello che pensa, è alta e ha tutte le curve al posto giusto e come Giulia è una grande pigrona, lei hai capelli lunghi che gli arrivano quasi fino alla vita e sono di un color cioccolato, come i suoi occhi. Sono le migliori amiche che potessi desiderare anche se ogni tatto diventano un po' troppo protettive, sopratutto con la mia passione per lo skare, che a loro non va più di tanto giù, dicono che è troppo pericoloso e che metto sempre in gioco la mia vita ogni volta che faccio le mie acrobazie folli, ma non ci posso fare niente mi piace sentire il brivido sulla pelle, rischiare il tutto per tutto, ho un obbiettivo che voglio raggiungere, trovare il mio cosiddetto " fratello ", non so se lo sia o meno, non ne ho alcun ricordo solo una vecchia foto sbiadita e delle parole dette alla rinfusa da mia madre pochi giorni prima dell'incidente quando chiesi di quel ragazzo vicino a me nella foto.

Flashback

<< Eh... Ambra lui è.... tuo fratello, anzi per meglio dire che potrebbe essere... Tuo... Fratello, ma lui non so se in effetti potrebbe esserlo o cosa... Ma te lo spiegherò quando sarai più grande!>>

Fine Flashback

Sembrerà assurdo inseguire una persona che non si sa neanche se faccia parte della famiglia oppure no, ma ormai non ho più niente da perdere sono rimasta da sola e se c'è anche la minima possibilità che sia veramnete imparentato con me, perchè non tentare? Non saremo mai una vera famiglia, ma almeno non sarei sola e avrei qualcuno a cui dire "Sono a casa!" o "Stasera esco non aspettarmi!". Una sola frase che contiene così tante speranze, pensare che all'inizio non mi era minimamente passato per la testa, come biasimarmi ero solo una bambina distrutta dal dolore per la morte dei genitori, solo 7 anni dopo quando all'età di 12 anni inizia a incuriosirmi, non avevo praticamente nessun indizio che mi aiutasse a trovare mio " fratello ", solo una risposta confusa e una foto che non era di certo di grande aiuto, ma una cosa attirò la mia attenzione, il ragazzo misterioso aveva con se uno skate così pensai che forse se fossi diventata abbastanza conosciuta e il mio nome fosse arrivato in tutto il paese, avrebbe potuto raggiungerlo e spingerlo a cercarmi e a mettersi in contatto con me. Così partecipai alle gare di skateboard, ma si doveva avere minimo 15 anni, così decisi di sfruttare quei tre anni per allenarmi per le competizioni. Arrivata finalmente all'età giusta iniziai subito a gareggiare vincendo una gara dopo l'altra, scalando le classifiche e facendo subito diventare il mio nome sempre più conosciuto, speravo che ottenendo sempre più successo e andando avanti mio " fratello " prima o poi mi avrebbe iniziato a cercare. Tre anni dopo, raggiunta la maggiore età andai ad abitare da sola, nella casa che i miei genitori mi avevano lasciato in eredità insieme a una cospicua somma di denaro che ho usato per pagarmi il college, svolgevo un lavoro part-time così da potermi mantenere, avere una stabilità economica e potermi mettere da parte qualcosa per ogni evenienza, non si sa mai cosa può capitare e cosa ci aspetta il futuro. Continuai la mia scalata per affermarmi sempre di più, intanto aspettavo e speravo che qualcuno si facesse avanti, sarà anche un barlume debole, ma è una speranza a cui mi voglio aggrapparmi. 

Vita di una skaterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora