Quando nasce un amore

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«Nonna, guarda, c'è Cenerentola col suo principe. Le ha addirittura infilato la scarpetta ed è biondo con gli occhi azzurri» una bambina di circa cinque anni, una miriade di lentiggini sul viso, due trecce rossicce ai lati della testa legate da elastici colorati, strattonò la nonnina, indicando la coppia.

«In effetti, la signorina è bella come una principessa e il poliziotto è un principe moderno. Andiamo, tesoro» l'anziana signora si rivolse prima alla nipote poi a Erika e Christós «Scusatela, ha tanta fantasia».

«Ehm, principe, potrei andare? Ho un altro appuntamento, con un'amica della tua principessa, una cessa che me la darà» il ragazzo col blazer insistette sulla linea della volgarità.

«Mi sfugge il complemento oggetto. Ti darà cosa? E soprattutto cessa non è il femminile di water. Esiste solo al maschile, per definire un uomo di paglia come te» il poliziotto avrebbe voluto usare un termine che non rimandava ai covoni di fieno ma alla ceramica bianca; soprassedette, davanti alla boria del damerino torinese «Riccardo Rinaldi. Signor Rinaldi, lei è solito mettere le mani addosso a una donna? D'abitudine o solamente quando non ottiene ciò che vuole?».

Riccardo restò senza parole e, comunque, non avrebbe potuto giustificarsi in alcun modo credibile.

Erika lo fissava attraverso gli occhiali da vista, stretta nel suo paltò, in un atteggiamento di chiusura, le mani a tormentare il cinturino di cuoio della tracolla.

«È stato un incidente, mi ha provocato lei».

«Dica un'altra bugia e il mio viso sarà l'ultima immagine che vedrà» nel rapporto di dimensioni Christós, allenato quotidianamente, superava il ragazzo di due spanne. Il fisico muscoloso era appena contenuto nella divisa. I bicipiti si gonfiarono nel sollevare il malcapitato dal collo, evidenziandosi attraverso la stoffa. Premette le dita sulla carotide del re della stupidità, il tanto sufficiente a che percepisse un senso di soffocamento.

Rinaldi vide letteralmente nero, farfugliando l'incomprensibile.

«Per stavolta passi. Sparisca, non prima di essersi scusato. E sia sincero, in caso contrario lo capirò» il poliziotto gli riconsegnò il documento e gli sussurrò all'orecchio «So dove abiti!»

Le tre parole furono minaccia e promessa insieme. Più che convincenti.

«Perdonami, Erika, ho sbagliato, non ricapiterà».

«Stanne pur certo» la ragazza gli mandò uno sguardo assassino, osservandolo allontanarsi con la testa infossata fra le spalle.

«Ti fa male?» Christós, preso dalla sublime caviglia, non aveva notato la sbucciatura sul ginocchio destro, appena sopra la ballerina che aveva aiutato a calzare. La calza rotta evidenziava la lesione.

«No, non è nulla. Grazie mille, buonasera» Erika si accomiatò, sperando di potersi spostare velocemente dal luogo del misfatto. Era certa di aver visto passare alcuni colleghi sulla strada principale; non voleva chiacchiere in università e gli studenti avevano notoriamente la lingua lunga.

«Non posso permetterlo. Sediamoci, beviamo una bibita e puliamo la tua ferita» Christós individuò un bar sotto gli antichi portici, scegliendo un tavolino laterale, adatto a una conversazione discreta e alla medicazione.

«Togli i collant in bagno, io vado dentro per recuperare la cassetta del pronto soccorso» senza darle il tempo di controbattere, si infilò fra le porte scorrevoli di cristallo, dirigendosi alla cassa. 

Lei lo seguì, cercando la toilette. Aveva ragione il poliziotto pratico e bello come un angelo; la ferita non era grave ma l'escoriazione doveva essere pulita. Si lavò le mani e gettò i collant nel cestino, per tornare al tavolino dove lui l'attendeva.

Quando Nasce un AmoreWhere stories live. Discover now