Xander e Dahlia si lanciano uno sguardo d'intesa. «Ci divideremo.» rispondono all'unisono.

«Fredda, apatica, anaffettiva, ma con il senso dell'umorismo di una pianta bruciata. Non potevamo avere una Vergine in squadra?» bisbiglia Xander lasciandosi abbandonare sul sedile in cuoio nero, provocando l'ilarità di Dahlia e del guidatore.

«Siamo giunti a destinazione.» la voce dell'autista si estende per tutto il piccolo abitacolo, interrompendo un discorso che sarebbe andato avanti per le lunghe.

Apriamo le portiere e scendiamo tutti dalla macchina, prima di vedere quest'ultima sfrecciare via. Ci guardiamo intorno, osservando la movida del centro città. I cittadini di questo luogo camminano spediti: uomini d'affari con una ventiquattrore stretta in una mano mentre l'altra è impegnata ad allentare il nodo della cravatta, donne di mezza età che passeggiano tranquillamente con i loro figli, bambini che si gustano un buon gelato. È tutto normale, caotico, ma normale.

Un leggero formicolio sull'avambraccio mi distrae, facendomi alzare cautamente la manica della maglia. Passo i polpastrelli delle dita sul tatuaggio color pece: una U attraversata da un'onda.

«Il tatuaggio brucia leggermente.» afferma Dahlia con una smorfia in viso.

«Vuol dire che tutte le squadre di ologrammi sono nella loro postazione, sono qua. Il gioco è appena iniziato.» Xander soffia queste parole - come a non volersi fare sentire dalle persone - in ogni caso troppo impegnate a girovagare per le strade affollate del centro città per poter prestare attenzione a noi.

«Ricordatevi, ragazze: appena vedete qualcuno con il simbolo, non fatevi scrupoli. Attirateli in un punto poco affollato, un vicolo ceco, poi vi basterà dare una pugnalata secca alle arterie carotidi - ai lati del collo - così da avere una perdita di coscienza in cinque secondi e la morte in dodici secondi. Sarà più facile e meno cruento rispetto al colpire il cuore, o lo stomaco.» Xander ci dispensa gli ultimi consigli, prima di permetterci di separarci.

Inizio a camminare a passo spedito tra la folla, le braccia incrociate al petto e lo sguardo assorto tra la gente. Mi immergo nei vicoli più viscidi e bui, sperando di trovare un qualcuno che abbia il tatuaggio de "La Costellazione". Passo lo sguardo tra le persone più e più volte, i miei occhi perlustrano accuratamente ogni centimetro di pelle di ogni individuo che incrocio nel tragitto.

Seziono la zona in frazioni più piccole, promettendomi di ripassarci nuovamente ogni due minuti. Passo davanti alle massicce ed imponenti statue scolpite in marmo raffiguranti i soldati più valorosi che abbiano mai combattuto a nome di questa città, osservo le panchine gremite di gente, lancio sguardi fugaci all'interno delle vetrine dei negozi.

Cammino avanti e indietro,
a destra e a sinistra,
entro ed esco dai vicoli.

Lo stress e l'irritazione stanno iniziando ad avere un certo peso.

Andiamo, uscite allo scoperto. Sagittario, Toro... Qualcuno!

Mi guardo intorno, di nuovo, per la centesima volta nel giro di qualche minuto. Mi passo una mano tra i lunghi capelli castani, prima di dirigermi a passo spedito verso uno dei tanti bar della città. Varco la soglia del locale, facendo tintinnare il campanellino appeso all'angolo della porta. Mi avvicino al bancone e mi abbandono allo sgabello posto davanti ad esso. Ordino un semplice bicchiere d'acqua e - non appena il barista me lo porge con un sorriso - lo sorseggio, prendendomi del tempo per osservare tutti i presenti.

C'è chi mangia, chi beve, chi gioca a carte, gente che parla, che scherza, che ride.
Gli osservo scrupolosamente, sperando di vedere il tatuaggio di cui sono alla ricerca.

«Sei allergica all'acqua?»

Mi giro nella direzione del barista, intento ad asciugare con un panno dei piatti appena lavati. Guardo il mio bicchiere e noto di aver bevuto nemmeno un terzo del contenuto.

«Divertente.» rispondo con voce tagliente, finendo tutto in un unico sorso.

È così che suonano le mie battute alle orecchie di Dahlia e di Xander?

Il volto del barista viene dipinto da un sorriso. «Sono cinquanta centesimi.»

«Per il bicchiere d'acqua o per aver sopportato la tua battuta scadente?» domando ironica, mantenendo lo sguardo.

«Per la battuta, l'acqua la offre la casa.» risponde reggendo il gioco e il contatto visivo.

Scuoto il capo con l'ombra di un sorriso e lascio una monetina sul piano del bancone, prima di avviarmi verso l'uscita del locale.

«Guarda dove metti i piedi.» un ragazzo intralcia il mio cammino, distraendomi dai miei pensieri.

Incrocio il suo sguardo, decidendo di non rispondere per questa volta.

Ho altro da fare.

Mi passa accanto entrando nel bar, e anche mentre mi ri-immergo tra la folla di questa città non posso fare a meno di ripensare al suo sguardo.

Particolare e accattivante, un'eterocromia a differenziarlo.

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