Baci al sapore di sangue

248 60 133
                                    

Il fruscio del vento è come un sussurro di seta, un velo fra le labbra.

Ariel ha le calze a rete e una gonna di finta pelle, fin troppo corta, che lascia davvero poco spazio all'immaginazione. Le dita affusolate si sorreggono all'imboccatura del tubo di plastica scura, immerso nella penombra della notte, ai margini estremi del parco pubblico.

Fa freddo. È ottobre, l'aria notturna sibila fra le foglie dei platani, accarezza la colonna vertebrale, insinuandosi sotto la mia felpa leggera, con il teschio bianco dei Misfits sullo sfondo nero, coperto dai capelli lunghi che mi scivolano sul davanti.

«Non erano questi i patti.»

Ariel si volta verso di me, e mi guarda. I suoi occhi scuri sono pozzi senza fondo, dove la bramosia si pesca a secchiate, come ondate di marea sempre più alte e ingestibili.

«Non era questo che dovevi dire» risponde, prendendomi la mano. La sua epidermide è tiepida e asciutta. Una scintilla appena percettibile brilla per un attimo al centro dell'unghia scarlatta, riflettendo la luce dell'unico lampione, troppo lontano per schiarire il volto in ombra della ragazza.

«Ho sentito qualcosa» insisto, passando la lingua sulle labbra aride come la tundra del nord, senza smettere di fissarla incantato.

«Anche io. Ma non importa.»

Combattuto fra il desiderio e il timore, sento i polmoni pompare ossigeno, mentre la smania diventa un tarlo nella mente, e zittisce con prepotenza ogni pensiero razionale.

Non c'è modo di sfuggirle. Né a lei, né a lui. Chiunque sia, ovunque sia. Se ciò che si dice è vero... Non voglio neanche pensarci.

«Non fare il guastafeste, dai» ammicca, in un sussurro appena udibile.

«Il gioco è bello finché dura poco.»

Lei sbuffa, e il cuore mi salta un battito. Persino nella smorfia, il suo volto etereo è ciò che di più simile al paradiso l'uomo possa bramare in vita terrena. Incantato dai lineamenti nivei, dal cerchio tenebroso intorno agli occhi sfuggenti, dalle ciocche vermiglie che scendono soavi accarezzando la pelle liscia delle spalle tatuate... Non riesco a resistere un secondo di più.

Ariel stringe la mia mano, e mi conduce dentro al vortice di lussuria incontrollata.

Due omicidi in sette settimane. Sempre con la luna piena. Sempre in questo stesso parco. Nessun movente, nessun legame fra le vittime, che erano coppie sorprese fra la libidine e uccise fra i gemiti, dalla stessa arma, con ogni probabilità un coltellaccio da macellaio, mai più trovato.

E Ariel si eccita al pensiero di farlo proprio qui. Proprio stasera. Dentro al tubo di plastica dei giochi per bambini.

Le ho detto di no, e lei ha risposto che saremmo rimasti solo un paio di minuti, e poi dritti a casa sua.

Invece, siamo qui da mezz'ora. E non se ne vuole andare.

La luna piena sorride beffarda dall'alto del firmamento, oltre le fronde degli alberi, giocando a nascondino fra le nuvole, gettando di tanto in tanto una luce pallida sui cespugli intorno al parco giochi dei bambini.

Lei è del tutto pazza, e io ancora di più a seguirla.

Dentro al tubo, stretto e sporco, come le nostre coscienze, come l'animo corrotto di due ragazzi che non sanno stare al loro posto.

Via la gonna, via la felpa. Fra la polvere, fra le giunture del condotto, con la testa che sfiora le pareti ferrigne.

Via la maglia, strappi sulle calze a rete. Le sue labbra, il suo sapore sulla lingua, i morsi sul collo, la striscia umida che scende, fino a perdersi nella pelle ancora baciata dalla fragranza al cocco del bagnoschiuma.

Baci al sapore di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora