La Scala d'Oro - V

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Una figura alta e dai capelli diafani scendeva le scale con passo misurato

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Una figura alta e dai capelli diafani scendeva le scale con passo misurato.

Il volto spigoloso si apriva al mondo solo attraverso gli occhi, bianchi anch'essi, che fissavano ciechi quanto la circondava. Non aveva bocca, ma la donna udì nella sua mente una voce che poteva venire solo dalla creatura. 

Nonostante le parlasse in una lingua mai udita, riusciva a capirne il senso senza sapere come.

Chi cerchi?

La donna non seppe rispondere perché non rammentava di essersi mai trovata in circostanze analoghe... In verità, non ricordava nulla.

«Sulla pergamena c'è scritto di trovare il mio uomo.»

La figura fece un movimento lentissimo col braccio a mostrare le numerose gabbie che pendevano da ogni parte e di cui lei non s'era accorta. 
Erano la versione più grande delle prigioni di metallo usate per gli uccellini, ma in ognuna di esse non v'era un volatile, ma un uomo che tendeva entrambe le mani nella sua direzione.

Non smettere di cercare finché troverai.

«Chi siete?»

Si udì un'unica risposta composta dalle voci di ognuno di loro: «Riportami a casa.»

Le gabbie si perdevano alla vista, le mani dei prigionieri oscillavano come onde, la figura misteriosa non era mai esistita dacché nessuno ne aveva memoria.

«Dove sei?»

Il collettivo di voci rispose all'unisono: «Sono qui.»

Smarrita, la donna rilesse la sua storia e scoprì perché aveva intrapreso l'ascesa della Scala d'Oro. 

Con in mano il ritratto di chi le aveva fatto scoprire oceani e terre lontane, studiò il volto di ogni uomo che voleva essere liberato. 
Squadrato, ovale, a triangolo, spigoloso. 
Occhi di ogni gradazione la fissavano senza vederla. 
Identiche parole, uscite da labbra che si muovevano all'unisono, si sgretolavano come roccia battuta da millenni di vento.

I bassorilievi dell'asse centrale diventarono schermi che ne proiettavano altri in un gioco di scatole cinesi fino a scomparire. 
Gli occhi dei prigionieri erano intrappolati dalle immagini insensate, le dita contratte, intente a rincorrere quella che sembrava l'unica porta per un mondo di cui nessuno aveva memoria.

La donna, avvolta la pergamena, riprese a salire. 

Innumerevoli occhi cercavano di decifrare il segreto che si celava negli schermi dei bassorilievi mentre la notte senza stelle impediva di scorgere i gradini, solo lievemente illuminati dalle gemme che vegliavano affinché nessuno modificasse la storia.

Senza leggere, la donna dimenticò i nomi che le erano stati dati, chi era, da dove veniva e perché aveva intrapreso l'ascesa della scala. 
Saliva assaporando la notte, ignara di quanti erano appesi, immemori di chi li aveva condannati.

 Saliva assaporando la notte, ignara di quanti erano appesi, immemori di chi li aveva condannati

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Il labirinto dei nomi perduti - Fiabe dimenticateWhere stories live. Discover now