Xena allungò il braccio nella sua direzione, invitandola ad accomodarsi accanto a lei. Gabrielle le donò un dolce sorriso e una volta seduta, permise a sé stessa di dare un'occhiata alle splendide decorazioni del Solstizio all'interno del Palazzo. Il fuoco bruciava sotto forma di sottilissime candele che creavano magici giochi di luce sulle pareti. Sotto ogni arco, all'entrata dei corridoi, pendeva un ciuffetto di vischio, abbellito con nastri di lino bianco a richiamare il colore delle sue bacche, e penduli bronzei a simulare il fioccare d'inverno.

"Il vostro sposo deve essere così romantico", osservò, incantata. "Non ho mai visto tanto vischio prima".

Xena levò gli occhi al cielo. Sorrise divertita. "È solo molto abile ad impressionare gli ospiti". A Cesare non interessa affatto il Solstizio.

"Conoscete la reale storia legata al vischio?".

L'Imperatrice fece cenno di no con il capo.

"Alcuni bardi di mia conoscenza lo descrivono in modo errato. Leggi del vischio e ti vengono in mente solo i baci", fece una smorfia buffa. "Che banalità, non trovate?".

Xena replicò sarcastica: "Io non sono affatto banale, proprio no".

Gabrielle si lasciò sfuggire un risolino. Senza pensare, adagiò il palmo su quello della sovrana. "Sono gli aedi che dovrebbero narrare la storia giusta. Il vischio vive senza toccare terra, resta sospeso senza attaccarsi a nulla. Si vocifera che all'interno delle sue bacche si nasconda l'essenza della vita stessa e che solo le anime legate dal destino possono sperare nella sua protezione", raccontò con un luccichio negli occhi di chi racchiude tanta speranza. "È il bacio del vero amore, la chiave".

Xena si fece pensosa, ma non scettica. "Credi che sia reale?".

"Può darsi, ma non prendetemi troppo alla lettera", gesticolò. "Sapete, descrivo l'amore, ma non ho mai amato nessuno", ammise in imbarazzo.

Le labbra di Xena si appiattirono in una linea sottile. Neanche lei aveva mai provato un sentimento simile. Era sposata, certo, ma per lei il matrimonio e specialmente il suo matrimonio, non aveva nulla a che vedere con l'amore. "L'hai forse immaginato?".

L'ateniese fece spallucce. "Forse l'ho sognato", e in parte era vero. Lei l'aveva percepito quell'amore, distante dalla sua realtà, eppure incredibilmente vicino al suo cuore. Aveva senso? Poteva averne? "A volte le cose belle succedono solo se lontane dal nostro controllo", ragionò a voce alta.

Xena si trovò a riflettere e annuì. Sollevò la mano libera e l'adagiò sul viso della fanciulla di fronte a lei. Bella come una dea, forse di più. Sì, decisamente di più. Non poté trattenersi dall'accarezzare quel suo splendido profilo.

"Come in questo momento?", disse Xena, con un filo di voce.

L'ateniese sollevò l'angolo della bocca. Si riavvicinò. Sentiva il suo cuore fin dentro le orecchie, ora rosse come due ciliegie mature. "Come in questo momento".

La sovrana lesse un leggero disagio negli occhi verdi della fanciulla. "I-io...", tentò di dire qualcosa, ma Xena catturò la sua bocca in un bacio, prima che potesse farlo. Chiuse gli occhi e si sentì finalmente viva, quando Gabrielle, mise da parte la sua timidezza e approfondì il bacio.

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Le dava le spalle, così sarebbe stato più semplice nasconderle gli occhi, che s'erano fatti lucidi. "Perché hai rischiato la vita entrando in quella grotta da sola?", le domandò flebilmente.

La biondina fece spallucce. Abbassò il capo, pentita. "Volevo riparare a ciò che ho fatto, perché non mi portassi rancore".

Si girò. "Non potrei mai portarti rancore", le sollevò il mento, e nel tentativo di tirarla su di morale, fece sparire l'espressone corrucciata che aveva mantenuto in viso." Il tuo cuore è sempre nel giusto, Gabrielle", fece sinceramente.

Dodici giorni di NataleWhere stories live. Discover now