19. Pensi che io sia vecchio?

33.3K 1.2K 997
                                    

Siamo ritornati alla nostra vecchia e cara New York. Una città che adoro, ma nella quale non volevo tornare tanto presto.

Mio padre non si è limitati al suo solito modo per punirmi per essermi addormentata da Gabriel.

Questa volta mi ha sequestrato il telefono, e l'ho accettato - non che le altre volte abbia avuto occasione di obbiettare - e non ho controbattuto.

Non dovevo rimanere a casa di Gabriel senza alcun cenno di avvertimento e mi rendo conto di aver sbagliato. Se solo si fosse limitato a togliermi il cellulare, probabilmente sarebbe stato meno doloroso.

Cammino per i corridoi della scuola, strisciando i piedi e sbuffando alla vista di tutti gli alunni. A migliorarmi la giornata, inoltre, è l'avere matematica alla prima ora. Questo vuol dire che devo subirmi tutte le occhiatacce del professor Williams, le sue innumerevoli domande, e, soprattutto, i suoi giudizi.

Mi dirigo verso la classe, cercando di prepararmi psicologicamente a quest'ora infernale, quando vengo affiancata da qualcuno.

«Oh, ciao pagliaccio.» ridacchio.

Gabriel alza gli occhi al cielo, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans neri.

Il motivo del mio soprannome è dovuto al fatto che, ritornati da Parigi, mentre stava scendendo dall'autobus, ha preso una storta ed è caduto davanti a tutti. Non si è rialzato subito, facendo finta di star per morire e urlando che avrebbero dovuto chiamare l'ambulanza.

Credo sia stata l'unica volta che i nostri compagni hanno riso con lui, e non di lui. Si è alzato sorridendo e mi ha raggiunto, nonostante Corinne gli si sia avvicinata preoccupata.

A differenza sua, io non ho smesso di ridere come una matta per tutto il viaggio fino a casa, motivo in più per farmi odiare da questo ragazzo.

«Perché non rispondi ai miei messaggi? Ti avevo offerto un passaggio.» dice.

Mi blocco all'entrata della nostra classe, portandomi le mani sulle guance: «Oddio, davvero? Potevo risparmiarmi l'autobus per un giorno? Maledizione!»

Sarebbe stato un sogno evitare di sopportare quella tortura e arrivare a scuola magari con un piccolo, piccolo, sorriso.

«Sì, se tu avessi risposto.»

Sospiro. «Scusa. È successo un inconveniente.»

Vado a sedermi al mio banco, mentre Gabriel occupa il posto di Kyle, in ritardo come al solito. «Cosa?» chiede, curioso.

«Non ti interessa.» incrocio le braccia sul banco e ci appoggio sopra la testa, assonnata.

«Il tuo cane ti ha mangiato il telefono?» tenta, sollevando un sopracciglio.

Trattengo una risata. «Non ho un cane.»

«Allora lo hai perso come penso possa accadere.» continua con tono veritiero.

«No.»

«Allora cos'è successo?»

«Niente, Gabe, sono in punizione.» alzo gli occhi su di lui, il quale mi guarda con divertita curiosità.

«Per che cosa?» chiede.

«Mio padre ha scoperto che spaccio.»

«Soph.» alza gli occhi al cielo, sospirando.

«Ho sostituito il suo shampoo con dell'acido corrosivo.» bell'idea.

«Ragazzina.»
«Mi ha beccata fare sesso in camera sua.»

«Non so ancora perché insisto.»

Rido piano. «Si è arrabbiato da quella volta che sono rimasta a dormire per sbaglio a casa tua.»

DifficultWhere stories live. Discover now