Belcuore

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Questo racconto è un esperimento. Non mi chiedete il come e neanche il perché (credo l'origine sia un contest vinto da  eye-doctor, ffriede, fede), ma un giorno mi misi in testa di creare un mondo nel giro di un racconto breve. Mi venne in mente questa situazione molto complessa, che in parecchi mi chiesero di sviluppare in un romanzo. Si tratta però, ahimé, di un racconto horror, ma proprio horror, che non è sicuramente nelle mie corde, per cui un romanzo mai diventerà. Buona lettura.

Buio. Immerse nel nero più profondo, tre ombre osservavano dall'alto un gruppetto di case abbarbicato sul lato di una montagna. La luce dei lampioni rischiarava le vie ma non si vedeva anima viva per le strade. Non c'erano automobili che circolavano, non c'erano bar aperti, non c'erano luci accese nelle case. E, se si faceva attenzione, non si udiva neppure il benché minimo rumore. La frazione di Belcuore, insomma, era immersa in un sonno innaturale.

"Vi era un bel sole: tutto era chiaro e trasparente, solo nel cuore degli uomini era buio."

Chissà perché a Cesare, proprio in quel momento, venne in mente Rigoni Stern. In effetti il sole non c'era più già da diverse ore e comunque, nel cuore degli uomini che stavano cercando, il buio aveva preso il sopravvento da parecchio tempo. Accanto a lui Karin stava armeggiando con il binocolo a visione notturna. Karin. Cesare proprio non sopportava i nomi stranieri. Sebbene avesse un nome così infelice e avesse ormai compiuto ventidue anni, Karin continuava a rimanere la sua bambina speciale. Aveva ereditato le caratteristiche migliori di quel brontolone del suo amico Achille: la decisione, la forza di volontà, il coraggio e la bontà d'animo. Di suo aveva sviluppato un'innata simpatia che in suo padre era quasi totalmente assente. Il suo amico sarebbe stato fiero di lei e, in quel momento, estremamente preoccupato.

<< Mi sa che avevi ragione tu Zio Cesare. Ho speso un botto per questo arnese ma non vedo nulla. >> esclamò Karin mentre armeggiava con la rotella in mezzo ai due oculari.

<< Parla sottovoce. E' che non mi ascolti. Se tuo padre ci fosse ancora ti tirerebbe le orecchie. Sei una spendacciona. Te l'avevo detto che era inutile>> ribattè Cesare mentre cercava una posizione migliore. Erano sistemati dietro ad alcuni cespugli a una distanza tale che permetteva loro di guardare il paese come dalle gallerie dei vecchi cinema.

<< E' che proprio i soldi non riesce a tenerseli in tasca, Cesare >> intervenne Dario. Lui buttava un'occhiata al paese e poi alle spalle degli altri due. Il guardaspalle lo chiamava Cesare. Era il suo ruolo. Era quello che aveva salvato le penne a Cesare in almeno due occasioni.

<< Ma sta zitto tu che l'ultima volta che hai comprato una maglietta era quella dell'Italia quando aveva vinto i mondiali. Sono quattro giorni che hai quella schifezza addosso >> sbottò Karin.

<< Sssshhh. Zitti. Ora basta. >>

Cesare continuava a dondolarsi, non riusciva a stare fermo. La gamba destra con l'umidità della notte tendeva a infastidirlo. Ormai non aveva più l'età per quel lavoro, ma "qualcuno doveva pur farlo" come ripeteva sempre a se stesso, forse per tentare di convincersi che non era diventato un vecchio inutile e noioso. In effetti l'unica che si era interessata al suo mestiere era proprio Karin. Aveva tentato di farla desistere in tutti i modi ma non c'era stato verso. "Voglio seguire le orme di mio padre" aveva detto, con un tono talmente drammatico che Cesare non aveva potuto resistere. Ogni tanto, quindi, la portava con sè per escursioni innocue: qualche verifica di giorno, per lo più luoghi sospetti o segnalazioni da parte della Congrega. Nel novanta per cento dei casi non c'era nulla. Nel restante dieci per cento, però, sì. E in quel dieci per cento occorreva registrare le prove e battersela a gambe levate prima che facesse buio. Negli ultimi quattro anni era capitato solo cinque volte e in tutti i casi la pratica venne risolta il mattino del giorno dopo con il massimo riserbo. E se ne occupava sempre Cesare, da solo. La segretezza era basilare nel suo mestiere. In pochissimi conoscevano il lavoro di Cesare Marigotti: i colleghi e un altro paio di persone e una di queste era proprio Karin. Una luce nel frattempo si accese all'interno di una delle case del paesino che i tre stavano sorvegliando dal lato che dava verso la montagna.

STORIE QUASI NORMALI di Mau TrifibaWhere stories live. Discover now