Capitolo 49 (VII). La lenta discesa

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Alfredo aveva preso in simpatia la coppia, soprattutto, Marco come era stato per Franco dal quale, comunque, aveva saputo la sua storia; per Alfredo avere Anna in casa fu un modo per ricordarsi i momenti con sua moglie incinta tanto tempo prima; fu sempre gentile con lei e Anna stemperò la malinconia di non poter partorire normalmente con lunghi discorsi e letture; le dispiaceva non far partecipare il suo gattino alla nascita, ma così era la realtà e doveva accettarla, anche come dottoressa. Man mano che passavano i giorni ella, anche auto-palpandosi, capiva che Elena rimaneva a testa in su e prese accordi con l'ospedale per un cesareo programmato che fu fissato circa cinque giorni prima della scadenza naturale, il 2 ottobre 2001. Marco era agitato, ma Anna, prima di entrare in sala, sdraiata in barella, già con l'epidurale fatta, gli disse:

«Va tutto bene gattino, andrà tutto bene, io stessa non mi consiglierei di partorire, tante cose possono andare storte con un podalico specie se il primo, sia per me che per lei. Mi sarebbe piaciuto fartela vedere nascere, ma è andata così.»

Marco provò a rispondere da ingegnere: «non si può fare proprio nulla micia per girare Elena?»

«No gattino, se non vuole non vuole, i bambini non sono delle trottole in pancia che giri come vuoi, e poi comunque adesso non avrebbe spazio per girarsi. L'ospedale ha questo protocollo: al secondo parto si può provare la via vaginale anche in caso di podalico — sempre che non ci siano stati cesarei prima, i precedenti siano andati bene e. . . un sacco di altre condizioni tecniche che non ti dico — ma come primo parto no. Gattino, stai tranquillo andrà tutto a posto. Tra un'ora circa mi rivedi, ma prima di me ti daranno Elena da prendere, stai qui, io dovrò stare in sala ancora un po' per le suture. Ci vediamo dopo, stai sereno.»

Ma era come parlare a un muro, Marco era agitato: «Micia, davvero posso star tranquillo?», le chiese stringendole la mano libera dalla flebo.

«Gattino, non c'è problema. . . », Anna gli strinse la mano, sembrava che Marco fosse quello che doveva andare sotto i ferri, gli sorrise, «dai, e te lo dice una quasi ginecologa. Un cesareo è di routine, uno su tre nasce così ormai, stai tranquillo. Mi opera un collega che conosco bene, conosco l'anestesista, sono di casa qui, dammi il tempo di riprendermi e tra cinque–sei giorni la tua micia ritorna come prima.»

A malincuore Marco la lasciò andare in sala operatoria, ma tutto andò bene come disse Anna. In poco più di venti minuti un'infermiera uscì per dargli Elena da tenere mentre Anna era dentro per esser ricucita; avendo avuto un'epidurale aveva già potuto salutare la bambina in braccio al chirurgo prima di esser portata al papà.

Aveva occhi scurissimi, praticamente neri, e lo guardava tranquillamente, era stata pulita e avvolta nella coperta verde dell'ospedale, gli somigliava tantissimo tanto che l'infermiera che gliel'aveva consegnata aveva detto: «non ci sarebbe bisogno di chiederglielo, lei è sicuramente il papà! Congratulazioni. . . »

«Ciao Elena, come sei carina. . . » furono le prime parole che le disse tenendola in braccio, «speriamo che la mamma stia bene, aspettiamola.»

Elena lo osservò curiosa con quegli occhi neri indecifrabili, ma come se le fosse capitato uno strano papà; in effetti, fino a quel momento, non si era reso conto di esserlo: capì di esser padre solo in quel mattino del 2 ottobre 2001; un conto era stato vedere sua moglie con la pancia, un conto era tenere sua figlia in braccio. Realizzò che, ormai, egli e Anna erano più di una cosa sola, erano diventati genitori, «Elena. . . », le disse poi, «cercherò di essere un bravo papà per te. Non sono stato fortunato con il mio, ma cercherò di esserlo per te. Dammi fiducia, spero di non deluderti.»

Elena continuò a osservarlo, bella sveglia, sembrava anche ascoltarlo, aveva manine minuscole e unghie già cresciute, pelle bianca come il padre, pochi capelli, rossicci, aveva preso un po' del biondo della mamma e del rosso del papà e gli occhi di un colore indefinibile ma — per il momento — scuro.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora