Capitolo 49 (V). La lenta discesa

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«Lo vedo. . . immaginavo che capitasse, Ilì, prima o poi», Maria nel mentre cullava Emanuele per calmarlo ma egli ripeté la domanda: «nonna Ma'ia pecché papà Coiano no Gheon?», Maria lo posò a terra (dopo un po' era pesante da tenere anche per lei) si accucciò, «Emanuele. . . amore, la mamma voleva stare con il papà ma. . . non vivere insieme a lui, il papà non ha voluto e ha scelto di stare con un'altra donna, Silvia. . . »

«Mamma Tivia?»

«Sì. . . », a Maria non piaceva chiamarla così, ma per Emanuele cedette, «sì, "mamma Silvia", quella che sta con papà a Genova.»

«Mamma Tivia papà Gevona bava. Gheon papà mamma Iaia Coiano, no?»

«No, Emanuele, papà non credo che verrà mai qui a Colliano con la mamma. . . però lo vedrai tra tre giorni; qui puoi avere zio Marco e Ghemon e poi. . . hai anche i tuoi amici, i figli di Naomi e Lisa, li siamo andati a trovare ieri», Maria disse questo guardandolo negli occhi e parlandogli piano, per farglielo capire, Emanuele stette un poco in silenzio, non pianse, ma disse poi, quasi come un bambino più grande:

«Ema'uele titte no papà Coiano mamma Iaia Gheon», sembrava aver capito che il divieto del papà a Colliano fosse — ormai — irreversibile e qualcosa da accettare come facente parte della sua vita, «Ema'uele titte no papà Coiano, nonna Ma'ia», Marco si intenerì, quello sguardo e quel tono triste del bambino risuonava in lui come un "già vissuto", Ilaria vide quasi la stessa espressione nei due e capì cosa stava pensando il fratello; «amore di nonna, vieni qui», Maria abbracciò il bimbo, senza dir altro.

«Marco mio, tu. . . ti sentivi così, come Emanuele?», gli andò vicino, gli pose una mano sulla spalla e gli fece una carezza, «sì Ili. . . », Marco sospirò, si appoggiò alla mano di Ilaria e le prese quella sulla spalla incurante di essere visto da Maria, però non volle proseguire quel discorso — non con Maria presente, perlomeno — non voleva farla sentire in colpa per avergli tolto il padre.

«Emanuele, vieni», gli disse Marco per cambiare argomento, «finiamo di disegnare zio Paperone e ti leggo poi la storia. . . vuoi?», «zio Macco sì!», Emanuele si staccò da Maria, «zio Pape'one Ema'uele voio cololo. . . », gli ritornò in braccio e Marco lo accomodò sulle sue ginocchia, «leggi Ema'uele 'toria zio Pape'one cololo io»

«Va bene, Emanuele, prima coloriamo», lo zio Paperone disegnato da Marco non sarà stato un'opera d'arte, ma si capiva, «tieni, qui ci sono i pennarelli», gli aprì la scatola e glieli porse, «ti leggo intanto la storia. . . », Marco sentì di calmare sé stesso calmando Emanuele; le due donne, ma specialmente Maria, videro per un attimo due bambini che si calmavano a vicenda; ma Marco, all'epoca, non era stato consolato da nessun "zio Macco".

«Marco mio. . . », Ilaria gli stette dietro la schiena, mettendogli le mani sulle spalle; si immaginò il suo Marco bambino, come il suo, sofferente senza papà.

«Sai, Marco. . . », Maria scosse il capo, sospirò, diede la conferma, anche se le costò fatica, «eri così anche tu, come lui. . . », poi si alzò e andò a riprendere il lavoro interrotto al lavello.

«Davvero zia? Quando. . . ?», Marco si riscosse improvvisamente, come se un pensiero fosse stato interrotto: «io. . . non ricordo bene, solo un'immagine. . . sono rimasto a pensare; Emanuele mi ha fatto ricordare questa cucina, proprio qui; il mobile di fronte a noi, era lo stesso», Emanuele nel frattempo aveva preso l'arancione e colorava — abbastanza preciso — il becco di zio Paperone.

«Sì era qui, Marco, ti ricordi bene. . . », Maria mise a scolare il tagliere e la mezzaluna, anch'ella era come Ilaria, non riusciva a stare calma senza tenere occupate le mani, andò alla madia, la aprì e con la spatola di ferro cominciò a pulirla dai residui di pasta secca, «era la prima estate che tu venisti a casa mia, il '78, Ilaria era appena nata, Antonio era seduto dove tu siedi adesso. . . »

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Where stories live. Discover now