19 - La Fucina

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15 Ottobre 2002 (Seconda Parte)

Dal dirupo che si affacciava di fronte a Ca Botina, Marco mi fece intravedere una ripida scala intagliata nella roccia, che portava proprio in fondo allo strapiombo. Ed io, anche se leggermente intimorita presi a seguirlo, troppo curiosa di vedere la fucina di Furio Botina.

La fine della scala di pietra giungeva proprio di fronte ad una massiccia parete di granito in cui vi era intagliata una porta ed una finestra, dalla quale usciva una canna fumaria ormai vecchia. A parte la scala non vi erano vie d'accesso e più che un posto di lavoro, sembrava un rifugio nella roccia estremamente studiato.

Marco afferrò la maniglia del portone in legno e la piegò, facendomi cenno di entrare e io lo seguii. All'interno la Fucina era composta da due stanze: un piccolo laboratorio con attrezzi e tavoli, di fronte alla finestra e una sala sul fondo dove si stagliava un enorme braciere intagliato nella parete rocciosa che ardeva senza mai spegnersi.

-Be' sembra proprio l'officina di un fabbro...- dissi io, togliendomi la felpa per il forte calore emanato dalle fiamme.

Marco scoppiò a ridere: - E' così infatti! Cosa pensavi di trovare? Calderoni di pozioni e bacchette magiche?-

-No ecco...io...-

-Ti prego Ali, non fare come quel cretino del tuo Compagno, non considerarmi alla stregua di Harry Potter!- gemette lui.

-Ma no...non è quello...è solo che nell'immaginario comune...-

Marco sorrise e si diresse sul tavolo davanti a lui, dove erano poggiate un'infinità di chiavi: - Qui non c'è nulla del genere...-

Poi con un leggero movimento della mano fece sollevare una chiave in aria. Io rimasi colpita, non era solito dare sfoggio delle sue capacità, benchè le ricordavo benissimo nella battaglia al Picco dell'Aquila. Con una strana euforia nello sguardo Marco fece un altro movimento e la chiave prese a volare attraverso la stanza, dirigendosi dietro al fuoco del braciere scavato nella roccia. Lì percepii uno scatto, come se ci fosse la presenza di una serratura e quando questa girò, dovetti ritrovarmi d'accordo col mio migliore amico: nulla in quella fucina apparteneva all'immaginario comune.

La chiave aveva come sbloccato tanti riquadri nella nuda parete che contornava il braciere, dai quali emergevano gli oggetti più strani, tutti rigorosamente forgiati a mano. Dal pavimento si erano sollevati sedili in pietra, disposti a cerchio attorno al fuoco e sulla sinistra era comparsa un'immensa libreria, con tomi che sembravano appartenere a secoli passati: più che una fucina ora quella sala dava l'idea di essere un'aula, un'aula di stregoneria.

- Questa fucina appartiene alla mia famiglia da secoli, prima ancora della caccia alle streghe, qui venivano forgiati molti Apprendisti...ed è qui che io e Bea passavamo le nostre estati da bambini.- fece lui guardando con affetto quella sala tinta di colori caldi dal braciere ardente.

- E' pazzesco...- feci estasiata guardandomi attorno, ancora incredula di fronte a quello che vedevo.

Lui fece un passo avanti, verso la parete di roccia ripiena di nicchie e continuò a spiegare: - Il dono del Fuoco rende la manipolazione dei metalli più semplice, mio nonno non era il solo a saperlo usare, per questo questa fucina è piena di oggetti, talismani e amuleti, ognuno con funzioni diverse.-

Prese dalla parete un lungo pugnale d'argento, con un manico nero ed una pietra rossa incastonata sulla sommità, la cui lama brillante sembrava molto pericolosa: - Lo stregone può dare un'intenzione a quello che forgia, questa è una lama letale ma in realtà...- premette con forza la punta affilata sulla sua mano e quella si piegò senza ferirlo: - Se usata su chi può usare il Potere...non può ferirlo.-

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