Take Me With You And Don't Le...

i_am_a_Moonwalker द्वारा

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"...E sì mi manca. Mi mancano i suoi baci, mi mancano i suoi abbracci, le sue battute, la sua insicurezza, il... अधिक

Cast
Prologue
Chapter 1. Arrive To Milano
Chapter 3. Let Me Help You
Chapter 4. Save Her

Chapter 2. Listen To 'Guerriero'

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i_am_a_Moonwalker द्वारा

"Muoviti Diana! Siamo in ritardo!"

Jazzy spingeva l'amica per le strade di Milano, mentre lei protestava per il suo sonno interrotto.

"Potevi anche lasciarmi dormire cinque minuti di più, mi sembra di parlare con uno dei due Colonelli" le rispose l'altra, riferendosi sia a Claudia che a Marta, che aveva mandato un messaggio chiedendo alle ragazze di essere puntuali il giorno dopo.

'Evidentemente è stata contagiata dalla cugina' si ritrovò a pensare l'italiana mentre varcavano la porta dell'hotel.

"Ecco, ora possiamo rilassarci, non è meno stressante?"

"Preferisco rischiare di fare tardi" borbottò la bionda in risposta, guardando Marco che arrivava accompagnato da un altro ragazzo, più o meno della sua stessa età.

"Ma guarda un po' chi ci ha degnati della sua presenza, quale onore!" Davide, il batterista di Marco nonché suo amico da X-factor, prese in giro Diana.

"L'Oceano Atlantico era abbastanza grande da permettermi di non sentirti più. È una tragedia sapere che non sarà più così ora che dovrò starti vicino" rispose lei.

"Ah, quanto mi sei mancata Diana"

"Davvero? Io... non ho neanche notato la tua assenza. Comunque buongiorno Marco" si avvicinò al cantante per dargli un rapido bacio sulla guancia, ricambiata, dopo un attimo di esitazione, da quest'ultimo.

"A me il bacino no?" scherzò il batterista.

"No, per carità!" si finse spaventata la bionda, mentre Jazzy ancora tentava di capire bene il discorso.

"Buongiorno Jazzy" rise Marco, dando un bacio anche a lei.

"Buongiorno" rispose, mentre guardava ancora una volta la sua amica.

"Menomale sta meglio di ieri" si ritrovò a sussurrare la mora.

"Come?"

Chiese Marco, curioso come un bambino. Aveva capito, ma voleva averne la conferma.

"No, nulla. Non ti preoccupare" liquidò la faccenda Jazzy, mentre dentro di sé gioiva.

Finalmente la sua amica, la sua migliore amica, aveva sorriso veramente felice, senza ombra di preoccupazione.

Non che il giorno prima non l'avesse fatto, ma c'era sempre stato il passato nel suo sguardo.

Continuava a ricordare la fine della conversazione della sera prima con una nota di panico.

Erano sedute sul letto della bionda, una di fronte all'altra, e stringevano entrambe un cuscino tra le braccia.

Jazzy non parlava, aspettando pazientemente che la sua amica rinvenisse dallo stato di trance in cui era caduta.
Ciò che le aveva appena detto, anzi, confessato, per lei non era una novità.

Sapeva cosa la sua amica avesse passato ed anche quanto fosse difficile per lei aprirsi con le altre persone.

Diana aveva la tendenza di tenersi tutto dentro, di non dire nulla. Lei metteva in mostra il suo sorriso e con quello la gente pensava che stesse bene, ma dentro di sé faceva a botte con tutto: il dolore, la rabbia, la tristezza e la mancanza.

E quante volte quel sorriso aveva significato per le persone che incontrava che diventavano suoi amici che loro non l'avrebbero mai conosciuta davvero, anche se pensavano il contrario.

"Vorrei solamente che la terra si aprisse ed io sprofondassi giù" sospirò la bionda, continuando a guardare un punto indefinito della stanza.

"No, no. Non pensarci nemmeno. Non te lo permetto" affermò con veermenza la mora.

L'ultima cosa che voleva era che la sua amica cadesse in balia alla tristezza.

"Forse sarebbe meglio se succedesse" mormorò l'altra.

"Diana guardami. Guardami" Jazzy si sistemò meglio, facendo in modo che la sua amica la guardasse.

"Tu sei forte, ok? Non permettere loro di farti più male di quanto non ti abbiano già fatto, non gettare la spugna proprio ora.
Non riesco a credere che tu, dopo tutta la fatica ed i sacrifici fatti per arrivare fin qui, non voglia dimostrare chi tu sia. O te lo sei dimenticato?"

"Sono una ballerina, non me lo sono dimenticato" rispose decisa.

"Allora comportati come tale. I ballerini ballano, a qualunque costo. Ora mandali a fanculo e, come sempre, fai la cosa che sai fare meglio. Ok?"

La bionda rise e l'abbracciò. Nessuna delle due aveva mai detto all'altra quanto si volessero bene. Diana perché non ci riusciva: pensava che dicendolo ad alta voce, quest'affetto sarebbe sparisse, che le parole rendessero finto un sentimento sincero. Jazzy perché la capiva, e non si esponeva più di tanto.
Ma entrambe sapevano. Sapevano che il loro affetto non l'avrebbe potuto spezzare nessuno.

"Io sarò sempre al tuo fianco. È una promessa"

Le parole erano venute fuori istintivamente, senza che ci pensasse. Ma era questo a dargli il loro vero valore.

"Lo so" ricevette come risposta dalla bionda, che stava appoggiata con il mento alla sua spalla, per cercare, ancora una volta, l'affetto che le era mancato.

Persa com'era nei ricordi, non sentì Diana che la chiamava preoccupata.

"Jazzy!"

"What?! I'm fine, don't worry!" disse lei, mentre non capiva perchè la guardassero tutti un po' straniti.

"In italiano, Jazzy" la riprese Diana, tentando di non ridere.

"Oh...scusate" mormorò imbarazzata.

"Ah, non ti preoccupare, ci serve qualcuno che ci insegni a parlare qualcosa che non sia l'italiano" scherzò Davide, facendo ridere la ballerina.

"Se è così, sarà un piacere farvi da insegnante" stette al gioco lei.

"Jazzy, vieni un secondo?" Marta la chiamò dall'altro capo della hall e lei le andò incontro.

"Ma, la ragazza....." iniziò Davide.

"È fidanzata, con un ragazzo di New York dell'età di Marco, ed è una relazione che dura da molto. Non hai speranze, mi dispiace" lo interruppe la bionda.

"Peccato" fece una smorfia, per poi andare via lasciando il cantante con la ballerina.

"Dormito bene?" chiese un po' insicuro Marco.

"Sì, sono solo un po' scombussolata dal fuso orario, niente di che. E tu?"

"Bene, tutto bene"

Cadde un silenzio a dir poco imbarazzante tra i due, dato che entrambi non sapevano cosa dire.
Fu Diana a prendere parola.

"Allora, non dirmi che dovremo allenarci qui"

"No, assolutamente no, io, Iaia e Marta vi accompagneremo alla vostra sala prove, che è praticamente vicina a dove si terrà il concerto"

"Perfetto. E... chi monterà la coreografia?"

"Non ne ho la più pallida idea" si grattò la nuca imbarazzato.

"Come non lo sai?" finse di rimproverarlo lei.

"Se giro sempre assieme a Iaia un motivo ci sarà! Ho la memoria di un bradipo!"

"Me ne sono accorta!"

Lui mise il broncio, mentre lei iniziò a ridere, seguita, poco dopo, dal cantante.

"Che avete da ridere voialtri?" Claudia si avvicinò a loro, mentre entrambi tentavano di reprimere le risate.

"Io ridevo del fatto che Marco qui presente non sappia chi monterà la coreografia"

"Non me l'ha mai detto, adesso non penso di poter diventare un indovino!"

"Ok... non bastavi solo tu Marco a rompere, adesso c'è anche Diana..."

"Sono offeso!"

"Io anche!"

La interruppero entrambi, mettendo il broncio e facendola sospirare pesantemente, cosa che, anche se ancora non sapeva, avrebbe fatto molto in quella giornata.

"Comunque un vostro professore, mi pare... Dulaine?"

"Ah, allora va bene, per un solo breve e terrificante istante ho pensato che Marta montasse la coreografia e mi era venuto male"

Risero sotto i baffi, vedendo che la persona nominata stava avanzando, con Jazzy affianco, verso il trio.

"Andiamo?" chiese la manager.

Uscirono tutti insieme dall'hotel per poi andare verso la macchina che li avrebbe portati in quella che sarebbe stata la sala prove delle due ballerine per il tempo che avrebbero trascorso a Milano.

"Possiamo accendere la radio?" chiese Diana dal sedile di fianco a quello del conducente, quindi di Marco medesimo.

"Certamente"

Lei accese e subito una voce maschile, abbastanza grave, innondò la macchina. Non era una canzone di Marco, dato che questa era rap. Solo che Diana non riusciva a capire di chi fosse, nonostante l'avesse già sentita.

Ricordi che ti giuravo
Che prima o poi mi avresti visto e sentito in radio
Perché a tenermi un posto fisso non ero in grado
Divido con chi c'era lì quando digiunavo

Marco, pensando non le piacesse dato che lei stava ferma con il viso rivolto verso la radio, fece per cambiare ma lei lo fermò.

"Lasciala, perfavore" gli chiese, rapita dalla melodia.

Ho fatto un sogno così forte fra' che era un segno
Ma non l'ho più messo in forse neanche da sveglio
Ora che sento tutta la città qua sotto il palco
Che urla il mio nome come se stessimo scopando
Marracash

Ecco di chi era quella canzone! Come aveva fatto a non pensarci prima? Si mise a cantare anche lei il ritornello, cantato da una voce femminile.

"Ti dicono non sei nessuno
Se poi non passi in radio, in radio
Oggi che sei conosciuto per me sei solo un estraneo
Solo una voce in radio
E parlano di te senza sapere che
Tu già da prima eri importante anche solo per me
E tutti chiamano il tuo nome
Adesso che sei in radio, in radio"

Da quel momento riprese la parte rap e lei rimise in silenzio, guardando fuori dal finestrino.
Solo dopo qualche minuto si rese conto che, oltre ad essere fermi davanti ad un grande ed imponente edificio, tutti i presenti dentro quell'auto la stavano fissando.

"Che c'è?" chiese spaventata.

"Tu mi hai nascosto che sai cantare, ecco cosa c'è! Perchè non me l'hai detto prima?" esclamò indignata Jazzy.

"Ma se canto malissimo!"

"Iaia le tiri una botta in testa prima che la uccida io perfavore?!" fu Marco stavolta a parlare.

"Con piacere, ma non penso di avere nulla di abbastanza pesante per lei e la sua testa cocciuta!"

"Grazie eh!"

"Ora mi chiedo perchè non l'abbiamo presa tra le coriste"

"Uno: perché le avete già e sono anche ottime. Due: perché era poco originale. Tre: perché non avrei mai accettato di cantare perchè, e questa è la quarta motivazione, non sono così brava" finì di elencare tutti questi motivi mentre scendeva dalla macchina, con la borsa di danza sulla spalla e un sorriso canzonatorio impresso sulle labbra.

"Andiamo?" chiese prima di chiudere la portiera.

Claudia sospirò pesantemente. Quella sarebbe stata una lunga giornata, ed era solamente la prima!

'Ma cosa ho fatto di male?' pensò, scendendo anche lei.

Marta l'affiancò, anche lei con lo stesso sguardo. Diana non sarebbe cambiata mai.

Entrarono e presero l'ascensore per il terzo piano.
Arrivati una melodia di una chitarra, probabilmente classica, proveniente da dietro la grande porta a vetri, colpì il cuore dei presenti.

Marco, Claudia e Marta, pur essendo la prima volta che sentivano quella chitarra suonare, ne rimasero colpiti e, ognuno preso nei propri ricordi, presero a vagare nel passato, ai momenti in cui sei solo un bambino e vedi tutto il mondo come se fosse il paese delle meraviglie, dove prendere il té delle cinque con lo stregatto e il cappellaio matto è normale.

Jazzy e Diana, invece, conoscevano molto bene quella melodia e sapevano suonarla entrambe. Peccato che tra il sentirla e il suonarla ci fosse un abisso di differenza.
Eppure sarebbero rimaste entrambe, anche se per la centesima volta, lì fuori, dietro quella porta, nascoste alla vista del loro professore che indisturbato continuava a suonare. E continuare a vagare con quelle sensazioni che le portavano in alto, che le facevano venire voglia di ballare. E ballare. E ballare. E ballare. Finché non ci fosse stata altro che la danza nel loro corpo.

"Millinghton e Salemi, a meno che non vogliate rimanere lì fuori senza uno straccio di coreografia, vi consiglio di venire dentro, seduta stante" la voce maschile proveniente dall'interno della sala sembrava rabbiosa, ma le due sorrisero e si guardarono, come due complici.

"Come essere ancora a scuola!" sospirarono all'unisono mentre entravano dentro, seguite dagli altri tre.

La sala non era grandissima, ma andava più che bene. Accanto alla porta dalla quale erano entrati la parete era coperta dagli specchi che arrivavano dal soffitto fino a terra e, di fronte, la parete era bianca con una sbarra di legno chiaro, che era lo stesso colore del parquet. Verso sinistra, in fondo ed addossato alla parete, un pianoforte a coda nero era in bella mostra e, accanto ad esso, un computer.
Al lato destro, invece, vicino alla porta, era posta una panca, appoggiata alla parete, anch'essa, ricoperta di specchi. Ai lati della panca, poggiate a terra, due casse nere facevano la loro figura.

"Buongiorno professore" dissero, posando le loro borse sulla panca.

"Buongiorno, e lei è la signora Donà, vero?"

"Sì, sono io" Marta fece un passo avanti, stringendo la mano di quell'uomo.

Era sulla trentacinquina, più o meno, non aveva barba e i capelli quasi neri gli arrivavano sulle spalle. Gli occhi erano scuri e magnanimi, la pelle olivastra e aveva un ché di hispanico nei suoi lineamenti. Dalla postura eretta e dal corpo si vedeva che questi fosse stato un ballerino un tempo.

Portava una maglia a maniche corte grigia, non troppo attillata, e dei pantaloni neri, non larghi, ma nemmeno stretti. Ciò che era strano per il trio era il fatto che avesse i calzini e non le scarpe.

"Bene. Se permette, io non conosco il genere di Marco, quindi mi chiedevo se per lei fosse possibile darmi uno dei suoi cd o un brano per iniziare a provare"

"Certamente. Eccolo" gli passò il cd di 'Parole In Circolo' che lui prese ed inserì senza esitazione dentro il computer.

Le prime note di Guerriero iniziarono a rimbombare in quelle quattro mura e poi una voce.
Quella di Marco.

E proprio il sottoscritto guardava le reazioni dei tre ballerini.
Jazzy e Dulaine si stavano palesemente, oltre che analizzandola, godendo la canzone: la prima muoveva la testa mentre il secondo sembrava dirigere un'ipotetica orchestra muovendo l'indice della mano destra.

Diana invece era ferma, immobile. Il suo viso era come paralizzato e anche questa volta quegli occhi parlavano più di quanto lei stessa avrebbe potuto fare.
Quegli occhi erano come il giorno prima, di cristallo e come gli parevano fragili in quel momento, anche più della prima volta.

Finita la canzone, prima che Esseri Umani potesse partire, Dulaine fermò la musica.

"Davvero un bel brano, i miei complimenti Marco" si espresse il professore.

"Grazie" rispose, visibilmente a disagio. Non che i complimenti non fossero ben accetti, ma erano capaci di lasciarlo ammutolito, come sempre, del resto.

"Allora signor Dulaine, per quanto le tratterà qui?"

"Tutto il giorno, ovviamente"

"Come?" non era riuscito a rimanere zitto, anche se avrebbe voluto farlo.

"La danza è sacrificio, signor Mengoni. Bisogna donarle tutto: anima, corpo e sangue, se si vuole che questa venga bene"

"E lui lo sa, si fidi" si intromise Claudia, riuscendo, in poche parole, a salvarlo da una discussione imbarazzante e a portarlo via da lì.

"Stai zitto la prossima volta, ti prego" gli chiese Marta mentre metteva in moto la macchina.

"Non sono riuscito a trattenermi" si giustificò lui.

"Le vengo a prendere io dopo" disse dopo poco a Claudia.

"Non ci pensare neanche. Le prove saranno lunghe e tu sarai troppo stanco"

Ma fu comunque lo stesso Marco, anche dopo una giornata di prove stressanti come aveva previsto la cugina, ad andare a prendere le due ballerine.

L'ascensore era occupato, così salì le scale e, arrivato al secondo piano, fu invaso dell'angoscia per ciò che vedeva.

Diana stava lì, seduta su un gradino nella penombra, immobile, mentre una lacrima le scendeva lentamente sulla guancia per poi finirle fra le labbra.
Non si era accorta della sua presenza, questo era evidente da come tenesse lo sguardo fisso verso le ginocchia che aveva stretto al petto.

Le mise una mano sulla spalla, sentendo il leggero tremito del suo corpo, dovuto, oltre che al suo pianto silenzioso, alla bassa temperatura delle scale e del suo abbigliamento poco pesante.

"Diana?" la chiamò sottovoce, come a non volerla spaventare, mentre si metteva seduto accanto a lei.

I loro occhi si incontrarono per una frazione di secondo, quanto bastava per averli già capiti: erano spenti.
E poi lei si accoccolò al suo petto, bagnandoli leggermente la camicia che indossava, mentre lui la stringeva a sé.
Stettero in quella posizione per quelli che gli parvero anni, anche se invece passarono solamente pochi minuti.

"Mi canti l'ultima strofa della tua canzone?" un flebile sussurro, che lui riuscì ad udire solo per il silenzio che li circondava.

La canzone, quella che avevano sentito insieme. L'unica sua che lei avesse ascoltato in sua presenza.
E cantando suggellò la promessa che si era fatto la sera prima.

"Ci saranno luci accese di speranze, e ti abbraccerò per darti forza sempre.
Giuro sarò roccia, contro il fuoco e il gelo. Veglio su di te, io sono il tuo guerriero"

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