Goodbye Lullaby || Harry Styl...

De holdmehaz

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E se gli One Direction non andassero d'accordo? Se non fossero come si mostrano in pubblico? Continueresti a... Mais

Prologo
Capitolo Primo
Capitolo Secondo
Capitolo Terzo
Capitolo Quarto
Capitolo Quinto
Capitolo Sesto
Capitolo Settimo
Capitolo Ottavo
Capitolo Nono
Capitolo Decimo
Capitolo Undicesimo
Capitolo Dodicesimo
Capitolo Tredicesimo
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindicesimo
Capitolo Sedicesimo
Capitolo Diciassettesimo
Capitolo Diciottesimo
Capitolo Diciannovesimo
Capitolo Ventesimo
Capitolo Ventunesimo
Capitolo Ventiduesimo
Capitolo Ventitreesimo
Capitolo Ventiquattresimo
Capitolo Venticinquesimo
25 Marzo 2015 - Zayn left
Capitolo Ventiseiesimo
Capitolo Ventisettesimo
Capitolo Ventottesimo
Capitolo Ventinovesimo
Capitolo Trentesimo (Parte Prima)
Capitolo Trentesimo (Parte Seconda)
Capitolo Trentunesimo
Capitolo Trentaduesimo
Capitolo Trentatreesimo
Capitolo Trentaquattresimo
Capitolo Trentacinquesimo
Capitolo Trentaseiesimo
Capitolo Trentasettesimo
Capitolo Trentottesimo
Capitolo Trentanovesimo
Capitolo Quarantesimo
Capitolo Quarantunesimo
Capitolo Quarantaduesimo
Capitolo Quarantatreesimo
Capitolo Quarantaquattresimo
Capitolo Quarantacinquesimo
Capitolo Quarantaseiesimo
Capitolo Quarantasettesimo
Capitolo Quarantottesimo
Capitolo Quarantanovesimo
Capitolo Cinquantesimo
Speciale Harry - La notte
Capitolo Cinquantunesimo
Capitolo Cinquantaduesimo
Capitolo Cinquantatreesimo
Capitolo Cinquantaquattresimo
Capitolo Cinquantacinquesimo
Speciale Harry - La ricerca
Capitolo Cinquantaseiesimo
Capitolo Cinquantasettesimo
Capitolo Cinquantottesimo
Speciale Harry - Il divieto
Capitolo Sessantesimo
Capitolo Sessantunesimo
Capitolo Sessantaduesimo
Capitolo Sessantatreesimo
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo Cinquantanovesimo

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De holdmehaz

Liam se n'è andato da circa un'ora. Quando Laura e Andrea sono rientrati, noi aveva già finito di rimettere in sesto la casa, ed ho deciso di non dir loro niente. Non voglio farli preoccupare inutilmente.

Sono distesa sul mio letto a guardare il soffitto. Fatico ad ammetterlo a me stessa, ma ho paura di Sparks. So che potrebbe uccidermi, e allora l'agenda che gli ho rubato non servirebbe a nulla.

L'agenda. Lì dove c'è scritto, insieme ad altri nomi, quello di mio padre.

Chiudo gli occhi e riporto alla luce i miei più bei ricordi.

A sei anni, andai a Disneyland Paris coi miei genitori. Ricordo che mio padre mi prese in braccio e mi fece fare la foto con il candelabro e l'orologio a pendolo de La bella e la bestia. Erano i miei personaggi preferiti e lo sono tutt'ora. Conservo ancora gelosamente quella foto, e lui ne ha una copia nel portafoglio. O almeno, l'aveva fino a un anno e mezzo fa. Non so se la tiene ancora lì.

Quando avevo nove anni, costruimmo insieme il modellino di una barca a vela e la facemmo navigare nel laghetto del parco vicino casa. Tutti i bambini la additavano ed io mi sentivo fiera a dire loro: 'È mia. L'ho costruita io col mio papà.'

A tredici anni, quando i miei si erano già separati da qualche anno, litigai di brutto con mia madre per un motivo che nemmeno ricordo. Andai a vivere da mio padre per tre mesi, e anche se all'inizio la convivenza fu difficile, dopo lo adorai. Ogni giorno riusciva a farmi sentire speciale con qualche piccola trovata.

Avevo diciassette anni quando gli presentai il mio primo ragazzo. Lo guardò come se avesse voluto incenerirlo con lo sguardo e lo sommerse di domande. Alla fine, quando costatò che era un bravo ragazzo e non aveva intenzione di violare la mia verginità almeno per i prossimi due anni, lo chiamò 'figliolo' e lo invitò a restare a cena.

Per il mio diciottesimo anno mi regalò la mia prima macchina, anche se non avevo ancora una patente. Si assicurò che io la prendessi in fretta e litigò per una buona mezz'ora con mia madre. Lei sosteneva che sarei finita spappolata in qualche incidente stradale, ma alla fine acconsentì. Anche se avevano divorziato, mio padre aveva ancora un certo potere su di lei.

A vent'anni ritornammo a Disneyland Paris, senza mia madre, e salimmo su tutte le attrazioni che quattordici anni prima non avevo potuto provare a causa della mia età. Pranzammo nella casetta dei sette nani e facemmo una foto del tutto identica con il pendolo e il candelabro de La Bella e la Bestia. L'unica cosa diversa dalla precedente era che noi aveva quattordici anni in più.

Poi, quando io avevo compiuto da poco ventidue anni, trovai lavoro all'Immidian e corsi subito a dirglielo. Ero così emozionata, pensavo che sarebbe stato felice per me e che mi avrebbe considerata finalmente adulta.

Ma non lo fece. Mi urlò di abbandonare quell'azienda finché ero in tempo e mi cacciò quando io mi opposi. Nel mese successivo provai per ben tre volte a far pace, ma lui non ne volle sapere.

E adesso mi manca terribilmente. Sento la sua mancanza con ogni singola cellula del mio corpo. In questi mesi ho cercato di reprimere questo mio sentimento, ma non posso far a meno di pensare che, adesso che ho lasciato il mio lavoro, non c'è nessun motivo per cui lui dovrebbe essere arrabbiato con me.

Mi ritrovo il telefono vicino l'orecchio prima che possa veramente elaborare il pensiero. Risponde al secondo squillo.

"Chi è?" risponde una voce resa roca dall'età. È la sua. Sorrido ed un piacevole calore mi avvolge il petto.

"Papà?" chiedo io. Non lo chiamo così da quasi due anni.

"M-Monica? Sei tu?"

"Sì, papà. Come stai?" Questa non è una domanda formale. Mi interessa davvero di lui.

"Si va avanti, piccola Momi. Tu? Che mi racconti?" Riesco a capire dalla sua voce che anche lui ha sentito la mia mancanza.

Mi sono trasferita a Londra, sto insieme ad un cantante di fama mondiale e... "Mi manchi" dico. La mia voce è un flebile sussurro, ma so che lui mi ha sentito.

"Mi manchi anche tu, piccola mia" confessa. "Sono stato uno stupido a lasciarti andare in quel modo. Sono felice che tu mi abbia chiamato."

Vorrei chiedergli: se gli sono davvero mancata, allora perché non mi ha mai chiamato? Ma mi mordo il labbro e mi trattengo dal trasformare i miei pensieri in parole.

"Ti va di venirmi a trovare?" propongo. "Abito a Londra adesso."

"Abiti a Londra? Da quanto?" mi domanda, stupito. Ogni volta che, da adolescente, gli dicevo del mio sogno di andare a vivere a Londra, lui scuoteva la testa e affermava che c'erano davvero pochissime probabilità che accadesse. Forse l'avrei visitata, diceva, ma non l'avrei mai fatta diventare la mia casa.

"Solo da qualche mese" rispondo. "Credo di aver vinto una scommessa."

"Oh-oh. Okay, lo ammetto, mi hai sconfitto. Quando verrò a trovarti, ti porterò la quantità industriale di Oreo che avevamo concordato."

Rido. Quando mi calmo, pochi secondi dopo, chiedo: "Stai cercando di dirmi che accetti la proposta? Verrai a trovarmi?"

"Potrei venire per le vacanze natalizie o-"

"Domani" lo interrompo, facendolo rimanere interdetto.

"Domani? Ma devo ancora prenotare il volo e fare la valigia."

"Domani" ripeto. "Abbiamo sprecato un anno e mezzo delle nostre vita senza parlarci. Dobbiamo recuperare, e subito."

La determinazione nella mia voce lo fa ridere. "Allora ci vediamo domani, Monica. Ti chiamo prima di partire."

"Ciao, papà" faccio, godendomi ancora una volta la sensazione di quel nome tra le labbra.

"Ciao, figlia mia" risponde lui, e chiude la chiamata.

Mi prendo qualche secondo per assimilare quello che è appena successo. Ho fatto pace con mio padre e domani lo rivedrò, finalmente. Dovrò spostare il colloquio per traduttrice editoriale, ma in questo momento mi importa davvero poco.

Caccio un urlo di gioia pieni polmoni, mettendomi in piedi nel letto e cominciando a ballare in modo casuale. Faccio due capriole di seguito finendo con il culo a terra, e rido.In quell'istante la porta della mia stanza si apre rivelando Andrea armato di padella e, poco dietro di lui, Laura.

"Cos'è stato quell'urlo, Monica?" chiede spaventata Laura, con voce così acuta da sembrare lo squittio di uno scoiattolo.

"Pensavamo che qualcuno si fosse introdotto in camera tua dalla finestra e ti stesse stuprando" continua Andrea. Appoggia la padella allo stipite della porta e sbuffa.

Solo in quel momento mi accorgo dei loro capelli arruffati e delle loro labbra arrossate. Andrea ha un erezione malamente nascosta nei boxer (messi al contrario, per giunta) ed invece Laura è nuda sotto la sua vestaglia di flanella rosa semitrasparente.

"O mio Dio" dico. "Vi ho interrotto mentre facevate sesso!"

Laura arrossisce e si nasconde dietro le spalle larghe di Andrea, che però ha il suo stesso grado di imbarazzo.

"N-no, che dici..." mormora lui, facendomi solo scoppiare a ridere rumorosamente. Non riesco a calmarmi, nonostante io lo voglia, e così finisco per ridere finché i miei fianchi non implorano pietà e le guance non mi fanno male.

"Scusate..." dico tra le risate, mentre i due mi guardano male. Mi asciugo un paio di lacrime che erano scese dai miei occhi per le troppe risate, e finalmente torno seria.

"Mi dispiace, non volevo prendervi in giro" dichiaro. "E, comunque, ho urlato perché mio padre viene a trovarmi domani."

"Non avevi litigato con lui?" chiede Laura aggrottando le sopracciglia.

"Abbiamo appena fatto pace!" esclamo, ampliando il mio sorriso. Laura corre verso di me, si inginocchia e mi abbraccia, stritolandomi.

"Sono così felice che tutto finalmente stia andando per il meglio, Monica!" trilla, stringendomi così forte da non permettermi di respirare. Boccheggio a vuoto.

"Laura, scollati. Mi stai premendo contro le tue tette!"



Spazio Autrice

Ho deciso di pubblicare un capitolo e non uno Speciale perché mi sembrava ingiusto farvi aspettare molto. Spero vi piaccia :)

In questo capitolo si ripercorre il passato del rapporto tra Monica e il padre e finalmente chiarisce la loro situazione. Spero di avervi strappato qualche risata con il finale ;)

Adesso vado,

holdmehaz

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