𝘴𝘦𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪𝘱𝘪𝘵𝘺 ⦂ 𝘺𝘰...

Door luh0pe

982 189 265

⎯⎯⎯ ֎⎯⎯⎯   ─𝙮𝙤𝙤𝙣𝙢𝙞𝙣    ⭗ angst; ┇Min Yoongi non capì di essere eterosessuale o omosessuale innamorand... Meer

   ⥠⁰⁰⥜
    ⥠⁰⥜
𝒊 𝒏 𝒕 𝒓 𝒐 𝒅 𝒖 𝒄 𝒕 𝒊 𝒐 𝒏
𝟏.   𝒂 𝒔 𝒕 𝒓 𝒖 𝒔 𝒐
𝟐.  𝒔 𝒐 𝒍 𝒊 𝒑 𝒔 𝒊 𝒔 𝒕 𝒂
𝟑.  𝒔 𝒑 𝒓 𝒐 𝒍 𝒐 𝒒 𝒖 𝒊 𝒐
𝟒.  𝒗 𝒂 𝒕 𝒕 𝒆 𝒍 𝒂 𝒑 𝒆 𝒔 𝒄 𝒂
𝟓.  𝒐 𝒃 𝒏 𝒖 𝒃 𝒊 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐
𝟔.   𝒓 𝒆 𝒃 𝒐 𝒂 𝒏 𝒕 𝒆
𝟖.   𝒓 𝒆 𝒎 𝒊 𝒏 𝒊 𝒔 𝒄 𝒆 𝒏 𝒛 𝒂
𝟗.  𝒑 𝒊 𝒂 𝒈 𝒏 𝒊 𝒔 𝒕 𝒆 𝒊
𝟏𝟎.  𝒕 𝒓 𝒂 𝒔 𝒆 𝒄 𝒐 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐
𝟏𝟏.  𝒑 𝒓 𝒐 𝒅 𝒓 𝒐 𝒎 𝒐
𝟏𝟐.  𝒇 𝒂 𝒄 𝒐 𝒏 𝒅 𝒊 𝒂
𝟏𝟑.  𝒂 𝒍 𝒕 𝒆 𝒓 𝒄 𝒐
𝟏𝟒.ㅤㅤㅤ𝒎 𝒆 𝒍 𝒍 𝒊 𝒇 𝒍 𝒖 𝒐

𝟕.   𝒊 𝒍 𝒍 𝒂 𝒏 𝒈 𝒖 𝒊 𝒅 𝒊 𝒓 𝒆

58 12 19
Door luh0pe

𓆨

Magari Jimin non aveva seguito un corso di formazione per genitori. Magari l'esempio ricevuto non era stato dei migliori ma aveva amplificato piuttosto il suo disagio. Chissà, forse Jimin era diventato genitore troppo presto, rimandando la risolutezza dei suoi quesiti più interni, che semplicemente erano finiti con l'essere oppressi. Non c'era più stato tempo di pensare a se stesso, di saziare la follia che certe volte brillava come un astro nei suoi grandi occhi nocciola, infine soppressa sotto un ombra di razionalità che si era costretto addosso. Sicuramente aveva lasciato molto alle sue spalle, come i suoi sentimenti, i suoi principi.

Magari Jimin aveva avuto bisogno di un po' di tempo in più per sapere come cambiare un pannolino e quando; magari più di una volta Jimin si era ritrovato in lacrime in risposta al pianto isterico della sua bambina, disturbato dal pensiero di non sapere come placarlo; magari aveva avuto bisogno di Yoongi più del dovuto nei primi mesi di vita di Jiyoon; magari Jimin aveva anche provato a scappare per scrollarsi di dosso un simile peso che non si sentiva capace di sostenere, certe volte.

Magari Jimin non aveva seguito un corso di formazione per genitori, ma rimaneva comunque un padre che sbocciava di gioia alla vista della sua bambina. Con l'amore che le riservava aveva capito che bastava semplicemente averla come centro del suo mondo, e così era stato per fare di lui un buon genitore. Jimin aveva prodigato il massimo delle sue capacità anche quando la sua bambina era scomparsa da sotto il suo naso per ben sei ore. Ce la metteva tutta e aveva continuato a farlo anche quando, in risposta al suo errore, lo sguardo amareggiato di Yoongi sembrava urlargli, nel modo più silenzioso possibile, che era un pessimo padre.

Ma era giusto che Jimin si fosse sentito un rifiuto umano per aver perso di vista sua figlia? Perché Yoongi era stato bravo a passargli quelle sensazioni che sembravano sprigionate nell'aria da inalare. Non lo aveva certo biasimato per quella reazione, né tanto meno per le parole che aveva deciso di utilizzare, sebbene in quel momento avesse deciso di evitare il suo malcontento e dedicarsi, insieme, alla ricerca della loro bambina. Ma internamente, quello sguardo aveva sconquassato il suo equilibrio mentale. Sbagliare e non sbagliare sembravano quasi la stessa cosa.

Jimin si muoveva come un fuori mondo, agitato nel mare calmo. Sulle sue spalle un peso criptico, ossia il giudizio che Yoongi gli aveva passato attraverso un singolo sguardo, sufficientemente coinciso da stabilirsi prepotentemente nella mente di Jimin fino a togliergli il sonno nei giorni a seguire. Si sentiva l'anello debole della catena; il tassello traballante della sua piccola e nuova famiglia; l'ombra sfocata. Inutile e meschino. Inutile per Yoongi; inutile per Jiyoon.

Erano sensazioni conosciute, le sue, ma a dispetto degli anni passati, Jimin sentiva di essere un po' cresciuto, tanto da poter credere di rialzarsi. Doveva solo rimettersi in pari con il tempo, per questo nella prima mattina di un mercoledì, Jimin camminava tra le strade, già sveglio e con sua figlia in veglia tra le braccia. I suoi capelli corvini erano nascosti da un cappellino di lana, oltre che dal cappuccio del suo giubbotto. Pur con gli occhi sigillati e la guancia sulla spalla del suo papà, quindi per metà assopita, ella si stringeva al petto di quest'ultimo, cullata dal suo odore.

"Attacchiamo questo qui."

E Jimin, improvvisamente ottimista, lavorava sul suo da farsi in compagnia della sua bambina. Credeva di tenerla al corrente di ciò che faceva, pur sapendo di non essere seguito appieno da lei in quanto troppo piccola e appisolata. Tuttavia, Jimin rispondeva del fatto di non essere solo e non sentircisi mai quando era con Jiyoon.

Le accarezzava la schiena affettuosamente mentre osservava il volantino dentro il quale si offriva di svolgere qualsiasi genere di lavoro o supporto per una misera retribuzione. Da quando il suo grembiulino da lavapiatti gli era stato sfilato malamente di dosso, Jimin si era sentito tanto libero quanto perso. Le circostanze a seguire non erano state delle migliori per girare troppo intorno al fatto che fosse disoccupato, ma ormai Jimin non aveva scusati per starsene con le mani in mano.

Certo, non aveva dimenticato la generosa offerta proposta dall'uomo in giacca e cravatta,  incontrato durante la fiera, ma prima di aderire ad un simile impiego doveva almeno fingere di impegnarsi per trovarne uno che potesse permettergli l'uso dei vestiti. Non gli piaceva granché l'idea di denudarsi sotto la raccapricciante faccia della lussuria. Figurasse, persino Yoongi non aveva ben chiare le forme del suo corpo. Poteva, da un giorno all'altro, essere in grado di mostrarsi ad un pubblico con chissà quale velata composizione di pizzo a separare lui da loro? Solo l'idea lo imbarazzava a morte, ma rimaneva ormai poca distanza anche tra la sua casa e la strada. Gran parte delle decisioni, a quanto sembrava, spettavano al tempo.

Alla fine aveva solo archiviato quella proposta. Non aveva buttato quel bigliettino da visita bensì riposto tra le pagine di un libro, uno qualunque, magari anche il meno adatto per nascondere il suo piccolo segreto, cioè quello di non essere sicuro di rifiutare un lavoro come lo spogliarello.

"Waffle."

Bisbigliò sua figlia interrompendo la meditazione collettiva ripiegata sui suoi ideali, in oscillazione su scomodi pensieri che, grazie al cielo, la piccola Jiyoon scacciò.

La sporse di poco, allontanandola dal suo petto per guardarla in faccia. Gli occhietti semichiusi e l'espressione contorta.

"È stato daddy a metterti in testa questa cosa?"

"Waffle."

Rispose solo lei a disco incantato. Jimin non le aveva mai fatto mangiare i waffle, quindi non c'era altra spiegazione. Sbuffò rumorosamente, pensando che la prossima volta che avrebbe visto Yoongi glie ne avrebbe dette quattro.

"E perché invece non inzuppiamo quei simpatici pupazzetti nel latte e li facciamo volare fino alla tua bocca, amore?"

Cercò di dissuaderla, imitando un vecchio gioco con cui Jimin cimentava sempre sua figlia durante la colazione, facendola ridere. Non ci fu comunque verso di farle cambiare idea. Sembrava che Jiyoon avesse davanti agli occhi quei dannati waffle con lo sciroppo d'acero. Lo sapeva che era così che li voleva, perché Yoongi ci andava matto e se Jiyoon li aveva assaggiati per mano sua allora poteva averlo fatto solo con quel dannato sciroppo. Ovvio che avrebbe condiviso il suo piatto preferito con una bambina che non avrebbe dovuto mangiare simili schifezze colme di condimenti pesanti.

Lei scosse il capo in segno di negazione, gonfiando appena quelle sue guance paffute e allargando un sorriso in volto.

"Waffle."

Jimin sbuffò silenziosamente, riportando la piccola contro il suo petto.

Maledetto Yoongi.

"Va bene, andiamo a prendere i waffle."

Canzonò sconfitto, lasciando alle spalle il suo volantino e raggiungendo il primo caffè per farsi servire quella scomoda colazione.

𓆨

Prima di fermarsi in una caffetteria, Jimin aveva voluto presentare di persona non il suo curriculum ma uno schema poco professionale di presentazione e disposizione di servizi casuali, quasi fosse un impresa ben registrata, se non fosse che il suo volantino fosse scritto a mano su un foglio bianco. Ovvio che, chiunque ci fosse capitato, l'avrebbe cacciato a calci dopo una lunga squadrata da capo a piede. In trenta minuti già una manciata di porte gli erano state sbattute in faccia. Pur avendo tra le braccia la sua bambina, nessuno sembrava aver preservato compassione nei loro confronti. Ragionevole. Forse era parecchio scortese da parte sua, d'altronde, pretendere di offrire mansioni su cui neppure aveva una base di esperienza.

Alla fine aveva abbandonato quei volantini all'interno di un cestino della spazzatura incontrato lungo la strada. La media di disapprovazione era tanto alta da fargli pensare che forse aveva sbagliato completamente metodo di approccio.

Ora anche gli ultimi won volarono dal suo triste portafogli, spesi per quei dannatissimi waffle che, maledetto Yoongi, gli era toccato comprare. Come se non bastasse era lui adesso complice dell'alto sgarro alimentare del piano di Jiyoon, che faceva a pezzettini le tre composizioni di waffle caldi e bagnati di sciroppo per imboccarla, giocando nel contempo. Per ogni boccone, incontrava gli occhi di Jiyoon sempre fissi suoi suoi, la sua bocca impastocchiata di quel liquido marroncino altamente zuccherato, il quale sbrodolava fino al mento, rendendo quel condimento, per Jimin che l'aveva sempre trovato disgustoso, un minimo piacevole. Non che l'avesse assaggiato nel momento, la fame gli era passata già da un po', forse giorni, ma il suo era più un apprezzamento superficiale. Il suo giudizio quasi dimenticato, perché adesso quello sciroppo non poteva più ricordargli Yoongi bensì anche Jiyoon, e lei era in grado di cambiare ogni cosa.
Il sapore di quello sciroppo, invece, l'aveva assaggiato più di una volta sulle labbra di Yoongi, per questo, alla fine, non poteva più vederlo.

"Fai aaahh.", la invitò, sporgendo la forchetta in direzione della sua bocca che venne accolta da una bimba affamata e golosa.

Maledetto Yoongi.

Eppure non smetteva di pensarlo, non c'era verso di togliersi quel nome dalla testa.

𓆨

La giornata era iniziata prevalentemente soleggiata. Jimin ogni tanto veniva baciato dai raggi del sole, cullato dal suo tepore quando non poteva riparare le mani dalla bassa temperatura a circondarlo, questo per sorreggere sua figlia tra le sue braccia. Da quanto accaduto pochissimi giorni addietro, durante la fiera, Jimin aveva avuto paura a lasciare Jiyoon anche solo per un momento, a costo di farsi venire la scogliosi. I muscoli delle spalle avevano già da prima cominciato a calciare, forse per richiamarlo, chiedergli quali fossero i suoi programmi, quanto ancora ne avrebbe avuto con la sua tortura, ma Jimin aveva evitato i crampi perché troppo impegnato a far notare a Jiyoon un giocoliere in metropolitana. Aveva creduto fosse divertente e quindi aveva invitato sua figlia a condividere con lui quel momento, quella breve ed illusoria risata, non che fosse durata poi così a lungo, solo il tempo che la piccola non si fosse stancata, dopodiché tornava lo sconforto.

Aveva davvero bisogno del supporto della sua bambina, non faceva che ripeterlo a se stesso e a dove sarebbe, a quest'ora, se lei non ci fosse mai stata.

Comunque la giornata era iniziata presto e Jimin avrebbe dovuto capirlo che l'aveva fatto con il piede sbagliato. Avrebbe dovuto distinguere la spensieratezza che gli si dipingeva sul viso come vernice su tela, quando in verità era tutto sempre associato a sua figlia. Non ci sarebbe stato il minimo sorriso sul suo volto se Jiyoon non l'avesse accompagnato durante i suoi giretti mattutini, anzi. Jimin non se ne era neppure accorto, ma, in quella giornata da poco iniziata, aveva già preso una serie di calci, attutiti dalla presenza di Jiyoon. Bastava che lei si allontanasse per recuperare quei colpi, accusarli tutti insieme. Ma quando Jimin incontrò un uomo sulla soglia del suo appartamento, impegnato a cambiare serratura alla sua porta d'ingresso, quei colpi anticiparono e quel briciolo di spensieratezza per di più si affievolì fino a scomparire, non lasciandogli niente.

"Signor Kim, che sta facendo?", gli era sembrato spontaneo domandare, ma, in cuor suo aveva già capito, ma qualcosa cercava di persuaderlo in modo da spezzarlo del tutto quando avrebbe avuto quel colpo violento: lo stavano sfrattando.

"Scusami ragazzo. Ma chi non paga l'affitto non è il ben venuto."

Jimin fiancheggiò l'uomo, il volto improvvisamente pallido e le pupille dilatate, e non perché quel condominio di merda non sembrava essere favorevole alla luce del giorno.

"Le ho detto che avrei pagato quando-"

"Sì, è la terza in questo mese che mi rispondi così, mio caro. La legge è uguale per tutti, spiacente."

"È solo-solo un periodo un po' critico, la prego. Le prometto che appena troverò lavoro-"

"Se le tue promesse fossero biscotti mia figlia sarebbe grassa."

Jimin rimase in silenzio, sbigottito, scioccato, in mille pezzi. Certo, niente di nuovo, poteva pensare. La vita in strada la conosceva abbastanza bene, c'era già cresciuto, ma ora le circostanze erano diverse, ora aveva una bambina, il compito di proteggerla e darle una casa. L'inverno era alle porte, le temperature improvvisamente basse e lui e Jiyoon, adesso, senza un tetto. Non andava affatto bene. Era impressionante come certe volte le cose potessero andare male, era impressionante come alle volte la vita stessa sembrasse tentar di buttarci giù un pezzo alla volta, quasi con aria di sfida. Non era altrettanto impressionante lo sguardo inespressivo del suo padrone di casa. La vista di una bambina, nei giorni di allora, non toccava proprio nessuno. Non che Jimin se ne sarebbe voluto approfittare, ma non era per lui che gli interessava un tetto, ma per Jiyoon.

"Visto che sono gentile e ci conosciamo da tanti anni, ti lascerò prendere le tue cose ma solo in mia presenza."

"Hai paura che io mi possa rubare quello schifo di carta da parati che ricopre le pareti piene di muffa?", Jimin incise sul suo volto un espressione severa, gli angoli affilati delle labbra inclinati verso l'alto mentre i suoi occhi scavavano nelle pupille del signore grasso ora nientemeno che un estraneo. Non gli dispiacque più per lui, per il fatto che fosse sempre stato una brava persona, perché ormai Jimin lo vide come un verme viscido.

Lo stress aveva accumulato tanta rabbia, il cerotto che inglobava la sua ferita non serviva più a nulla. Jiyoon, stretta al suo petto da quella stessa mattina, ora era silenziosa quasi fosse in grado di percepire lo stato del suo papà e ne fosse turbata. Ma Jimin poteva bruciare dentro e comunque cullare sua figlia con il più splendido dei sorrisi. Lei era adesso l'unica certezza della sua vita.

Sicuramente ne avrebbe avuto ancora di odio represso da sfogare verso quella ciliegina sulla torta, che era toccata figurare al suo padrone di casa, ma fortunatamente il suo telefono squillò e quello stridulo richiamo era troppo urtante per i suoi timpani per essere evitato.

Poggiò solo allora sua figlia con i piedi per terra mentre andava a recuperare il suo telefono nello zaino che aveva sulle spalle, il quale aveva pensato bene di portare nel caso in cui avrebbe cominciato a piovere e gli sarebbe servito un posto dove riparare i suoi volantini poco professionali. Alla fine quello zaino aveva ospitato solo il suo telefono, quei fogli giacevano nel secchio della spazzatura. Non aveva dovuto correre sotto la pioggia per attenere sua figlia a riparo e salvare il suo strambo tentativo di trovare lavoro, perché così come c'erano state le nuvole, quella mattina, c'era stato anche il sole, quasi l'avesse voluto prendere in giro anche lui.

Accettò la chiamata di un numero sconosciuto, un prefisso mai letto, e poi tornò con lo sguardo fisso su Jiyoon mentre portò il telefono all'orecchio. Avrebbe voluto rispondere in maniera sgarbata, ma una piccola parte di lui ancora covava un minimo di speranza. Sì, insomma, qualcuno poteva aver letto il suo volantino, e poteva averlo richiamato.

"Sì, pronto?"

"Parla Park Jimin?", una voce elegante, composta e del tutto cordiale gli rispose dall'altro capo. Un uomo dal tono concitato.

"Lei chi è?", domandò Jimin con un filo di voce, confuso.

"Sono Kim Seokjin, rappresento Min Yoongi. Ha un avvocato o parlo direttamente con lei?", lo sguardo fisso su Jiyoon mentre parlava con un ipotetico SeokJin, il quale affermava di avere un ipotetico contatto con Yoongi. Jimin non poteva essere più confuso.

Parve scorrere le informazioni nella sua testa quasi fossero paragonabili ad un libro sull'alchimia e quindi complicate da decifrare, per tanto ci mise un po' più del dovuto a rispondere.

"C-chiedo scusa, con chi parlo?"

"Sono l'avvocato del signor Min. chiamo per avvisarla che ha presentato un'istanza al tribunale dei minori per ottenere immediatamente l'affidamento di sua figlia Jiyoon. Il tribunale ha fissato un'udienza preliminare per le 10 di domani. Se non si presenta faremo un altra istanza per indurla a rinunciare ai suoi diritti genitoriali su Jiyoon, è ben chiaro tutto quello che le ho detto?"

Le informazioni, a questo punto erano sufficienti. I dati scorsero ordinatamente, coincisi, chiari, eppure Jimin era ancora nel pallone totale.

Il viso pallido, la postura immobile e lo sguardo, verso sua figlia, perso nel vuoto. Se davvero guardava lei, in quel momento, le avrebbe detto di non toccare il pavimento perché lurido come lo stesso padrone del condominio, ma Jimin aveva dimenticato le ultime catastrofi accumulate nel corso di pochi giorni per poter metabolizzare quest'ultima, la quale lo privò momentaneamente di tutte le sue funzioni motorie e sensoriali.

Yoongi aveva un avvocato.

Yoongi aveva presentato un'istanza.

Yoongi voleva l'affidamento esclusivo di Jiyoon.

Stava sognando?

Ga verder met lezen

Dit interesseert je vast

9.5K 692 14
In cui a kim seokjin piace immortalare con la sua polaroid rosa un ragazzo che ogni giorno vede al parco. [all right reserved to @shurakook] Capitoli...
121K 5.4K 54
Where... Camilla Leclerc e Lando Norris scoprono cosa c'è oltre la linea sottile che divide il punzecchiarsi e l'amore. Non possono o meglio non vogl...
4.6K 307 8
Intrappolato nel buio,Yoongi cerca una via d'uscita. La sua via d'uscita era il ricordo di un ragazzo dai capelli biondo cenere
1.6M 50.3K 72
"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. Ma la verità era che non ero pronta per d...