Era solo un incubo senza senso

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"E questa, che è figlia di Abramo, e che Satana aveva tenuto legata per ben diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?»"

-Luca 13:16

Il cielo era diventato grigio con mille sfumature nere. Era pesante, impediva al sole di passare.
Tutta la terra era stata avvolta dall'oscurità. Ormai non si vedeva più nulla.
Gli alberi avevano preso fuoco, ed ora era rimasta solo la cenere.

Ansante si svegliò una ragazza e, quando si accorse che era soltanto un sogno, emise un sospiro di sollievo per poi passarsi le mani sul viso fino a tirarsi indietro i capelli biondi.
Nonostante ciò, tremava ancora dalla paura. Ogni cosa le era sembrata così reale.
"Calmati Aurora" cercò di tranquillizzarsi senza, però, convincersi.
Lentamente si alzò dal letto per recarsi in bagno dove si sciacquò il viso per poi soffermarsi a fissare il suo riflesso allo specchio. La pelle era più pallida del solito, mentre i suoi grandi occhi erano ancora terrorizzati da ciò che avevano visto. Contrariata da quell'immagine, strizzò gli occhi per poi ritornare nella sua stanza dove aprì l'armadio per decidere cosa indossare.
Senza pensarci troppo prese un paio di jeans neri strappati che le fasciavano le lunghe gambe,  e un top nero che lasciava intravedere parte dei suoi addominali.
Come scarpe optò per un paio di Dottor Martens alte e nere, e, dopo aver indossato un cardigan beige, tanto per spezzare il suo outfit total black, scese al piano inferiore.
"Buongiorno tesoro!" la salutò dolcemente sua madre dandole un affettuoso bacio sulla fronte.
"Ciao mamma" rispose con un mezzo sorriso mentre si sedeva al tavolo per fare colazione.
Mentre mangiava il suo quotidiano porridge, fissava sua madre fare le faccende domestiche.
Si chiamava Alexandra ed era una giovane donna di trentacinque anni originaria della Russia. Aveva lunghi capelli biondo chiaro quasi platino che le ricadevano sulla schiena in dolci onde. I suoi occhi erano grandi e azzurro-verdi e contornati da lunghe ciglia bionde. Aveva i tipici lineamenti dei russi: marcati, delicati e belli ma la cosa che colpiva di più di quella donna era il suo sorriso che non aveva mai negato nonostante la difficile vita che aveva avuto.
Quando nacque sua figlia Aurora, lei aveva soltanto diciotto anni, era sola perché il padre della figlia era sparito e non si era più fatto vivo. Ad Aurora non era mai importato granché di suo padre. Se lui aveva deciso di non esserci chi era lei per poter giudicare le sue scelte?! Ciò che le mancava davvero era una figura paterna al suo fianco. Non suo padre, ma l'idea che aveva dei padri. Qualcuno che le insegnasse ad andare in bicicletta, a sostenerla in ogni scelta, a difenderla dai litigi con la madre. Un padre e non suo padre.
Nonostante ciò la bambina aveva avuto un'infanzia felice poiché era stata circondata dall'affetto dei nonni materni e della madre che non le aveva mai fatto mancare nulla e, soprattutto, non le aveva mai fatto pesare quella situazione.
Dopo aver finito la colazione, Aurora, si alzò, prese lo zaino e si recò verso la porta.
"Vai già via? Aspetta io devo andare a lavoro. Se vuoi posso accompagnarti" la fermò sua madre.
"No tranquilla mamma, ho promesso a Irina che ci saremmo viste lungo la strada" la liquidò senza voltarsi.
"Ciao" disse con voce flebile la donna mentre vedeva sua figlia allontanarsi sempre più.
A passo svelto e deciso camminava Aurora. Come sempre le vie di New York erano caotiche e autrici di mille grida. Era maestosa, ma tutti quei rumori non piacevano alla ragazza, lei preferiva di gran lunga il silenzio e la fredda tranquillità della sua amata San Pietroburgo. Le mancava la Russia. E non vedeva l'ora di compiere diciotto anni e terminare quel suo ultimo anno di scuola per farci ritorno. Purtroppo sua madre preferì vivere a New York, nella Grande Mela. Ci scappò quando scoprì di essere incinta di Aurora perché pensava che in una città così grande nessuno l'avrebbe mai trovata e tanti volti nuovi l'avrebbero aiutata a dimenticare il volto del padre della figlia.
Mentre camminava pensierosa, fissava il cielo azzurro e cristallino come il suo sguardo arguto. Non faceva altro che ripensare a quello strano sogno, sicuramente doveva avere un significato. Lei credeva da sempre nel paranormale, nella magia e nei sogni premonitori. Non credeva, però, in Dio e nel diavolo. Anche se sua madre sosteneva che ci fossero, per lei non era così. Era più spirituale che religiosa.
"No, era solo un incubo senza senso" pensò scuotendo la testa mentre le ciocche bionde e ricce le ricadevano sul suo viso quasi innaturale. Già...innaturale. Aurora era davvero una ragazza dotata di una rara bellezza; il suo viso era di forma ovale con lineamenti ben delineati. Il naso era all'insù e aveva il septum e come sua madre aveva folte e lunghe ciglia bionde. Il suo corpo, invece, era adornato da  vistosi tatuaggi. Ormai aveva perso il conto di quanti fossero. Molto spesso la guardavano male, le persone avevano ancora dei pregiudizi. Ma a lei non importava, non le era mai importato del giudizio della gente.
Mentre continuava a fissare il cielo, si sentì chiamare da una voce che conosceva fin troppo bene.
"Aurora". Sorridente si girò a quel richiamo ammirando la sagoma della sua migliore amica, Irina, avvicinarsi sempre più.
I ricci corvini e ribelli erano cullati dal vento mentre gli occhi cerulei si mimetizzavano con il cielo.
Senza pensarci troppo, la ragazza si gettò tra le braccia di Aurora che la strinse con riluttanza. Irina non si sorprese di quel gesto, sapeva che Aurora era sempre stata così: fredda ed austera.
Anche Irina era poco affettuosa e distaccata, ma Aurora era un'eccezione. Era come una sorella e avrebbe fatto di tutto per lei.
Come lei era russa e, forse, era quello che le univa. Due ragazze diverse dalla altre e perse in un paese non loro.
"Come stai? Finalmente frequentiamo l'ultimo anno. Presto questa merda finirà" iniziò a parlare mentre proseguiva verso scuola invitando l'amica a fare lo stesso. Aurora era intelligente e aveva buoni voti, ma non per questo amava la scuola e studiare. Aveva buona memoria e le bastava leggere e ripetere una volta. Tentava spesso di marinare ma Irina glielo impediva. La mora andava a scuola solo per vedere Micheal e non voleva stare senza Aurora. Da sola e circondata da serpi frivole.  Solo Aurora poteva rendere il tutto meno pesante.
"L'unico lato positivo è che non vedrò più questa gente. Neanche Micheal mi sta simpatico. Voglio solo tornare in Russia ed evitare più persone possibili." rispose schietta Aurora accennando un sorriso alla fine.
"Siamo più nervose del solito. Sarà che da quando ti sei lasciata con Dimitri, non scopi più. Ma tranquilla, avremo un nuovo compagno di classe, e dicono che sia proprio bello" trillò Irina accelerando il passo per evitare la furia di Aurora. Aveva toccato un tasto dolente.
"Ma davvero? Cavolo, non vedo l'ora di conoscerlo" rispose ironica Aurora cercano di forzare un sorriso.
Irina rise di gusto alla buffa espressione dell'amica e con ancora più energia prese il braccio della bionda e la trascinò correndo verso l'edificio scolastico.
"Ci mancava solo questa. Un nuovo coglione. Già ne ho troppi intorno. Persino Irina è cambiata da quando si sente con Micheal. Io non ero così con Dimitri" pensò Aurora scoraggiata dall'euforia dell'amica.
Erano sempre state due persone molto selettive e poco aperte. Erano simili e per questo andavo d'accordo. Ma da quando Irina aveva iniziato a frequentare Micheal era cambiata. Non si era mai innamorata prima. E, ora, tutto le sembrava meno schifoso. Tollerava di più perché sapeva cosa significasse vivere con qualcuno quasi in simbiosi. Aurora lo aveva dimenticato. Ma anche lei era così con Dimitri. Si sentiva meglio con lui, la capiva. Passavano molto tempo insieme, finché l'amore non divenne ossessione, il suo abbraccio una prigione.
E la loro chiusura fu una chiusura anche con il mondo.

La Redenzione Del DiavoloWhere stories live. Discover now