La fuga

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[Colonna sonora. Runaway - Bon Jovi ]

Mentre ci mettevamo al sicuro, ci raccontammo tutto quello che avevamo visto e scoperto o pensato nell’arco della giornata riguardo quel caso; dissi ad Aidan della mia teoria sulla Cloud Nine e che se Tasha l’aveva assunta, non poteva averlo fatto consapevolmente o di propria spontanea volontà. Lui mi raccontò meglio quanto accaduto con Fortescue, anche se non era presente quando questi aveva aggredito il mio sostituto.

Avevo recuperato la mazza da baseball di mio fratello, me l’aveva regalata prima che partissi per l’America proprio perché avessi qualcosa per difendermi dai malintenzionati. Aidan, anche se aveva già la pistola, aveva preso un manico di scopa e con il nastro adesivo aveva provvisto un’estremità del coltello più affilato che aveva trovato in cucina. Dopo di che aveva ammucchiato tutti i viveri in un posto soltanto e aveva cercato di fare delle telefonate, ma le linee erano intasate e i cellulari non avevano campo.

E poi eravamo rimasti lì, seduti per terra in silenzio, con i sensi all’erta, in attesa di non si sa cosa.
Avevo i nervi a pezzi, ero stanca, spaventata ed anche un po’ incazzata: mi ero resa conto che era il giorno del mio compleanno e forse sarebbe diventato anche l’ultimo della mia vita. Per non parlare del fatto che avevo bisogno di andare in bagno, ma avevo il terrore di veder uscire uno di quegli esseri dalla tazza del water. Quando mi resi conto di aver fatto questo pensiero, capii che stavo cominciando a lavorare troppo con l’immaginazione e non era decisamente il momento adatto per farlo.

- Oh! Basta! – sbottai – Non ha senso! Gli zombies non esistono! E anche se fosse, non ho nessuna intenzione di restare qui a fare la fine del topo! Non hai mai visto un film dell’orrore? Quelli che si chiudono in qualche posto non fanno mai una bella fine. Dobbiamo andarcene di qui! Forse possiamo raggiungere un’altra città, una qualsiasi, e chiedere aiuto.

- Calmati, non è il caso che ti lasci andare all’isterismo proprio ora. Se vogliamo andarcene, dobbiamo pensare a come farlo. Qui siamo al sicuro, nessuno può entrare, mentre là fuori non sappiamo cosa troveremo.

- D’accordo, allora pensiamoci. Non possiamo restare qui per sempre, lo capisci?

Aidan annuì, passandosi una mano sul volto. Aveva la barba incolta e le occhiaie: probabilmente anche lui era stanco. Ero combattuta: una parte di me voleva solo fuggire, l’altra aveva il terrore di mettere il naso fuori casa, soprattutto per via della nostra condizione psicofisica.

- Ho fatto il pieno stamattina, abbiamo un’autonomia di almeno quattrocento chilometri. Fort Lauderdale è a circa quaranta chilometri da qui. Possiamo farcela. – sentenziò infine, alzandosi – hai due zaini? dobbiamo portarci dietro tutto quello che riusciamo.

In pochi minuti preparammo il nostro bagaglio, stipando negli zaini provviste, il necessario per il primo soccorso, torce, fiammiferi e tutto quello che ci sembrava indispensabile per quella fuga.

Il Pick up di Aidan era parcheggiato proprio lì davanti alla porta: avremmo dovuto percorrere soltanto quei pochi metri di giardino fino alla strada e lo avremmo fatto correndo a più non posso.

Prima di aprire la porta, lui si girò a guardarmi

- Soledad, devo dirti una cosa importante.

Il mio cuore perse un battito: mi aspettavo una di quelle scene da film, in cui Aidan, consapevole del pericolo mortale cui andavamo incontro avrebbe deciso di cogliere l’attimo; mi avrebbe rivelato il suo amore, io gli avrei detto che anche io lo amavo e poi …

- Se mi trasformo in uno di quegli esseri, devi abbattermi, d’accordo? E speriamo sia vera quella cosa dei film in cui basta staccar loro la testa.

Ma vaffanculo, Aidan

- Certo, non c’è problema.

Pochi istanti dopo eravamo sul suo pick up, senza aver incontrato nemmeno un mostro; e , per fortuna, il motore si accese immediatamente.

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