Capitolo 3 - Nella foresta

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«Cosa c'è qui?» chiese Alira.

«Forse un animale.»

«Ssst, lo spaventerete!» li zittì Gavister. «Ungar, ci sei?»

Alira e Talos si scambiarono un'occhiata confusa.

«Gavister, sei tu?» domandò una voce lontana.

«Sì.»

«Perché sei tornato? Ti avevo detto di andartene e di non rientrare nella foresta mai più.»

«Non posso andarmene così... senza fare niente.»

Gavister fece loro segno di avvicinarsi.

«Fermi! Perché hai portato qualcuno con te?»

Alira e Talos si guardarono con aria interrogativa. Come poteva sapere che Gavister non era solo? Nessuno dei due aveva fiatato e le loro ultime parole erano state pronunciate sottovoce quando ancora erano lontani.

«Come sapeva che...?» cominciò Alira, ma fu subito interrotta.

«I miei sensi sono molto più sviluppati di prima. Alira, Talos, siete voi?»

Finalmente furono nella posizione di poter scorgere nell'antro e videro qualcuno che non si aspettavano.

«Impossibile! Tu sei morto» esordì Talos.

«No, sono stato dato per morto; e così dovranno continuare a pensare.»

«Eri partito, giusto?» domandò Alira.

Ungar fece loro segno di sedersi attorno al fuoco. La storia sarebbe stata lunga da raccontare e il tempo stringeva.

«Sono partito come soldato dell'esercito imperiale di Osling, nel nome dell'imperatore Meltero.»

«Che ti è successo? E perché vivi qui?» lo incalzò Alira.

Ungar aveva lo sguardo spento. La luce che lo aveva animato si era affievolita fino a morire, incapace di sostenere il peso che richiedevano le sorti a cui andavano incontro i soldati. Si abbandonò, la schiena poggiata sulla parete umida della sua nuova casa. Aveva i capelli arruffati e increspati, molto diversi da quelli corti e sottili che ricordavano. L'unica cosa che stonava erano i vestiti puliti.

«La mia guarnigione venne assegnata al presidio dei territori del nord. I nostri ordini erano di reprimere le scorribande dei predoni che saccheggiavano le ultime terre conquistate, dopo il cambio di potere. Ci furono una serie di scorrerie. Inseguimmo i predoni nelle foreste, le pattugliammo palmo a palmo per giorni e giorni e trucidammo quelli che riuscimmo a trovare.»

«Questo cosa c'entra con il fatto che ti trovi qui?»

«Ci sto arrivando! Dunque, dicevo...» continuò Ungar, cercando di riprendere il filo.

«Li avete cercati, trovati e uccisi» gli ricordò Alira.

«Sì, ma un giorno fu diverso. Un nostro pattugliamento ci portò in un piccolo villaggio che sorgeva nel mezzo di una valle tra le montagne a nord-ovest. Quello che trovammo non lo dimenticherò neanche alla fine di stanotte.»

«Stanotte? Perché stanotte?» intervenne Alira.

«Non interrompere, altrimenti perde il filo!» la rimproverò Gavister.

«E il tempo che ci resta prima che diventi buio è poco» aggiunse Ungar.

«Scusate.»

«Ci trovammo di fronte a una landa desolata. I cadaveri ancora freschi se li stavano spolpando i corvi. All'inizio pensammo che fossero stati i soliti razziatori, ma i corpi giacevano sopra vere e proprie pozze di sangue rappreso. Erano sfigurati e martoriati da lividi, graffi e morsi. Sembrava l'attacco di un branco di animali affamati. Mancavano dei veri e propri pezzi dai corpi.»

Lo spettro di AmaraxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora