Capitolo 41: Shakalaka

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«Cosa significa?! Uccideteli, che state aspettando?!» tuonò William, il dito sull'auricolare. «Merda!»

Quando si rimise in piedi, era come se Dave non esistesse più. I primi passi furono lenti ed esitanti, ma gli bastò poco per acquistare il ritmo della corsa e proseguire verso gli ultimi vagoni del treno. Non aveva proprio intenzione di mollare, eh? Il soldato annullò il dolore alla spalla, la mente incentrata sul suo unico obiettivo. Se non fosse che, alle sue spalle, l'immagine di una galleria gli fece spalancare gli occhi. Era solo questione di attimi. Rincorse William, il quale aveva guadagnato abbastanza distanza; tese una mano per afferrarlo ed impedirgli di arrivare all'altra botola del vagone successivo, ma fu inutile.
Il nemico aprì lo sportello, entrò e lo chiuse con il suo stesso peso, tirandolo a sé quando sparì all'interno.
Il primo vagone del treno imboccò la galleria.
Con la coda dell'occhio, Dave vide l'arco del tunnel farsi sempre più vicino.
Non ce l'avrebbe mai fatta.
Si inginocchiò per aprire il tettuccio, ma non ne voleva sapere; l'uomo l'aveva bloccato.

«Cazzo!» si voltò, tentando l'impossibile.

Si distese supino, agganciandosi al manico della botola. Il vento smise gli tagliargli la faccia e gli occhi si serrarono; la luminosità del cielo fu sopraffatta da un buio totale e dai rumori intensificati del mezzo.
Tra di essi, delle deboli bizze accentuarono la tachicardia incalzante, sovrastando tutto il resto; avendo trattenuto il respiro, il suo petto si era arrestato dall'atto dell'inspirazione ed espirazione, tuttavia poter sentire una voce diversa da quella baraonda, soprattutto per le parole che questa pronunciò, gli accarezzò l'adrenalina, rassicurandola che una parte dei suoi timori si erano estinti.

«Dove cazzo sei, fottuto idiota? Ho disinnescato la bomba! Jake è libero, stiamo sgombrando i vagoni vicini all'esplosivo!»

Era strano dirlo, ma poter ascoltare la voce di Noah, talmente acuta e stridula da andare al di là del putiferio all'interno della galleria, dello strofinio agghiacciante delle rotaie, del ronzare del motore e dello stridio dei fili sopra la sua testa, gli scaldò il cuore, adesso più calmo e confortato dalla personalità più improponibile dalla quale Dave avesse potuto provare sollievo. Eppure fu davvero così; si sentiva bene.
Titubante e con gli occhi ancora chiusi, posò due dita sull'auricolare per avviare la conversazione.

«Non puoi capire quanto io sia felice di sentirti.» borbottò onesto.

Noah, tuttavia, capì poco e niente. «Ma che diamine sta succedendo?! Cos'è tutto questo casino?!»

Dave schiuse le palpebre, incontrandosi con il soffitto del tunnel che scorreva ad alta velocità davanti ai suoi occhi. «Non saprei come spiegartelo, ma sto prendendo una boccata d'aria. – Noah rispose con un'esclamazione monosillabica talmente sconvolta che lui avrebbe voluto essere lì a vederla di persona. – Ascoltami, un pazzoide smanicato, età adulta, capelli neri e...ammaccato dai miei pugni, sta venendo verso di voi.» disse, voltandosi di lato per provare a forzare ancora una volta la botola. «Non deve morire, ci serve vivo. È lui che dirige tutta l'operazione di Y.»

«Fantastico...!»

«Liam, Kyle, tenete tutti i vagoni fino alle cuccette sicuri ed accogliete gli altri civili; Sully, fai in modo che nessuno degli uomini di Y varchi quel perimetro. Io sto arrivando!»

La botola non si apriva, e Dave digrignò i denti sottovoce.

«Più o meno...»

**

«Via! Via! Andate tutti verso le cuccette e chiudetevi lì, non importa se state stretti!» la voce accorta e severa di Jake riempì le orecchie delle persone, intente a camminare lungo il corridoio.

Erano poche, per fortuna. Durante la sparatoria alcune di loro erano già andate via per trovare un riparo, il che aveva lasciato solo una quindicina di passeggeri, annichiliti e paralizzati sui loro posti, rannicchiati per sfuggire alle pallottole volanti, qualora ce ne fossero state. Era ritornato in carreggiata, non lo avrebbe mai detto. Mentre il ragazzino, Noah, spingeva le persone ad andare avanti, lui aveva racimolato la pistola e due caricatori di riserva con cui difendersi in caso altri uomini nemici si fossero fatti avanti. Il giovane lo aveva informato di aver parlato con Dave e di aver messo in sicurezza praticamente la metà del treno, per non dire quasi più della metà. Non erano più nel vagone adiacente a quello vuoto con la bomba, bensì in quello successivo. C'era una confusione immane di panico ingestibile; anche se poche, la calca aveva totalmente occupato il corridoio.
Mi era mancata questa frenesia. Pensò con naturalezza; non erano l'ansia e le grida spaventate ad avergli innescato quella strana nostalgia, bensì l'adrenalina, quella sensazione che gli percuoteva il petto e gli prendeva il controllo dei nervi e degli arti per muoversi con il solo e unico obiettivo di un soldato: preservare la vita di chi lo circondava, prendendo in considerazione anche la propria. C'era quel segnale, all'interno del suo cervello, che comandava i suoi istinti e lo faceva agire secondo le dinamiche che l'ambiente gli proponeva; era una sensazione che non provava da tre anni e non pensava minimamente che un giorno sarebbe tornata da lui per dirgli quanto in realtà quel ruolo gli calzasse a pennello.
E lui non poté negare quanto quelle vita lo fomentasse.
Il cuore pompava veloce nella sua gabbia toracica, le vene che pulsavano lungo le braccia dai muscoli contratti; si era tolto il giubbotto, rimanendo con la t-shirt bordeaux della sera prima, a causa del sudore che gli aveva imperlato la fronte e scompigliato ulteriormente i capelli ramati. Si voltò, guardando il lato dei due vagoni sgombrati per avere la certezza che nessuno era stato lasciato indietro. Sembrava non ci fosse più nessuno. Tirò un sospiro di sollievo. Tutte le porte erano aperte e, scoccando un'occhiata di fronte a sé, la bomba era perfettamente davanti a lui.
Annuì a sé stesso, passandosi il retro del braccio sul viso.
Quando indietreggiò, le sue spalle si scontrarono contro qualcuno. Istantaneamente si voltò, pistola puntata su chi si palesò di fronte a lui.
Eppure gli si mozzò il fiato, gli occhi spalancati e decorati da un velo di ansia.
Un paio di iridi color cielo familiari, capelli legati in una crocchia e cicatrice lungo la guancia destra spiccarono in mezzo alla confusione. Per un attimo diventò sordo e abbassò l'arma, annichilito quando l'uomo di fronte a lui ghignò, allargando le labbra in un'espressione che non avrebbe mai immaginato di rivedere dopo tre anni di silenzio e solitudine.

MIND OF GLASS: OPERATION YWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu