Capitolo 14 - Morte e vita

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Un intero paese raccolto in preghiera. Che tradizione inutile.

No, non inutile; solo sciocca. Per lei, in effetti, era lo scenario più favorevole a cui riuscisse a pensare.

I canti volsero al termine, offrendo un rispettoso silenzio per il sermone di Yeter'el. Maeriyel non aspettò che cominciasse a parlare: prese fiato, poi sollevò le mani e il Sihir fluì verso di lei, intrecciandosi tra le dita e infondendo potere alla sua volontà. Sotto gli sguardi perplessi di chi le stava accanto, Maeriyel aprì le braccia e gettò l'energia raccolta verso il terreno, guidandola nel miscuglio di ghiaia e terra che era il cortile antistante la cappella. Un brusio di voci si levò insieme alle cime scricchiolanti dei rovi, rami sottili che si ingrossavano e si torcevano in un fitto intreccio di foglie, more e spine. Si innalzarono per metri e metri, circondando l'intero piazzale con siepi tanto spesse da gettare ombre scure lungo il perimetro.

«Maeriyel» balbettò Lisaëlle, sbarrando gli occhi. «Che stai facendo?»

«Mi procuro un palco.»

Maeriyel distese le labbra e avanzò, facendosi spazio nella folla confusa. Le braccia oscillavano ai suoi fianchi scandendo il tempo della melodia che suonava nella sua mente, e il Sihir vibrò sotto i suoi passi. I flessuosi tronchi di un tasso emersero dai piccoli sassi chiari, sostenendo i passi di Maeriyel sempre più in alto, finché non superò persino le fiamme della pira. Il groviglio di tronchi si piegò e si contorse per creare una superficie piana da offrire come appoggio per la sua creatrice, mentre i rami ricolmi di foglie puntute e frutti rossi si estendevano tutt'attorno.

La folla indietreggiò tra mormorii confusi. Persino Yeter'el e le sue Lucille presero le distanze, nascondendosi dietro le fiamme della pira con il terrore dipinto nei visi smunti.

«Che significa tutto questo?» urlò qualcuno, e il vociare indistinto dei presenti lo accompagnò.

«Significa che i giorni del silenzio sono finiti» disse Maeriyel, sollevando il velo nero per scoprire il viso. «È sempre stato così, a Vou-la-Forêt: si nasconde tutto sotto terra e si va avanti fingendo di non vedere i cumuli, così com'è stato per l'Impero Lunae. Non andrà a finire così anche questa volta. So cosa pensate realmente di me, ve lo si legge in faccia: sei fuori di testa, Maeriyel. Sei pazza e isterica come tua madre. Avanti, ditelo. Ditelo!»

Maeriyel strinse i pugni e scandagliò i presenti, ma nessuno osò dare conferma a quelle parole: solo labbra strette e sguardi intimoriti, occhi che viravano altrove quando i suoi li incrociavano.

«No? State sempre a spettegolare su tutto e tutti, ma oggi vi mancano le parole? Che peccato. Beh, poco importa: vorrà dire che parlerò io.»

Maeriyel spinse le braccia in avanti e il tronco si piegò, inchinandosi verso il suolo per avvicinarla ai paesani. Anche così, in pochi le rivolsero lo sguardo; Maeriyel non se ne curò, puntando lo sguardo verso il suolo. Un leggiadro movimento delle dita lasciò gocciolare il Sihir sulla ghiaia, e due foglie di basilico fecero capolino tra i sassi chiari.

«Avevo tre o quattro anni quando mio padre mi disse che la vita è preziosa ma anche fragile, perciò è nostro compito proteggerla. Da quel momento ho trascorso ogni giorno, ogni singolo giorno della mia esistenza a onorare quell'insegnamento. Tutto ciò che ho fatto finora è stato per proteggere quante più vite possibili, per far sì che ogni creatura potesse vivere in pace senza il timore di essere strappata prima del tempo. Credevo che fosse ovvio, che ogni persona buona sentisse il bisogno di fare del proprio meglio per il bene di tutto ciò che lo circonda, e invece voi lo trovate un pensiero così assurdo da credermi matta.» Una risata amara sfuggì alle sue labbra. Gli occhi erano tanto umidi da sfocare i contorni della piantina, così sollevò il palmo per asciugarli. «Tutto ciò che desideravo era proteggere Vou-la-Forêt. Non era importante se avrei dovuto sacrificare le mie giornate e mettermi a disposizione di tutti voi, pur di riuscirci; mi dicevo che ne sarebbe valsa la pena. Ma ora capisco che era un sogno infantile, destinato a fallire sin dall'inizio. Harvestide è straordinario, ma senza di me nulla di tutto questo può durare nel tempo.»

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