«Prima di morire...» Iniziai, ignorando il groppone in gola. «...mi ha lasciato un messaggio per te.»

A quelle parole Rubyo scattò, voltandosi verso di me.

Ancora inginocchiato sulla sabbia, mi afferrò le caviglie.

«Dimmelo. Ti prego.»

Il dolore che provai quando lo vidi in volto fu peggiore di una pugnalata al cuore. Non lo avevo mai visto così distrutto, implorante, con il viso arrossato dalla pressione del pianto silenzioso e con la foresta nei suoi occhi che non riusciva più a contenere quell'alluvione di tristezza.

«Ha detto solo: Mi dispiace.» Lasciai che Rubyo assorbisse quelle parole in silenzio, ma durante quel lasso di tempo non riuscii a guardarlo negli occhi.

Quando percepii la sua presa attorno alle mie caviglie allentarsi, mi voltai verso il mare.
Dollarus mi raggiunse al mio fianco, ma non disse una parola né mi toccò in alcun modo.

Poi, dopo un colpo di tosse, sentii Rubyo iniziare a ridere.

Mi voltai di scatto, e l'espressione che gli vidi questa volta fu ancor più grottesca di quelle precedenti.

Rideva, a crepapelle, mentre le lacrime scendevano così copiose, che difficilmente sarebbero potute essere state fraintese con lacrime di gioia.

«Quella testa calda.» Disse poi, cercando di asciugarsi il volto mentre si sollevava in piedi. «Faceva tanto la dura ma alla fine si è intenerita anche lei.» Rubyo mi si avvicinò. «Se sei riuscita a fare colpo su Coline, vedrai che convincerai anche tutto il popolo, Lyra. Sarai una Principessa fantastica.»

Portò una sua mano sulla testa, accarezzandomi i capelli.

Rimasi impietrita.

Cosa stava facendo? Lo conoscevo fin troppo bene da capire che quello fosse un modo per cercare di liberarmi dai sensi di colpa.

Ma ottenne l'effetto opposto.

Anche in quel momento, in cui lui stava soffrendo, in cui lui si meritava di poter soffrire, ero io il suo primo pensiero.

E solo allora realizzai, che questo era esattamente quello che aveva fatto per anni.

Scossi la testa, indietreggiando, lasciando che la sua mano si allontanasse dai miei capelli.

Io ero la sua ancora.
Nel bene.
E nel male.

«Lyra che succede?» Mi domandò e ora, sul suo volto, non c'era altro che preoccupazione per me.

Di tutto quel pianto, quella tristezza, quella sofferenza, non ne era rimasto nulla se non gli occhi arrossati.

Come una spugna, aveva assorbito tutto.
Come una diga, non lasciava fuoriuscire nulla.

Ma non poteva vivere così.
Non ancora.

I miei piedi raggiunsero l'acqua.
Oramai i tagli non sembravano fare più così male a contatto con il sale.

«Rubyo... basta.»

Interruppe la sua avanzata verso di me, impietrito.

«Lyra cosa st-?» Non riuscì a terminare la frase.

Sapevo che aveva capito le mie intenzioni.
E sapevo anche che, in quel momento, gli stavo per dare il colpo di grazia.

Stavo per abbattere definitivamente quella diga, già crepata da molto tempo.

Sorridevo, ma le parole che ero sul punto di pronunciare sarebbero state per Rubyo più taglienti di qualunque lama.

«Rubyo degli Ivory, ti sciolgo dalla tua carica di guardia imperiale. Da adesso in poi non rivestirai più l'incarico di guardia del corpo della Principessa e sarai un semplice civile. Va' e fatti la tua vita, lontano dalla guerra e lontano da me.»

Rubyo sgranò gli occhi.

«Cosa stai dicendo? Hai appena attivato la daga. La nostra missione è iniziata solo adesso.»

«No. Ti sbagli.» Dissi. «È la mia missione ed è appena giunta al termine.»

«No, no. Lyra non farmi questo. Dove ho sbagliato? Posso correggermi. È forse perché hai perso i ricordi e non mi credi più necessario? Ti dimostrerò che sono utile!»

Necessario. Era davvero quello ciò che temeva?
Davvero credeva che lo tenessi al mio fianco solo per necessità?

Lo avevo incrinato più del dovuto ed ero stata una stupida ad accorgermene quando oramai era troppo tardi.

«I ricordi non c'entrano Rubyo. E non hai fatto nulla di sbagliato.»

«Lyra...» pronunciò quella parola come se gli avessi tolto tutto.

Ma io ero il suo tutto.
Il suo mondo.

E tenerlo chiuso in quei limiti, tenerlo solo per me, era la cosa più egoista che potevo fare a lui. A Rubyo. Alla persona che per tutta e in tutta la mia vita mi era stato vicino, per un legame disinteressato e puro.

E ora, sfruttare il suo momento di debolezza, di fragilità, il momento in cui non sarebbe stato in grado di ragionare in modo lucido e di capire le mie vere intenzioni, il mio indiretto giustificare le mie azioni, così inusuali, dietro la maschera di problemi di memoria non più esistenti... era con questo che io, ora, gli dimostravo quanto valesse per me. E non per ripagarlo di tutti quegli anni, ma perché volevo più bene a lui di quanto ne volessi a me stessa.

Meritava di meglio.

«Così mi uccidi...»

No. Così ti lascio vivere. Vivere una vita vera. La vita che non hai potuto vivere per far si che io vivessi.

Era ciò che avrei voluto dirgli, ma sapevo che lo avrei legato a me ancora di più.

Tacqui.
Ora non si tornava più indietro.

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