V°-L'ira funesta

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Il cuore le batteva forte, sentiva la testa pesante ed ogni muscolo del corpo indolenzito. Gli occhi le brillavano ed un fiotto d'energia scorreva nelle vene. Era seduta in modo sciatto sulla poltrona del grande salotto di casa e guardava al di là della finestra, in cerca di qualcosa che non fosse la pioggia, l'erba bagnata o l'insistente fruscio del vento; cercava qualcosa che richiedesse la comparsa delle sue doti civettuole. Erano passati un paio di giorni da quando aveva ricevuto la notizia del viaggio e, da quando George le aveva categoricamente impedito di fare le valigie. Il suo animo si sentiva svuotato ed era in attesa che quelle feste passassero, in attesa che il ballo di Natale ed il Capodanno riuscissero a trascorrere nel modo più piacevole e fulmineo. 
Gli occhi di Elizabeth si posarono sul bordo della vetrata ed iniziarono ad osservare una formica in difficoltà a causa delle grosse gocce piovane. Sospirò, ricordando che la prima volta in cui l'aveva incontrato, nel cielo risplendeva il sole e gli scoiattoli si nascondevano, e le formiche morivano sotto i suoi piedi scalzi e... ed il caldo di quel giorno d'agosto era apprezzato più delle altre volte. 

In tutta la sua breve esistenza, solamente una volta il fratello l'aveva portata con sé nella contea del Buckinghamshire. E fu davvero un'esperienza magnifica. Ricordava ancora i lunghi tramonti ombrati da nuvole scure e quella pioggia di mezza estate che scombussolava i progetti del giorno. Ricordava ancora quando si era fermata davanti all'entrata di Winslow Hall e George le aveva presentato Wendy, una ragazza così timida ed impacciata, giovane e sciocca. O comunque così le era apparsa. Elizabeth aveva passato interi pomeriggi a giocare con la dama insieme alla madama se non prossima cognata; ed a primo impatto Wendy non era garbata alla sorella del Conte. Ma il fratello era davvero ammaliato dal suo portamento, dalla sua castità e purezza da non aver avuto altra scelta se non quella di accettarla anche lei. La sorella minore Katherine, invece, l'aveva intravista poche volte e, almeno un componente doveva provocarle irritazione, non l'aveva pressappoco degnata di uno sguardo o di atti benevoli nelle due settimane di soggiorno. 
Elizabeth non arrossiva facilmente, non era neanche un tipo che rispondeva prontamente e doveva pensarci su per almeno un paio di minuti prima di una risposta sensata, ma quando aveva incontrato il primogenito Henry nella grande biblioteca della famiglia Jenkins, qualcosa era scattato nella mente della giovane. Non si poteva definire un amore platonico o non corrisposto, eppure la corte spietata di Elizabeth fu davvero una catastrofe ed Henry, col passare dei giorni, si allontanava sempre più. Lei! Lei così bella e nel pieno della gioventù! Come poteva essere rifiutata? Elizabeth, infatti, non l'aveva ancora capito. Lei non capiva. L'ultima sera di quella vacanza si recò nel grande giardino della tenuta, si sedette ai piedi di un salice piangente ed iniziò ad osservare quel tramonto famoso e cupo. 
―Mss Elizabeth!― la voce di Henry le apparve avere un'inclinazione di dolcezza. La ragazza si alzò immediatamente indossando al momento le calzature sul prato umido. 
―Oh, Henry...―sorrise, ― ...che bello che mi siete venuto a far compagnia!― altro sorriso da parte del giovane. 
―Cosa stavate facendo?― gli offrì il braccio ed iniziarono a camminare amabilmente attorno agli alberi potati. 
―Non ci crederete mai eppure vi stavo aspettando!― Elizabeth posò la sua mano pallida sul petto di Henry e con un gesto spontaneo si strusciò sulla sua giacca blu. 
Lui soffocò una risata. 
―Oh, mia cara! Ma come devo fare con voi? Siete così... ― le afferrò la mano e la spostò. Elizabeth si fermò ed appoggiò delicatamente la testa sul suo torace. 
―Questo è il mio ultimo giorno qui, Henry.― sospirò. 
―Lo so, mia cara. Il viaggio di ritorno sarà faticoso, immagino―. Faticoso è allontanarmi da voi!, pensò lei. 
―Sentirete la mia mancanza?― Disse invece. 
―No, non temete. Il mio animo sopprimerà ciò che prova nella speranza di un vostro ritorno―.”
 

Ed ora Elizabeth gongolava senza trovare conforto in nulla. Il tramonto ormai, insieme alla pioggia, aveva portato con sé un buio beffardo. Chiuse le palpebre e trattenne una lacrime calda non ancora pronta a caderle sul viso; e l'unica cosa che riusciva a pensare era l'animo di Henry, nella speranza che non avesse dimenticato l'amore che univa lei a lui. 

Cortocircuito (IN REVISIONE A PARTIRE DAL 2019)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora