II°-Obiezione, obiezione vostro onore!

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Daniel Shaw era una persona incompresa. E questo, più o meno, lo sapevano tutti. Era un uomo dall'aspetto enigmatico e fiero, con una brillante mente e comportamenti assai regali seppur alle volte si lasciava prendere dal suo animo scorbutico ed introverso. Daniel Shaw, inoltre, era una persona senza fissa dimora. Sarà perché era un po' nomade di suo, sarà perché non trovava l'ispirazione adatta o perché non aveva mai posseduto abbastanza soldi. L'uomo aveva ormai superato la soglia dei ventidue anni ed era considerato un poeta senza la giusta dose di creatività, c'era anche chi pensava ad una finzione e che non fosse altro se non un povero imbroglione. Ma la famiglia Jenkins non era della stessa opinione, o meglio Henry, il primogenito della famiglia, considerava il giovane poeta un'ottima arma per tenere a bada il padre e per aiutare il ragazzo; così, dopo quel viaggio in ferrovia, pieno di fumo e di strani sguardi, Daniel era arrivato a Winslow Hall e quando vide la magnifica villa alla fine del piccolo viottolo non poté trattenere un sorriso. 
Due giorni dopo, poteva constatare che il luogo era davvero di suo gradimento. 
Sheila, la governante di quella casa, lo andò a svegliare, aprì le tende e guardò con amaro sconcerto che l'ospite senza alcuna ispirazione, stava dormendo nudo nella stanza più bella della casa. La vecchia aggrottò la fronte e scosse il capo più volte, fino a che non chiuse la porta dietro di sé così forte da svegliarlo. 
―Santo cielo, ma chi...?!― 
―Signore, la colazione è stata servita!― Gridò Sheila dal corridoio e Daniel trattenne un'imprecazione mentre spostava le coperte bianchi ed indossava i primi pantaloni a portata di mano. 
In due giorni Henry gli aveva presentato suo padre Ernest e la governante, ma lui aveva rifiutato categoricamente di cenare e pranzare con loro, aveva bisogno di silenzio e concentrazione. O forse, voleva solo starsene in pace senza troppi frivoli incontri. 
Henry, però, era stato chiaro il pomeriggio precedente: avrebbe dovuto sottostare alle regole di quella tenuta e quindi, il giovane poeta si ritrovava costretto a condividere almeno i pasti con quella famiglia che gli era parente così alla lontana da non aver neanche lui capito come s'era messo in contatto. 
Si lisciò i capelli costatando, ancora una volta, che erano troppo lunghi e che cominciavano a piacergli, poi prese con sé tre fogli gialli e una matita dalla strana punta sottile. Si guardò allo specchio prima di scendere e con un sorriso forzato capì che doveva almeno apparire divertente o con un minimo di intelligenza propria se voleva davvero far colpo e rimanere più a lungo. 
Nel frattempo, Henry aveva appena preso posto vicino al lungo tavolo di legno, il padre leggeva attentamente delle scartoffie che non abbandonava mai e Wendy, la dolce e cara Wendy, mangiava un biscotto col burro. 
―Allora, sorellina? Riprenderai gli studi insieme a Katherine?― domandò Henry. 
―No, Katherine ha un piano di studi diverso da Wendy, ed inoltre è più piccola di due anni. Il professore non è disposto ad assecondare entrambi i capricci―. Rispose malamente Ernest, il padre di quella famiglia tanto unita. Henry si schiarì la voce ed aggrottò le sopracciglia senza proferir parola. 
―Professore? Sarà un uomo?― la voce flebile della ragazza si intromise tra i due ed Ernest annuì con magra consolazione. 
―Assolutamente sì, ma badate bene, Katherine dovrà scoprirlo solamente quando arriverà.― 
―Perché?― domandò, quindi, la figlia. 
―Lo capirai presto― sorrise. 
D'improvviso la porta del salone si aprì ed il viso pallido e ben curato di Daniel apparì. 
Lo sconvolgimento cominciò a giostrare la situazione. Fu proprio in quel momento, con ogni probabilità, che tutto iniziò. E sì, fu davvero un'esperienza orribile. 
―Signor Shaw! Che piacere rivederla di nuovo, cominciavo a presupporre una vostra fuga― l'acidità di Ernest colpì in pieno viso Henry ma, con piacere del ragazzo, Daniel non si scompose anzi, parve quasi che non l'avesse udito. 
―Cosa sta aspettando? Si sieda―. L'uomo indicò il posto alla sua destra, di fianco alla perspicace Wendy che, a modo suo, guardava l'ospite di sottecchi e con un leggero arrossimento sulle gote, una sua solita caratteristica in presenza di estranei. Daniel strinse le mascelle e dei pensieri fugaci gli passarono per la testa:il rosso, il sangue, il desiderio, la possibilità di aver visto male... 
Quando si riprese, era completamente stravolto dallo shock. 
―È un piacere mio esser riuscito a scendere dalla comoda stanza che m'avete fornito! Il lungo viaggio mi ha regalato gentilmente una forte emicrania―. La risposta del poeta fu veloce, finta, e ciò che avvenne dopo fu ancora più sconveniente: non prese posto dove lì gli era stato consigliato, bensì camminò fino ad Henry, girando per la stanza e dopo un attimo di esitazione si sedette al fianco del giovane amico. Appoggiò i fogli che aveva portato con sé sul tavolo ed immediatamente lo sguardo cadde sul viso della giovane. 
―Siamo felici che vi sia passata, allora―. Fiatò Wendy, senza essere consultata ed Ernest si schiarì la voce, disapprovando. 
I lunghi capelli rossi le ricadevano sul viso e gli occhi vispi erano nascosti da un velo di timidezza, in quel momento Daniel sentì un fiotto lampante di parole uscirgli dall'anima ed il terrore che stava vivendo fluire via disarmante. 

Cortocircuito (IN REVISIONE A PARTIRE DAL 2019)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora