capitolo 3.

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quando le cose accadono per la prima volta, spesso, le nostre reazioni sono strane e prive di senso.
Ero nella mia stanza. Tra le mani tenevo il mio romanzo preferito ed ero intenta a rileggerlo per la settima volta, quando sentii il telefono squillare.
Mi alzai svogliatamente  dal letto e chiusi il libro, facendo attenzione a non piegare le pagine. Odiavo le imperfezioni, soprattutto sui libri: nulla doveva rovinare quelle perfette combinazioni di parole, in grado di far riflettere, sognare e cambiare le persone.
《Pronto.》risposi al telefono senza preoccuparmi di non far trasparire il mio fastidio.
《Lea! Scusa se ti interrompo, sicuramente stavi leggendo, ma voglio chiederti una cosa. Promettimi che non dirai subito no.》La voce di Kathy rendeva palese la sua agitazione.
《Non ti farò nemmeno sprecare tempo, no.》sapevo che voleva invitarmi ad una festa, lo faceva ogni weekend, poiché "non uscivo abbastanza e rischiavo di diventare vecchia precocemente", secondo lei.
《Dai, Lea! Ti prego, fallo per me.》Fu quando pronunciò la frase "fallo per me", che io andai in crisi. Kathy aveva sempre fatto di tutto per me ed io non l'avevo mai degnata di un "grazie". Mi costava tanto esprimere la mia gratitudine per gli altri a parole ma, al tempo stesso, amavo farlo attraverso dei piccoli gesti. Decisi quindi di ringraziarla donandole un po' del mio tempo, non che lo ritenessi poi così prezioso.
《Passa a prendermi tra un ora.》chiusi la chiamata.
Qualche secondo dopo aver attaccato il telefono, mi arrivò un SMS dalla mia amica: "mettiti un vestito o sarò costretta ad infilartene uno con la forza". La cosa più preoccupante? se non mi fossi messa un abito, lo avrebbe fatto davvero ed io lo sapevo.
Era passata almeno mezz'ora da quando avevo iniziato a fissare la mia immagine riflessa allo specchio.
Osservavo i miei lunghi capelli neri cadere morbidi sulle spalle. L'abito nero che avevo scelto di indossare, mi fasciava perfettamente il seno e la gonna abbastanza ampia si apriva all'altezza dell'ombelico. avevo indossato un paio di scarpe alte, per slanciare la mia figura, poiché non superavo il metro e sessanta di altezza. Per finire, mi ero applicata un velo di trucco.
Il mio riflesso, per i primi cinque minuti, mi piaceva ed anche tanto, ma con il passare del
tempo avevo iniziato a notare ogni piccolo difetto. Odiavo questo lato di me, che mi spingeva a trovare sempre qualcosa di sbagliato in ciò che facevo o meglio, in ciò che ero.
Il campanello inizio a suonare ripetutamente ed io camminai svelta alla porta, urlando:
《Kathy, smettila!》aprii la porta.
La mia amica, appena mi vide, sgranò gli occhi ed io feci lo stesso quando vidi lei. Era bellissima: i suoi capelli, tinti di viola e grigio, erano raccolti in una coda alta. Le clavicole scoperte erano messe in risalto da un abito rosso fuoco, che valorizzava perfettamente il suo fisico e le sue labbra erano tinte da un rossetto dello stesso colore del vestito.
《Wow!》esclamai, meravigliata.
《"Wow" lo dico io!》disse lei, con la mia stessa espressione in volto.
Abbassai lo sguardo, un piccolo sorriso spontaneo spuntò sul mio volto: Kathy non mi avrebbe mai mentito. Forse ero davvero carina.
Per tutto il tragitto Kathy continuò a parlare senza tregua di cose senza senso, era visibilmente esaltata per avermi trascinata fuori di casa.
Ad un tratto, la mia amica, disse una frase che mi provocò una strana scossa lungo la spina dorsale: "ci sarà tutta la scuola".
Le mie mani iniziarono a sudare e quando Kathy si accorse che qualcosa non andava, mi fece voltare verso di lei e mi abbracciò, sussurrandomi all'orecchio che sarebbe andato tutto bene.
Entrammo in una sala, a dir poco enorme. Un forte odore di alcool misto a sudore entrò nelle mie narici e subito mi portai una mano davanti al naso.
Centinaia di adolescenti ballavano sulle note di una canzone molto famosa in quel periodo, passandosi bicchieri colmi di alcool e strusciandosi gli uni sugli altri.
Rimasi sconvolta: le ragazze erano praticamente nude e non si preoccupavano minimamente di quanto i loro movimenti risultassero volgari.
Iniziai ad osservare ossessivamente la sala, in cerca di un qualcosa, senza sapere di cosa si trattasse.
Inaspettatamente  Kathy mi prese per un braccio e mi tirò con sé al centro della pista da ballo:
《Lea, lo sai che ballo in modo pessimo, almeno tu facci fare bella figura!》scoppiò a ridere.
Col passare dei minuti iniziai ad abituarmi al cattivo odore e mi lasciai andare, ballando con la mia amica, senza pensare alle persone attorno a noi.
Una canzone dopo l'altra iniziai a divertirmi sempre di più. Era la mia prima vera festa ed io, contro ogni aspettativa, non volevo essere altrove.
Presa dall'entusiasmo, decisi di dirigermi verso il Bar e presi un cocktail, senza curarmi di come si chiamasse o di quanto alcool contenesse.
Volevo solo divertirmi.
Le ore passavano, bicchiere dopo bicchiere la mia lucidità era quasi totalmente svanita.
Ad un tratto, mi sentii come se qualcuno mi stesse osservando intensamente. Le mie spalle si irrigidirono e lentamente voltai la testa.
Ebbi un capogiro, causato dal troppo alcool.

Nonostante la mia poca lucidità però, quello sguardo, lo ricordo molto bene.

Vidi il ragazzo portarsi una bottiglia di birra alle labbra.
Quelle labbra così perfette.
I suoi occhi erano fissi su di me, anche mentre beveva, quasi in segno di sfida.
《Lea smetti di fissare quel tipo! hai bevuto troppo, andiamo a casa.》Kathy spuntò alle mie spalle, trascinandomi verso l'uscita.
Nonostante ciò io continuai a guardare quel ragazzo.
Quel ragazzo era entrato nei miei pensieri e, nonostante non conoscessi nemmeno il suo nome, li tormentava.
Quel ragazzo non smise di guardarmi, non abbasso gli occhi, fino a quando non arrivai fuori dal locale.
Quel ragazzo mi aveva palesemente sfidata con lo sguardo ed io, non potevo sopportarlo, nemmeno da ubriaca.

Una rosa nel cemento Where stories live. Discover now