Capitolo II

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Mutante.
Quella parola è estremamente strana anche se solo pensata. Non che non sapessi già dell'esistenza di persone come me, ma prima ero solo una ragazza molto problematica che ascoltava perennemente musica depressa e non dormiva, mentre ora sono una ragazza molto problematica e mutante. Bel cambiamento, di bene in meglio.
Chiudo il rubinetto, inciampo nel cestino della carta ed esco, finalmente, dal bagno.

"Era ora che uscissi di lì, ma che hai fatto per tutto questo tempo?"
Mio fratello ha le braccia incrociate davanti al petto ed una espressione irritata sul volto.

"Cose da ragazze Davis." Non ho intenzione di rivelargli l'inquietante incontro. Sospiro e aggiungo: "Ah è meglio se eviti di arrabbiarti troppo spesso o ti verranno le rughe." Di rimando lui impreca sottovoce e si passa una mano tra i voluminosi capelli. Lo guardo uscire dalla porta scorrevole e dirigersi verso la nostra auto: la sua andatura è inconfondibile, sicura e veloce. Sebbene sia un gran rompipalle e un innato egocentrico, mi mancherà dopotutto.

Ripartiamo. Appoggio la testa al finestrino e penso. Penso a come la mia vita sia cambiata. I ricordi di quei momenti fatidici occupano la mia mente e mi inducono a riflettere. Un brivido percorre il mio corpo. I ricordi portano sempre tristezza e ansia, ma adesso non ho niente da fare, quindi mi lascio trasportare dagli ultimi avvenimenti.

Fin da quando ero bambina mi sono sentita diversa, non nel modo in cui mi sento ora, ma mi accorgevo di essere esclusa dalla massa. Non sono mai riuscita a trascorrere un'intera giornata in compagnia di altre persone, ho sempre avuto bisogno di passare del tempo da sola, a pensare e a sciogliere i nervi. Non saprei dire quante ore io abbia passato ogni giorno da sola in camera mia a rimuginare, sentivo come se la mia testa pulsasse e dovessi liberarla dai pensieri. E questo era il meno dei mali che mi affliggevano.

Alcune volte sento come se la mia mente sia invasa da qualcosa di estraneo. Non riesco quasi mai a dormire, ma stranamente non ho mai avuto né occhiaie né borse sotto ai miei banalissimi occhi. Incubi continui, uno dopo l'altro. Le mie più grandi paure si materializzano e, giunta al culmine della sofferenza, mi sveglio urlando.

Fino a tre giorni fa la mia vita rispecchiava a pennello la routine di una classica diciassettenne asociale: andavo a scuola a piedi, sopportavo le lezioni, evitavo le altezzose riccone smorfiose, evitavo i giocatori di basket, raggiungevo i miei pochi, ma buoni, amici; mangiavo lo schifoso cibo della mensa; rientravo a casa e, a seconda del mio umore; decidevo se barricarmi in camera a fissare il soffitto ascoltando della musica, barricarmi in camera con la mia migliore amica a guardare un film oppure, in rari occasioni, uscire. Anche d'estate avevo quelle tre possibilità.

Tre giorni fa avevo scelto la prima ipotesi, ero particolarmente stanca, come sempre d'altronde. Presi l'ipod e cercai la mia playlist per le situazioni depresse, cominciai ad ascoltare How to save a life. Mentre riflettevo stesa sul mio morbido letto cominciai a sbadigliare, tutto si fece sfocato e, cullata dal ritmo di quella meravigliosa canzone, chiusi gli occhi. Stranamente mi addormentai.

Ciò che sognai fu diverso dal solito: ero da sola nel buio, non stavo soffrendo, ma ero in preda all'agitazione. Quando il mattino dopo mi svegliai la mia stanza era totalmente messa a soqquadro. Presa dallo spavento urlai e pensai subito a dei ladri, però come avevo fatto a non sentirli? Ma soprattutto perché diavolo il mio ipod era volato giù dalla finestra rompendo il vetro?

Chiusi gli occhi e feci il punto della situazione:
1. La mia camera era un disastro ed io sono sempre stata una maniaca dell'ordine, poteva venirmi un infarto solo per quello.
2. Avevo dormito, che strano.
3. Il mio bellissimo ipod era appena morto, probabilmente si era suicidato buttandosi giù dalla finestra. Neanche lui mi sopportava.

The Mirror of the SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora