Buon 2015!

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Arrivò Dicembre e il mio compleanno: un anno esatto da quando lentamente mi ammalai. Il disturbo era ancora presente malgrado iniziassi a non pesare più molti cibi insisteva nel farmi pressione per mangiare solo alcuni piatti e in minime quantità. Non toccavo dolci, gelati, torte, crostate, pasticcini, biscotti, zucchero, lasagne, pizza, patatine e altro da molti anni, anche per via delle diete precedenti. Nessuno, neppure il medico, mi ordinarono mai un percorso volto al dimagrimento, me l'ero imposta io e lentamente senza la mia volontà e consapevolezza mi stava autodistruggendo. Inutile dire che durante questo periodo natalizio così come l'anno precedente non toccai nulla che non fosse verdura scondita, insalata, petto di pollo e patate bollite: allo stesso modo il giorno del mio compleanno. L'unica sillaba che usciva dalla mia bocca non era mai gentile ma la maggior parte delle volte un "No" secco, segno che ancora odiavo il mondo intero per non capirmi, per tramare e tradirmi alle spalle e volermi far ingrassare non appena avessi abbassato la guardia.

La notte di capodanno la festeggiai con i miei genitori, mia sorella con i suoi amici. Quale ragazza di venti anni farebbe mai una cosa del genere? Una che è sola come un cane, come me. Mio padre e mia madre cenarono con spaghetti alla marinara e frittura di pesce come tradizione io invece con cavolo bollito e del merluzzo. Userei un'unica parola per definire quella sera a tavola: tristezza. Mia madre, gentilmente, mi offrì un gamberetto ed io le risposi: "Sì lascialo qui vicino al merluzzo che ora lo mangio". Sì certo. Avevo mentito anche stavolta a mia madre. Infatti, non era la prima volta che mi offriva da mangiare tuttavia mio accettavo e poi quel cibo finiva in un tubo che non era quello del mio stomaco ma quello dello scarico. Non sapevo se qualcuno se n'era mai accorto ma l'unica cosa che la mia mente era capace di pensare era qualcosa di diabolico e malvagio come: "Ve l'ho fatta ciccioni! Io non mangerò mai come voi!". Come potevo pensare ciò quando qualcuno con tutto l'amore del mondo mi porgeva una pietanza preparata con le proprie mani e abbondante di altrettanto affetto? Non vi era risposta, vi erano solo rimproveri da parte della voce che mi esortava a fare di più per dimagrire, o meglio, scomparire. Quella stessa notte, dopo i fuochi artificiali, m'infilai nel letto e scoppiai a piangere, lo feci per tutta la notte e, infatti, il mattino seguente mi svegliai con un gran mal di testa. Dal profondo c'era la vera me che scalciava, che cercava di squarciare le barriere che si erano create e liberarsi. Stava iniziando una lotta. Mi vennero in mente tutti gli accadimenti più importanti dell'anno appena passato e desiderai con tutto il mio cuore, per la prima volta dopo tanto, di cominciare il duemilaquindici lasciando indietro, buttando via tutta questa brutta esperienza, tutto quest'incubo che non voleva finire.

I giorni successivi ogni mattina ripetevo a me stessa che ce la potevo fare, che io ero forte e che volevo tornare a sorridere. Riuscivo a scorgere la piccola scintilla della mia personalità lì in quel buio pesto e se potevo farlo allora, significava che potevo tirarla fuori e scacciare via quel mostro.

Il sorriso era sempre ciò che mi aveva contraddistinto. Ad esempio, in tutte le foto che mi avevano scattato sono ritratta mentre rido o sorrido. Tutte le persone che incontravo si complimentavano con me perché con quelle labbra carnose e la dentatura bianca quella curva era davvero splendida. Ora, invece, le mie labbra erano secche e prive di quel colore roseo ma, specialmente, il bianco dei miei denti, la cosa cui tenevo di più, si stava spegnendo, così come me. Una conseguenza della malnutrizione poteva essere anche la perdita dei denti ed io non potevo permettere che accadesse, non dopo tutto l'impegno che avevo messo per ottenere quel sorriso. I complimenti si tramutarono in osservazioni preoccupanti sul fatto che mantenessi sempre un'espressione cupa e seriosa e per di più senza sorridere mai. Sapevo che dovevo fare qualcosa ma non trovavo la forza per farlo. La cosa più facile era quella di restringere e così la bestia si fortificava sempre più. Sebbene io tutte le mattine iniziavo con dei buoni propositi come ad esempio quello di uscire a fare una passeggiata o semplicemente mettere un pizzico di zucchero nel latte, diluito con acqua per ingannare i miei, tutto questo non si realizzava mai. L'alterazione di quell'equilibrio malsano che si era originato mi spaventava a sua volta e per questo ritornavo sempre sulla cattiva strada senza migliorare mai. Tutto ciò non giovò per nulla alla depressione di cui soffrivo, al contrario, mi faceva sentire costantemente e quotidianamente inutile. Inoltre, i miei genitori e le altre persone continuamente più preoccupate cominciavano a esortarmi a mangiare di più ma così facendo, con tutta quella pressione, non comprendevano quanto dolore stavano facendo crescere in me.

Intrapresi la scalata di un monte del quale non scorgevo ancora la vetta e come spesso succede sul percorso, trovai i primi ostacoli ma non mi fecero desistere. Era necessario trovare altre soluzioni.

Non mi resta che iniziare a vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora